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QT n. 4, aprile 2021 Servizi

By-pass ferroviario: quelli che dicono No

Le critiche e le opposizioni a circonvallazione ferroviaria e nuova linea del Brennero

Il nostro servizio “Il treno e la città” sulla nuova linea del Brennero e la circonvallazione ferroviaria di Trento, ha suscitato perplessità in diversi lettori. Che ci hanno invitato a meglio valutare le obiezioni al progetto presentate innanzitutto dal Comitato No-Tav, ma anche da associazioni ambientaliste, come pure le preoccupazioni emerse nelle prime assemblee cittadine.

Accogliamo volentieri questi inviti, che permettono di approfondire il tema.

Partiamo da una premessa. Da anni, da decenni, QT si spende sul fronte ambientale. In particolare abbiamo individuato nella PiRuBi, nella terza corsia dell’Autobrennero, nell’ampliamento dell’Interporto progetti nefasti, pericolosi per la salubrità, l’attrattività, la qualità della vita nella valle dell’Adige. Questa opposizione si intendeva propositiva, in quanto individuava nel trasporto merci su strada il nemico da battere, attraverso la sua sostituzione con quello su ferrovia. Come peraltro accade in gran parte dell’Europa, e in maniera molto stringente in Svizzera, nazione alpina che mette al primo posto la salvaguardia dell’ambiente, il loro, che poi è del tutto analogo al nostro.

Autostrada del Brennero

Di qui il nostro favore a tutte le iniziative che andavano in questo senso, a partire dall’intelligente accantonamento di una parte degli utili dell’A22 per finanziare il trasferimento del traffico merci su ferro (un’iniziativa del tutto controcorrente e possibile solo grazie, una volta tanto, alla lungimiranza degli enti pubblici regionali: ve li immaginate i Benetton destinare gli utili di Autostrade per l’Italia al finanziamento della radicale riduzione del loro traffico?

Per questo, diciamolo per inciso ma con decisione, dobbiamo tener duro sulle proprietà pubbliche delle infrastrutture).

Da diversi anni anche l’Europa si muove in questa direzione. Causa il peso della lobby delle costruzioni ferroviarie, si dirà. Senz’altro, ma non ci risulta che sia diversa né più influente di quella delle costruzioni stradali. Forse sarà il caso di prestare credito alle motivazioni ufficiali: l’inquinamento è una brutta bestia, è fonte di malessere e diseconomie; è anche causa di dissidi gravissimi tra i paesi membri, con l’Austria che blocca i Tir al Brennero, ad esempio. Insomma, la pianificazione europea di grandiosi investimenti ferroviari ci sembra opportuna e lungimirante. E propizia non solo per gli interessi del continente, ma anche per quelli delle valli alpine, quindi – ancora - dei nostri.

In quest’ottica ci appare sbagliata la linea del No a prescindere (portata peraltro avanti da pochissimi). Ma anche la linea delle tante obiezioni basate sul “basterebbe...”.

Invece dell’ammodernamento di tutta la linea basterebbe intervenire, qui, lì, sulla linea attuale, introdurre questo o quell’accorgimento. Insomma, basterebbe rattoppare un vestito liso, effettuare piccoli aggiustamenti di un meccanismo che evidentemente proprio non funziona come dovrebbe; e in nome del rattoppo ci si oppone alla soluzione radicale e profonda. Invece lo spostamento dei trasporti internazionali è un processo gigantesco; se poi deve passare da una modalità consolidata, attorno alla quale si sono agglutinati interessi forti e diffusi – dalle fabbriche automobilistiche, agli autotrasportatori piccoli e grandi, ai concessionari di autostrada – ad una modalità nuova, ancora debolmente rappresentata (i gestori ferroviari), non si può realizzare riverniciando i ferrivecchi, ma offrendo un’alternativa pienamente valida.

Ecco allora che l’obiettivo delle popolazioni interessate dal progetto non deve essere quello di rigettarlo. Con il risultato, se non si ha successo, di essere ininfluenti; e se invece si riuscisse a bloccare tutto, di doversi subire sempre più traffico, inquinamento, nuove autostrade, blocchi delle merci al confine. In una linea che, val la pena ricordarlo, non è la Torino-Lione o la Val di Susa: la A22 è già oggi al limite, sopporta un traffico tre volte superiore, 11 milioni di veicoli all’anno.

L’obiettivo deve essere invece quello di far inserire la linea nel territorio con il minimo di danni e il massimo di benefici.

Non sarà una TAV…

Ferrovia al Brennero

Detto questo, e prima di vedere i singoli punti, occorre fare una precisazione. La linea non sarà una TAV, sarà innanzitutto dedicata al trasporto merci. Per una semplice ragione: nel territorio trentino scorrerà in larga parte sulla sede attuale, in cui l’ Alta velocità è impensabile. Solo quando saranno terminati i lavori attualmente previsti – cioè fra trent’anni – si potrà pensare se è il caso di mettere mano all’insieme del tracciato ed avere i treni passeggeri a più di 200 all’ora.

Passiamo quindi ai rilievi dei dibattiti di queste settimane. Tralasciamo quelli che riteniamo fuorvianti. Quando il meteorologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli sostiene che nel bilancio energetico collegato alla costruzione delle gallerie bisogna considerare l’energia spesa nel fare il buco, e i costi energetici di tutto il materiale, cavi, ecc dei ventilatori, segnali e quant’altro, e che saltano fuori cifre non sostenibili, cascano le braccia: ma ha presente quanto energeticamente costano sull’autostrada le manutenzioni dei viadotti, stressati dal traffico pesante (un Tir macina un viadotto quanto migliaia di autovetture), e quanti cavi, rame e semiconduttori sono presenti in una singola autovettura e ancor più autotreno? Insomma, per fare i super-ecologici finiamo con il ridurci a fan della vecchia cara automobile e del vecchio asfalto?

Mercalli ci ricorda il prof. Marco Ponti, guru dell’ecologia nei trasporti (da noi a suo tempo intervistato proprio sulla TAV del Brennero), il quale nel ruolo di consulente di parte grillina sulla Val di Susa, sosteneva che l’Alta Velocità era controproducente in quanto causava meno incassi allo Stato in seguito ai minori consumi di benzina. E magari anche meno introiti dalle tasse funerarie, perché ci saranno meno morti da tumore ai polmoni. Della serie: con grande sprezzo del ridicolo si può dire sempre tutto, e il giorno dopo il suo contrario.

Sinistra o destra Adige?

Non riusciamo a trovare ragionevole - non se ne dolga Legambiente - nemmeno la proposta della galleria non più in sinistra Adige, bensì sul versante destro. Il che vorrebbe dire tornare all’originario tracciato del 2003, bocciato dalla vivace contrarietà dei contadini della Rotaliana, che si vedevano attraversare la valle dalla ferrovia, da est a ovest; erano insorti allora, insorgerebbero anche oggi, sostenuti dai contadini della Vallagarina, dal momento che a sud di Trento, per raggiungere Rovereto, bisognerebbe riattraversare la valle in senso inverso, da ovest ad est, attraverso le loro campagne. Non vogliamo neanche considerare, per evitare il secondo attraversamento della valle, l’ipotesi di riesumare completamente il tracciato del 2003, che prevedeva la galleria in destra Adige dall’Interporto fino al veronese: significherebbe tagliare fuori dal traffico passeggeri Trento e Rovereto (quale treno a lunga percorrenza si metterebbe a fare chilometri su una linea obsoleta, invece di percorrere la nuova in galleria?). Sarebbe il ben noto Trentino piccolo e solo.

Ezio Facchin

Ora, questo rimbalzare da una sponda all’altra non è solo figlio della sindrome per cui il progetto presentato non va mai bene e subito se ne invoca un altro, anche se scartato in precedenza. C’è anche una motivazione seria: la sinistra Adige appare più fragile della destra per problemi idrogeologici, come appare anche in una delibera del Consiglio Comunale di Trento del 2009, relativa al progetto di quell’anno. Da allora però sono passati 12 anni, degli studi sono stati effettuati e, come illustrato dall’assessore Facchin, i problemi relativi alla salvaguardia delle sorgenti sono del tutto affrontabili. Diciamo di più: dalla catastrofica esperienza della galleria del Mugello nella variante di valico, in tutta Italia sembra esserci una consapevolezza del rischio cui si espongono le sorgenti perforando una montagna. Le tecnologie oggi permettono, se si procede con la dovuta cautela, di scongiurare i pericoli. E così infatti è stato per tutte le gallerie costruite negli ultimi anni, quella di Martignano, quella di Cadine, quella di Mezzolombardo; come pure nei 55 km dello stesso traforo del Brennero. È il caso di esigere una costante e attenta vigilanza, non proclamare l’ineluttabilità di un tracollo ambientale del tutto evitabile.

Poi ci sono le questioni più minute eppur vere, le preoccupazioni espresse in documenti ed incontri vari, come quello tenuto a Mattarello, di cui parliamo nella scheda.

I dubbi

Molte questioni nascono dalla mancanza di un progetto vero: si discute di linee tracciate sulla carta a grande scala. E le linee del progetto del 2009 non erano entusiasmanti, con la “galleria Buonconsiglio” che passava praticamente sotto il quartiere di San Martino; e quelle dell’attuale progetto sono spostate un po’ più a nord (“Si passerà sotto la sede dell’Aci e poi si arriva alla collina” ci ha detto l’ing. Facchin), ma il fatto non basta a tranquillizzare. Come pure tutte le altre tematiche, dal passaggio a Trento Nord (a fianco dei terreni inquinati?) allo sbocco a Mattarello, sono avvolte nell’indistinto.

Un esempio: dove verranno messi i materiali di scavo? Creare una collinetta da qualche parte, non è un’ignominia, la si può rinverdire e trovarle una funzione anche positiva, però occorre fornire soluzioni, discuterne. “Presenteremo un progetto di fattibilità entro aprile” assicura il sindaco Ianeselli. Bene, perché allora si potrà ragionare con conoscenza di causa. E si potranno meglio valutare i sacrifici che non potranno non esserci in fase di costruzione, a fronte degli indubbi benefici. Che, sottolineiamolo, sono notevoli: oltre al trasferimento importantissimo (non dimentichiamolo!) del traffico pesante dall’autostrada, lo spostamento dei convogli merci – in auspicabile notevole aumento – in galleria; il recupero di una porzione di città attraverso l’interramento dei binari; la realizzazione in sotterranea di una linea metropolitana da Lavis a Trento sud; e, in superficie, da Trento nord al centro storico, di una tranvia, che avrà anche lo scopo di alleviare i disguidi viabilistici durante la fase di costruzione.

Un insieme di elementi estremamente positivi. Non si potrà però pretendere che essi oscurino singoli sacrifici e inevitabili disagi. Da ridurre al minimo con un’attenta progettazione.

Però vorremmo ricordarlo agli amici ambientalisti. Bloccare la linea in galleria significa non solo perdere un’occasione storica per riqualificare la città. Significa anche tenersi il traffico in autostrada (terza corsia?).

Oppure – più probabilmente - tenersi i convogli merci sul fondovalle, mentre in Sudtirolo e Austria viaggiano, senza problema alcuno, in galleria.

Ha senso?

I dubbi di Mattarello

Non è stata una passeggiata, per l’assessore Ezio Facchin, l’incontro con il consiglio circoscrizionale di Mattarello, il 24 marzo scorso.

Non un webinar, come avvenuto con le circoscrizioni della collina qualche settimana prima, in cui si poteva intervenire solo con domande scritte, ma un Google Meet in cui i consiglieri hanno potuto interloquire direttamente con l’assessore e nel quale anche il pubblico ha avuto diritto di parola.

L’assessore competente per la gestione della grande e delicata partita del bypass ferroviario di Trento, dopo aver presentato il progetto, è stato sottoposto a un fuoco di fila di domande precise e molto puntuali (quanti ettari di campagna verranno consumati dal cantiere della galleria ad Acquaviva? Dove metterete il materiale scavato? Cosa accade dal punto di vista idrogeologico? e via così) da parte dei consiglieri.

La sintesi delle domande di tutti i consiglieri - se si esclude Mario Bianco della Lega - è stata: quanti problemi avrà Mattarello durante questi lavori?

Dello stesso tenore sono stati poi gli interventi di alcuni cittadini, a partire dall’accorato appello di Oreste Tamanini, decano degli agricoltori della zona, che ha tirato le conseguenze ultime della questione: “Questo modello che corre e consuma suolo - ha detto Tamanini - è difficile da fermare. Ma noi non vogliamo questo modello Amazon, vogliamo un territorio umano”.

In ogni caso i timori del sobborgo si coagulano soprattutto attorno al problema del cantiere. Al quale si aggiunge la percezione che Mattarello di questa grande opera avrà tutti i disagi senza averne un vantaggio. Perché il risultato finale, il famoso Nordus che consentirà una migliore mobilità in città, a Mattarello non arriverà.

A questo si aggiunge un pregresso della circoscrizione che non ha avuto esperienze positive né con la vicenda delle caserme, né con quella del depuratore.

Ezio Facchin ha cercato di placare i timori dicendo che comunque, anche se l’opera sarà gestita in commissariamento, la città avrà sempre la possibilità di dire la sua su soluzioni non adeguate.

Certo per Facchin non era facile rispondere a domande molto precise (a Mattarello hanno fatto i compiti per bene) non avendo di fatto ancora un progetto concreto da discutere. Però ha dato disponibilità a rivedere il Consiglio quando ci sarà qualcosa di più. Ed ha annunciato che entro fine aprile sarà presentato il progetto di fattibilità.