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L’acqua del futuro

I discutibili risultati del Forum mondiale per l’acqua di Istanbul

Francesca Caprini

Sono passati due mesi dalla conclusione del Quinto Forum Mondiale per l’Acqua, tenutosi ad Istanbul dal 16 al 22 marzo, ed è tempo di tirare le prime somme.

Questo vertice mondiale è stato un fallimento, sotto molti aspetti. La risoluzione finale approvata solo da una parte, anche se consistente, dei 155 governi partecipanti, ha definito l’acqua una “necessità” anziché un “diritto umano”.

Questo, ancora una volta, sotto l’egida del Congresso Mondiale dell’Acqua, organismo voluto dalla Banca Mondiale e capeggiato delle multinazionali Suez e Veolia, che da sole hanno in pugno il 7% delle acque potabili del mondo. Sono state inoltre avallate le partnership pubblico-private per la gestione delle risorse idriche e la costruzione delle grandi dighe. In definitiva, è stato ampliato il solco lungo il quale scorrono le politiche di privatizzazione dell’acqua, che è anche quello che divide potenti e società civile nel mondo.

Questi discutibili risultati hanno messo per contro in risalto il lavoro del Forum Alternativo - centinaia di organizzazioni e movimenti, fra cui il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e l’associazione trentina Yaku - che si svolgeva in contemporanea al vertice ufficiale. “Abbiamo detto a questi signori che il Forum è illegittimo, non democratico. Abbiamo vinto noi”, diceva la rappresentante ONU Maude Barlow alla vigilia della chiusura dei lavori. Lei, come tanti altri, partecipava quotidianamente alle riunioni e ai seminari che tenevamo all’Hotel Crystal, nel centro della città. Proprio la sua presenza - come quella di ministri, rappresentanti istituzionali, sindacalisti, dello stesso Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, Miguel d’Escoto - era il sintomo evidente delle contraddizioni insanabili del Forum, riconosciuto solo da chi ha le mani in pasta negli interessi dell’oro blu.

La pressione dei movimenti e delle reti mondiali - Red Vida, rete africana per l’acqua, la rete asiatica, la neonata rete europea- e la legittimità di un vertice riconosciuto dalla gente, hanno creato una spaccatura all’interno dei partecipanti al vertice ufficiale, portando 26 Paesi a firmare la dichiarazione alternativa che proclama l’acqua come diritto umano, e 16 a riconoscere l’illegittimità del Forum Mondiale.

Tutto questo accadeva in un Paese, la Turchia, dove è stata imposta una privatizzazione selvaggia del servizio idrico, dove è in progetto la costruzione di centinaia di dighe; un Paese il cui governo ha mostrato il proprio volto violento reprimendo duramente i militanti per l’acqua, che il 16 marzo, durante una manifestazione pacifica, sono stati caricati a manganellate ed idranti, oltre a 17 arresti e due espulsioni.

Questo Quinto Forum dell’acqua è stato insomma un fallimento. Tanto miope nelle sue risoluzioni, con tali prevaricazioni nei confronti delle popolazioni deboli, da contraddire anzitutto lo stesso documento dell’Onu “L’acqua in un mondo che cambia”, presentato durante i lavori, che parlava in toni allarmistici di un mondo nel 2030 per metà assetato.

A questo proposito viene da fare una riflessione riguardante le cose di casa nostra, e cioè il contestato rinnovo dell’appalto provinciale per lo sfruttamento della fonte Prà dell’Era alla Lunelli-Surgiva. Al di là della bagarre sull’entità economica dell’appalto - circa 8.000 euro a fronte di un ricavo milionario - ciò che fa scalpore è la non prevalenza dei diritti degli abitanti rispetto agli introiti economici della società, in caso di siccità o scarsità idrica. L’appalto è fino al 2033. Ma sarà chiaro a questi signori che fra vent’anni l’acqua non ci sarà per tutti?

“I diritti vanno presi”

Oscar Olivera

Il boliviano Oscar Olivera, rappresentante della Coordinadora del Agua y la Vida, è stato uno dei protagonisti del Forum Alternativo di Istanbul. Dice: “Nove anni fa, quando iniziammo la Guerra dell’Acqua a Cochabamba, non potevo immaginare che un giorno ci sarebbe stato un tale processo mondiale in difesa dell’acqua. Se non ci mobilitiamo, continueremo ad essere invisibili. Se non contrapponiamo la nostra capacità di organizzarci, continueremo ad essere inascoltati. Quando ci opponiamo alla costruzione di una diga. Quando difendiamo un fiume. Tutte le volte che reagiamo a chi vuole imporre regole estranee alla nostra vita. Attingiamo alla nostra capacità di sognare. L’acqua - trasparente, allegra, e in costante movimento - ha risvegliato in noi questo desiderio di sognare e costruire un futuro migliore. Abbiamo fatto un grande cammino da Città del Messico ad oggi. Ma ricordiamoci sempre che i diritti non vanno chiesti, vanno presi”.