A sinistra della sinistra della sinistra…
Che succede se il Partito Democratico lascia uno spazio libero a sinistra? Ci si divide per occuparlo, ovviamente. Cronaca semiseria di un tragicomico vizio antico.
Un merito indiscutibile di Walter Veltroni, qualche settimana fa, è stato quello di aver fatto finalmente chiarezza. E di aver consentito a milioni di italiani di capire che il Partito Democratico non è un partito di sinistra. Magnifico. Ai piedi della rive gauche eravamo in tanti ad aspettare questo momento. Ora, ci siamo detti, ricostruiremo un vero partito di sinistra, che sappia tuonare contro il modello insostenibile del capitalismo sfrenato, che sia in grado, insomma, di dare una voce a chi si è un po’ rotto le palle dei salotti della finanza e degli anatemi vaticani.
Quando poi il quadrunvirato Bertinotti-PecoraroScanio-Mussi-Diliberto ha presentato ufficialmente il partito dell’agognata unità, abbiamo a stento trattenuto una lacrima, riuscendo perfino a soprassedere rispetto alla scialba immagine del simbolo e a far finta di nulla di fronte alla specificazione "L’Arcobaleno", buffa erede di un battesimo faticoso e tormentato tra quattro ex-partiti. In quel giorno le porte del cielo si sono aperte ed un fascio di luce è disceso tra noi, portandosi via l’ignobile immagine di Tafazzi, assurto qualche anno fa a metafora del genetico autolesionismo della sinistra italiana: un essere immondo creato dal trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, che si massacrava i genitali con una bottiglia, godendo del proprio dolore.
Ma come tutte le storie che si rispettino, il lieto fine è stato ben lungi dal venire. Prima ci ha pensato il "comunistitaliano" Diliberto (specie protetta di cui si conta forse ancora qualche esemplare tra i boschi maremmani), che ha minacciato fuoco e fiamme in difesa della falce e martello, a suo avviso indegnamente rinchiusa con un semplice adesivo nell’album di famiglia. Poi si è fatto sotto Marco Ferrando, comunista genovese che ha rispolverato il manifesto del Partito Comunista dei Lavoratori, togliendolo dalla naftalina dove, come narrano le cronache più antiche, riposava dimenticato fin dal lontano 1917 (gli scettici si leggano il programma elettorale 2008 se non ci credono).
E ancora, in odore di election day, si sono fatti sotto i famosi senatori Franco Turigliatto e Fernando Rossi, che dopo aver fatto traballare lo scranno di Prodi si sono messi alla testa di due nuovi partiti della feconda galassia "alla sinistra di": Sinistra Critica e Per il Bene Comune.
E per finire, c’è il PdAC (Partito di Alternativa Comunista), il cui simbolo sembra fare riferimento alla quarta internazionale di Trotzkij, ma la cui candidata premier, Fabiana Stefanoni, non sarà presente nella nostra provinvcia.
Risultato: quattro partiti sono spariti e cinque sono risorti. D’altra parte, in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E Tafazzi, come per magia, è ridisceso in terra armato di bottiglia.
Impossibilitato a capacitarmi di quel che è successo, mi sono messo sulle tracce di chi possa darmi lumi sui processi in atto e che, soprattutto, possa rispondere alla fatidica domanda: alla riva sinistra traghetteremo uniti o divisi?
Elisa Bellè, la giovane candidata alla Camera in Regione per la Sinistra Arcobaleno, ha la lingua particolarmente sciolta e se non fosse per un eccesso di politichese che un pochino stona, sarebbe un’eccellente figura della nuova sinistra trentina. Almeno perché guarda con decisione ad un progetto nuovo e unitario.
Già, il dellaismo e la situazione locale. Torna alla mente che le vere grandi elezioni in Trentino ci saranno in autunno e che sarà in quell’occasione che la sinistra avrà il compito di farci sapere se c’è o meno, e con chi starà. Poiché, attualmente, in Consiglio Provinciale Rifondazione è all’opposizione mentre i Verdi siedono nella maggioranza. Bella gatta da pelare per la futura Sinistra unita. O forse no. Magari ci penserà proprio Dellai, come suggerisce Bellè, a sciogliere il nodo gordiano, proseguendo sulla strada del partito territoriale, scimmiottando colui che il territorio, nel bene e nel male, lo sa tenere stretto in pugno, cioè Luis Durnwalder. E lasciando al suo destino la Sinistra, da sola. "Poco male, se soltanto si fosse uniti tra di noi", mi sussurra un vecchio artigiano sinistroide. Disilluso.
Non pensano invece all’unità ad ogni costo i sostenitori trentini di Sinistra Critica, che dopo l’esperienza solitaria alle elezioni nazionali di aprile, ci riproveranno a novembre. Ce lo conferma Tommaso Iori, giovane consigliere comunale di Trento, ex Rifondazione e ora schierato con Turigliatto e compagni: "L’unità della sinistra è una bella cosa, ma non è un valore in sé. Per le elezioni provinciali lo scenario è molto fluido e quindi le prospettive sono molteplici. Dal nostro punto di vista molto dipenderà dalle scelte della Sinistra Arcobaleno: se vorrà ancorarsi a Dellai o se si proporrà all’opposizione. In quest’ultimo caso il dialogo si potrà aprire, ma dubito che accadrà dato che la Sinistra Arcobaleno ha un’anima moderata ancora legata al centrosinistra".
Dunque, che ne sarà dell’agognata unità? "Partita persa, caro" - chiosa il solito artigiano sinistroide. Prima di lasciarmi solo a grattarmi la testa, mi fissa con gli occhi beffardi e mi chiede: "A proposito, sai mica se tra un po’ si rifanno vivi anche i maoisti?". E se ne va ridendo, scrollando leggermente il capo.
Che grande! Se si candidasse lo voterei. Ma sarebbe troppo facile. E magari il povero Tafazzi resterebbe pure disoccupato.
L’internazionale kamasutra che fa girar le pale
Dimmi che volantino hai e ti dirò chi sei. Sembra questo il motto che accompagna la battaglia comunicativa tra i diversi partiti a sinistra del PD. La Sinistra Arcobaleno ha voluto evidenziare la distanza dagli inciuci centristi ribadendo che la sua è "una scelta di parte". E ha deciso di accostare al truce nero una gamma di colori che vanno dall’arcobaleno al sempiterno rosso che contornano uno slogan immediato, ma forse un po’ scarico.
Scarico non lo è di certo il geniale kamasutra della Sinistra Critica che si merita senza dubbio un applauso. Chissà, però, se in vista di ulteriori scissioni hanno in mente un nuovo volantino con una bella scena sadomaso. Tafazzi ringrazierebbe.
Personalmente, invece, ringrazio Rossi e i sui soci de "Per il bene comune" per avermi tolto le parole di bocca: le pale girano, eccome se girano.
Chi non gira mai, invece, è il bolscevico Partito Comunista dei Lavoratori che sembra aver chiesto direttamente a Trotsky in seduta spiritica suggerimenti per la creazione del simbolo. E di fatto è rimasto al 1917.
"Io non credo che la Sinistra Arcobaleno debba essere un semplice cartello elettorale, ma un soggetto politico reale che risponda al forte bisogno di sinistra che c’è intorno" - ci dice concitata. Ed aggiunge, rispetto alla situazione trentina: "Basta chiacchiere; da sinistra devono arrivare valori concreti, proposte solide e alternative al dellaismo".