La SAT e la montagna trentina
Il nuovo corso della Società alpinisti Tridentini innervosisce il presidente Dellai.
Si è recentemente svolto il congresso della S.A.T. (Società degli Alpinisti Tridentini), la più grande sezione del Club Alpino Italiano con i suoi oltre 21.000 iscritti. E’ stato un congresso dirompente, centrato sui temi dell’ambiente e della difesa della montagna, oggi aggredita e consumata dall’arroganza degli impiantisti. L’argomento ha infastidito Lorenzo Dellai, tanto da indurlo ad abbandonare i lavori dell’assemblea proprio prima dell’intervento cardine della giornata, la relazione del presidente della Commissione TAM (Tutela Ambiente Montano), dott. Claudio Bassetti, con il banale pretesto di una febbriciattola.
Lo sgarbo istituzionale del presidente della Giunta Provinciale non è stato gradito dai satini, e lo si è letto sulla stampa locale, come lo si è percepito dei volti dei congressisti, negli amari, a volte velenosi commenti raccolti in seguito nelle diverse sezioni.
Non è la prima volta che la S.A.T. lancia allarmi sulla situazione dell’ambiente alpino: ricordiamo solo le recenti prese di posizione su Val Jumela, sulla gestione delle strade forestali ormai aperte a chiunque, sulla necessità di regolamentare l’uso delle mountain bike sui sentieri in quota. Da anni la S.A.T. opera alternando slanci di aperto coraggio ed altri momenti di preoccupante rilassamento, ma l’insieme del viaggio ci porta su un percorso coerente.
Questa volta è l’insieme del documento proposto al congresso che assume uno spessore diverso: non è solo l’analisi di una situazione, non è stata una protesta emotiva, ma ha rappresentato uno sforzo di alta qualità nell’offrire una lettura d’insieme su quanto accade ormai da anni in Trentino. Non si è parlato solo di difesa degli spazi d’alta quota: è anche emersa la preoccupazione per le ricadute sociali nelle nostre vallate di uno sviluppo tanto aggressivo, a volte privo di moralità.
Si è parlato di perdita di identità della popolazione, di disagio sociale, quasi di una sconfitta culturale. Un simile intervento ha avuto quindi rilevanza politica, è diventato un atto di accusa circostanziato neiconfronti degli errori delle giunte Dellai. A partire dalla Jumela per passare all’inqualificabile variante al PUP dell’allora assessore Pinter (per correttezza ricordiamo le responsabilità e le forzature imposte in questo passaggio dall’onorevole diessino Luigi Olivieri), per poi arrivare alla realizzazione di quanto previsto nella variante o in altri accordi della precedente giunta, l’assalto all’altopiano di Folgaria, il collegamento sciistico di Passo Rolle, quello Pinzolo-Campiglio, la nuova funivia di Val della Mite, altre situazioni minori (Paganella, Cermìs, Tesino, Tremalzo, La Polsa). Non c’è vallata trentina, insomma, che non sia interessata dall’avanzare dei caterpillar sulle creste, sulle forcelle, sui pascoli d’alta quota.
La S.A.T. ha dimostrato di vivere dentro la società trentina, di avere capacità di cogliere sensazioni, emozioni dei suoi iscritti, e se Dellai ha avuto una reazione tanto forte, offensiva verso chi lavora nell’assoluto volontariato, è proprio perché si rendeva conto del valore della denuncia e del dirompente nuovo indirizzo della associazione. Nel passato, anche quando consapevole della gravità di alcuni passaggi della politica trentina, la S.A.T. aveva rifiutato ogni coinvolgimento politico, o di affiancare fino alle estreme conseguenze l’agire delle associazioni ambientalistiche: ma oggi l’intervento storico e tipico dell’associazione, l’analisi di una singola realtà, non avrebbe avuto più sbocchi, sarebbe diventata solo un’operazione di pulizia della coscienza (della serie: noi l’avevamo detto").
E’ sufficiente andare a vedere quanto accaduto in Paganella: 32 caterpillar, uno più impressionante dell’altro, l’hanno assalita; sono state tagliate migliaia di piante; sono state modificate dune, creste; sono state coperte di materiale di scavo grotte secolari (si pensi al Bus del Giàz).
Ad intervento terminato, ci si chiede quale o quali servizi della Provincia abbiano rilasciato simili autorizzazioni; ci si chiede dove sia finita la sensibilità dei trentini verso la loro seconda casa (i boschi) tanto sono state sconcertanti le dichiarazioni degli assessori comunali di Andalo e Fai; ci si chiede dove abbiano passato l’estate gli organismi locali di vigilanza del territorio.
Ma non preoccupano solo le nuove realtà sciistiche: ormai ogni volta si interviene in quota sulle piste, per potenziamenti dell’innevamento, per potenziamenti dell’area, il lavoro dei movimenti terra assume proporzioni impensabili fino a poco tempo fa, il territorio viene sempre irreversibilmente modificato. Oggi, per ottenere un permesso di ampliamento di una pista, è sufficiente avviare la semplificazione della procedura, ottenere l’autorizzazione dei diversi servizi e nulla viene più negato. Proprio partendo da questo teatro tanto degradato è nata l’esigenza di un sussulto deciso, di una requisitoria ferma, documentata, anche propositiva, da parte della Società degli Alpinisti Tridentini.
Ben diverso è il panorama della casa madre, del C.A.I. I 300.000 soci del sodalizio si chiedono sempre più dove stia scomparendo l’associazione, quale utilità questa possa avere nel difendere la montagna italiana quando lavora giorno dopo giorno con il governo nel preparare spedizioni di puro stampo nazionalistico, come quella dell’estate appena trascorso sul K2 (Il K2 e una celebrazione stonata), quando mantiene un silenzio assordante sulle questioni dell’erosione dei grandi ghiacciai delle Alpi causata dall’irrompere in quota di impianti sciistici sempre più potenti (Monte Bianco, Monte Rosa), sull’eliski, sul mancato recepimento della Convenzione delle Alpi, sulle centrali idroelettriche. Il C.A.I. è sempre più un’associazione staccata dal mondo escursionistico e alpinistico, con un gruppo dirigente autoreferenziale, privo di un minimo di contatto con la sua base, privo di coerenza fra quanto scrive nei documenti ed i comportamenti che assume.
La situazione in Provincia fortunatamente è diversa, la S.A.T. lo dimostra. Ma se Dellai ha reagito con nervosismo a questo importante passaggio, non può che destare preoccupazione e meraviglia il silenzio di altre forze politiche che almeno in teoria dovrebbero essere sensibili agli argomenti proposti dal congresso S.A.T., o, almeno con un po’ di sano opportunismo, avrebbero potuto riprenderli, posarli con forza sul tavolo della politica. Mi riferisco ai Verdi e ai DS. I primi erano troppo preoccupati nel confermare il ruolo di dirigente del loro parlamentare, Marco Boato (e la sua linea per la governabilità e la sudditanza al principe), i secondi, in gara per uno sconcertante congresso, appaiono privi di ogni contenuto che esuli dalla contrapposizione personale dei dirigenti e dei consiglieri provinciali.