Area del porfido: la testa sotto la sabbia
'Ndrangheta: i Comuni negazionisti
Ad Albiano, nessuno dei due candidati al posto di segretario comunale si è presentato davanti alla commissione del relativo concorso. Forse per il peso impegnativo e logorante del controllo dell’attività estrattiva del porfido? - ha chiesto il giornalista de L’Adige al sindaco Martino Lona, che rispondeva: “Non lo posso confermare e nemmeno lo intendo ipotizzare”. Sta di fatto che nel giro di pochi anni hanno lasciato ben due responsabili legali dell’Ufficio Cave del comune ed ora rimane scoperto anche il posto di segretario. Che relazioni ci possono essere tra questa situazione e quanto emerso con l’inchiesta “Perfido” e la presunta locale ‘ndranghetista di Lona-Lases, operante anche nei comuni limitrofi?
Ad Albiano operava la Cava Porfido Saltori, gestita da Giuseppe Battaglia (l’”amministratore delegato” della locale, attualmente in carcere), e per anni vi risiedeva Mario Giuseppe Nania, altro nome di spicco (e dai metodi spicci) del gruppo, anch’egli in carcere.
Non solo: nell’ordinanza del Gip si legge testualmente che “Arfuso Saverio è riuscito, anche tramite l’aiuto dei suoi paesani ed in particolare di Macheda Innocenzio, Ambrogio Domenico e Costantino Demetrio, ad essere assunto a Trento presso la ditta Porfido Elit Srl, con sede in Albiano”. Ricordiamo che l’Arfuso non è un nome di secondaria importanza: stando all’ordinanza citata avrebbe ceduto nel 2019 a Nino Fallanca (“appartenente alla cosca Serraino”) “il comando della locale di Cardeto” per spostarsi in Trentino in quanto in Calabria si sentiva “braccato” dalla polizia.
Nonostante ciò ad Albiano l’amministrazione fa il pesce in barile. Nel Piano di prevenzione della corruzione recentemente approvato si menziona “l’intervento dell’Autorità Giudiziaria con l’operazione Perfido presso il vicino comune di Lona-Lases(sottolineatura nostra, n.d.r.)” , si rimarca come sia “doveroso prendere atto e tenere nella debita considerazione quanto emerso nell'ambito dell'indagine denominata Perfido che ha visto coinvolti imprenditori e amministratori locali dei comuni limitrofi”.
E invece nel proprio Comune? Albiano è l’isola felice? Sembra di sì: ci si trincera dietro le ormai datate (e a nostro avviso poco credibili) indagini del Gruppo di lavoro sulla sicurezza istituito dalla Provincia dalle quali emergerebbe “un quadro sufficientemente tranquillizzante”, in quanto il Trentino si sarebbe dimostrato “poco permeabile a fenomeni di radicamento della criminalità”.
Insomma, questo Gruppo di Lavoro è stato pesantemente contraddetto dalle indagini dei Ros, che hanno individuato una purtroppo incontrastata operatività ultra-trentennale della presunta locale di ‘ndrangheta, indubbio esempio di “fenomeno di radicamento”; eppure per l’amministrazione comunale di Albiano ad essere valide sono sempre le favole del Gruppo di lavoro sulla scarsa permeabilità trentina alla criminalità.
Ma non c’è solo Albiano. Anche l’amministrazione comunale di Fornace sembra non aver letto i giornali dell’ultimo anno, e approva un Piano anticorruzione fotocopia di quello di Albiano, dove il Trentino è dipinto come “notoriamente (!, n.d.r.) caratterizzato dall’assenza di fenomeni evidenti di criminalità organizzata”. Eppure dalle indagini era emerso con grande chiarezza l’interessamento dei nostri calabresi per le vicende elettorali di Fornace, in particolare (a muoversi era stato Mario Nania) all’esito del referendum per l’unificazione di Fornace con Civezzano.
A ciò si aggiunga la vicenda dai contorni poco chiari relativa al rinvenimento di nove cisterne da mille litri piene di sostanze tossiche rinvenute nel gennaio 2018 sul piazzale della Arredo Porfido Srl a Valle di Fornace, ditta intestata a quel Giuseppe Fortugno facente parte dell’associazione “Magna Grecia” e presente con quattro degli arrestati alla cena del settembre 2018 nell’ambito della campagna elettorale di Domenico Morello in favore di Bruno Groff (sindaco di Frassilongo).
E Lona-Lases? Lì almeno, all’interno del suo Piano anticorruzione il Consiglio comunale ha espresso “la netta presa di distanza da qualsiasi attività, illecita, illegale od anche solo poco trasparente sia stata posta in essere ed accertata nell’ambito delle indagini…”. Ci mancherebbe!
Poi si impegna la giunta “a tutelare quindi, sulla scorta di adeguato supporto legale e ricorrendone i presupposti, gli interessi della comunità di Lona-Lases anche attraverso la costituzione di parte civile nei processi che dovessero essere avviati nei confronti degli attuali o futuri indagati”.
Peccato che, a quanto pare, a tutt’oggi non sia stato conferito alcun incarico legale e, con le recenti dimissioni del sindaco Manuel Ferrari e il subentro di un commissario, tale impegno finirà per essere disatteso.
Non solo. Nel nuovo Piano si è provveduto a rimuovere quanto nel precedente Piano 2016-18 aveva evidenziato il (notoriamente scomodo) segretario comunale dott. Galvagni, ossia il fatto che “la capacità economica di un numero considerevole di aziende, la confluenza di queste in consorzi ed il sistema creditizio locale” costituiscano anche una “capacità di pressione ambientale sulle amministrazioni locali”.
L’unico comune del quadrilatero del porfido ad aver dato ampio spazio alle notizie sull’operazione “Perfido” è stato quello di Baselga di Piné, dove la nuova amministrazione ha esplicitamente inserito nelle Aree di rischio del proprio Piano anticorruzione “autorizzazione o concessione”, con chiaro riferimento all’attività estrattiva. Anche se poi si scrive che “le indagini per infiltrazioni mafiose... non hanno evidenziato... alcun coinvolgimento di titolare di concessioni/autorizzazioni di lotti operanti nel territorio del Comune”.
Ma pure sull’estraneità di Pinè alle infiltrazioni mafiose c’è da ridire. Basti ricordare quando nel 2007 Piné avviò assieme al comune di Lona-Lases una causa, poi persa, contro le Asuc che davano fastidio ai cavatori, cavatori rappresentati, oltre che dal sindaco Marco Casagranda, proprio dai fratelli Battaglia. Oppure le “minacce mafiose” (vedi QT del febbraio 2020) ricevute dal presidente Asuc Massimo Sighel – già minacciato con lettera intimidatoria e licenziato come operaio di cava come ritorsione per la causa del 2007 - per la sua “anomala” pretesa che i cavatori ottemperino agli obblighi assunti e che il Comune li faccia rispettare.
Bene quindi se la nuova amministrazione di Baselga di Piné vuole voltare pagina, purché si passi dalle parole ai fatti.