Turismo fra vecchio e nuovo
Alle speranze che nascono dal lavoro della Fondazione Dolomiti Unesco e dalla meritoria opera della SAT si accompagnano deliranti progetti, come quello di un mega-residence di lusso sul Bondone.
Ambiente e turismo, un noto binomio, importante per tutti, soprattutto in Trentino. Molto se ne discute,e giustamente. Qui, con tre articoli lo affrontiamo da altrettanti punti di vista, vedendone luci ed ombre. Da una parte infatti riscontriamo gradite novità nell’approccio a Dolomiti patrimonio dell’Unesco, una grande occasione che sembrava avviata ad essere malamente perduta; e vediamo anche il tenace e al contempo rinnovato lavoro di promozione della cultura dell’ambiente e della montagna da parte di una grande, storica e benemerita associazione come la Sat. Dall’altra, invece, riscontriamo, sul Monte Bondone, incredibilmente riemergere, da parte di una società pubblica, Patrimonio del Trentino, progetti tanto devastanti quanto fallimentari, che sembrano riproporre, ben dentro gli anni 2000, una cultura dello sviluppo turistico già rovinosamente franata negli anni ‘60-’70. Insomma, la battaglia culturale per un turismo e più in generale per un rapporto con la montagna adatti ai tempi, dovrà essere ancora molto lunga e articolata.
Bondone: lusso per mafiosi
Sono andati a Monaco di Baviera alla fiera internazionale “Expo Real” i vertici della società pubblica Patrimonio del Trentino spa, con il direttore Claudio Alì, a presentare il progetto del maxi resort di lusso che dovrebbe sostituire le caserme austroungariche alle Viote, “per promuovere l’iniziativa immobiliare nei mercati esteri” - hanno dichiarato.
La cosa è preoccupante, un’iniziativa tanto grandiosa quanto grossolana. Sostituisce infatti le attuali (pregevoli) caserme austroungariche (35.400 metri cubi) con 83.200 metri cubi di vetro-cemento, più del doppio. Avete presenti le Viote attuali? Una grande conca verde, un’evidente oasi di pace, arricchita da un vero gioiello come il giardino botanico, in cui ora andrebbe inserita una mega costruzione con un albergo naturalmente “di lusso” e una Spa anch’essa “di lusso”, per attirare a frotte clienti danarosi e un po’ pacchiani.
Francamente la cosa non sembra proprio stare in piedi, anzitutto dal punto di vista economico, e lo hanno subito sottolineato i rappresentanti di categoria, che non sono certo fanatici ambientalisti. Perché, parliamoci chiaro, il Bondone è una località turisticamente modesta, per tutta una serie di motivi, soprattutto orografici: la quota è bassa e non si possono più di tanto disegnare piste lunghe; la località è isolata e non può inserirsi in caroselli; le costruzioni sono sparpagliate in costa su un pendio, manca “l’effetto paese” che è una condizione indispensabile per la convivialità e le serate post sci. Preso atto di questi limiti, si è deciso di puntare su un turismo economico, familiare; e di giocare l’attrattività su un ventaglio di richiami: oltre lo sci, la natura, le ciaspole, il fondo e la pace di un ambiente quasi intatto come le Viote.
Ora Patrimonio del Trentino ha deciso, con i soldi pubblici, di mandare tutto all’aria. Di devastare le Viote alla ricerca del turista ricco, amante del lusso. È il mito del mafioso russo, che in una serata spende come ridere 20.000 euro, vagheggiato ahinoi da tanti. Ora, ammesso che questi clienti siano raccomandabili (non è che magari, se si divertono troppo, decidono poi di investire, importando le loro modalità “economiche”? O magari è proprio questo che vuole Patrimonio del Trentino - nome sciagurato, in questo caso?); dicevamo, ammesso di volere proprio questa clientela, non sarà il resort alle Viote ad attirarli.
Li abbiamo visti in tanti, infatti, i mafiosi in Campiglio come in Badia (chi scrive è anche capitato - i casi della vita! - tra alcuni esponenti della mafia turca che a modo loro si divertivano al mare presso Smirne): vogliono un luogo mondano, si portano dietro le bellone in pelliccia che fanno ballare sui tavoli, brindano con champagne, vodka e whisky a fiumi, si fanno circondare da cesti di frutta esotica e maxi-cabaret di pasticcini. Insomma vogliono debordare, strafare dentro la mondanità locale; in mezzo a famigliole sono come pesci fuor d’acqua, se li porti nella natura incontaminata mettono mano alla pistola. E il mafioso è il caso estremo, ma il ragionamento vale per tutta la - chimerica - clientela di lusso: non puoi sovrapporla alle famiglie.
E chi ama invece la natura c’è, e alle Viote magari ci verrebbe: ma non a fianco del mafioso; e non nel vetrocemento.
Insomma, il progetto di Patrimonio del Trentino è senza senso. Distrugge quello che faticosamente si sta cercando di fare in Bondone, per creare solo macerie.
Ma che ragionamento c’è dietro a un progetto del genere? Purtroppo una cultura c’è. È quella delle Fassalaurina, di Marilleva, dei villaggi in quota progettati negli anni ‘60. E tutti falliti, nonostante avessero pompato soldi pubblici, ai tempi in cui di questi denari ce n’erano tanti. Riproporre oggi queste ricette è una scemenza, e fa fortissimamente dubitare dei vertici delle società - pubbliche - che li promuovono. E dei politici che stanno loro dietro.
SAT: un sodalizio che promuove studio, cultura e difesa dell’ambiente
Si è tenuto a Spiazzo il 120° congresso della SAT. Una settimana intera di incontri, escursioni e confronti che hanno approfondito i temi di discussione che coinvolgono il centenario dell’inizio della Grande Guerra.
Alla domanda provocatoria rivolta da alcuni giornalisti al Presidente della SAT Claudio Bassetti, se la SAT sia un’associazione ambientalista, la risposta è stata ferma. No, la SAT da 140 anni promuove cultura della montagna, approfondisce la storia e le conoscenze dell’Alpe e mentre sostiene l’escursionismo e l’alpinismo non può tenere gli occhi chiusi davanti ai problemi della tutela dell’ambiente e dei paesaggi. I fondatori della SAT avevano evidenziato nello Statuto questo impegno ed oggi chi è chiamato a dirigere l’associazione, non può trascurare quanto sta accadendo.
Certo che a Spiazzo non si è parlato solo di Grande Guerra. In ogni serata il tema dell’ambiente è stato protagonista, tanto da portare, nella giornata conclusiva, il presidente della Provincia Ugo Rossi ad ammettere che “il turista non si accontenta più solo di ammirare, ma vuole sentire il respiro della cultura e della montagna”.
Sono sempre più numerosi i cittadini e gli abitanti delle nostre periferie che si rendono conto che lo spazio aperto ancora disponibile è ridotto. Specialmente nel cuore delle vallate. Che i corsi d’acqua hanno bisogno del loro respiro e di essere mantenuti vivi. Che i boschi non possono essere continuamente feriti da linee di seggiovie o da piste sempre più ampie, o da bacini di innevamento, sempre più devastanti. Che invece di costruire nuove residenze è doveroso ristrutturare quanto viene abbandonato nei centri storici o recuperare le seconde case sempre più fatiscenti sorte negli anni ‘70. E che è necessario ritornare all’alpinismo classico, alla riscoperta del piacere della arrampicata in progressione, con l’ausilio dei mezzi tecnici utili solo a garantire la sicurezza. In Dolomiti ormai lo spazio per l’avventura, per la scoperta, per sbalordire, non esiste più. Si è provato tutto: la fantasia è stata uccisa.
Sono anni che la SAT propone questi temi, e volta per volta li stimola e li approfondisce, anche con provocazioni che non erano consuete nella sua storia, come le continue manifestazioni tenute dall’inverno in poi in zona Serodoli (area Campiglio).
Il 21 novembre il sodalizio trentino proporrà un nuovo confronto, a tutto campo: una intera giornata di riflessione sullo sci. Si affronterà la situazione nelle Alpi, in Trentino, le prospettive di questa industria e le problematicità, sempre più acute, dovute non solo ai cambiamenti climatici ma specialmente ai costi sempre più insostenibili nella gestione delle varie Ski Area.
Non c’è dubbio: la SAT non è solo una associazione di servizio rivolto a chi frequenta la montagna. Provoca, approfondisce, propone e si pone come interlocutore fondamentale di un mondo politico sempre più lontano dal comune sentire del cittadino e dai suoi bisogni reali.
Luigi Casanova
Fondazione Dolomiti UNESCO: la svolta, finalmente
Sono trascorsi 5 anni dalla straordinaria giornata di Siviglia (26 giugno 2009) che portava le Dolomiti a divenire patrimonio naturale dell’umanità. La nostra testata ha più volte affrontato il tema, in modo critico. Oggi è venuto il tempo per fare un bilancio. Va riconosciuto che siamo in presenza di un progetto con grandi ambizioni: mettere in rete un territorio compreso in 3 regioni (due delle quali a Statuto speciale, Friuli Venezia Giulia e Trentino Südtirol), cinque provincie, una decina di parchi nazionali e regionali, 27 siti di importanza comunitaria e zone di conservazione speciale (Rete Natura 2000), tutti gestiti con norme fra loro molto diverse.
Nel contempo, tre anni fa, la Provincia di Belluno è stata commissariata mentre conduceva la prima presidenza della Fondazione e il segretario incappava in un discredito diffuso che lo portava alle dimissioni dopo pochi mesi di impegno.
Del resto, quello di Dolomiti UNESCO è un progetto pilota anche all’interno dell’UNESCO. Come conservare un territorio formato da un insieme di beni seriali fra loro non collegati?
Come dare risposta alle tante diversità, sociali, economiche, ambientali e istituzionali presenti?
Come costruire e diffondere formazione e partecipazione, quindi condivisione in presenza di soggetti attivi spesso in conflitto fra loro?
Si pensi agli impiantisti assieme agli ambientalisti, alle esigenze degli albergatori e di chi propone conservazione e servizi sociali. Non c’è dubbio: il laboratorio aperto nella Fondazione Dolomiti UNESCO è unico al mondo. Chi il 28 agosto era presente a Cortina a manifestare contro l’inutilità di questo ente non ha compreso questa complessità.
In cinque anni era lecito comunque attendersi maggiori ricadute sul territorio. Ad oggi la Fondazione Dolomiti UNESCO è un pianeta sconosciuto anche all’interno dei diversi profili istituzionali. Pochi sanno cosa stia elaborando, come e su quali obiettivi.
Solo un’associazione ambientalista, Mountain Wilderness (e CIPRA Italia come associazione di secondo livello), ha mantenuto verso la Fondazione una pressione instancabile, basata su critiche anche severe, ma tenendo sempre aperto il canale della proposta. La richiesta è sempre stata quella della trasparenza e di mantenere obiettivi di sviluppo del territorio coerenti con la conservazione di un bene tanto fragile e pregiato.
Le richieste dell’associazione non hanno però mai trovato ascolto fin tanto che la gestione della Fondazione è rimasta nelle mani del Trentino (assessore Mauro Gilmozzi). Non appena la presidenza è passata a Bolzano (dopo una breve parentesi affidata a Pichler Rolle), tali richieste sono state rese percorribili sia dalla intraprendenza della segretaria generale Marcella Morandini che dalla volontà politica del nuovo presidente Richard Theiner (SVP).
Si sono aperte porte decisive sul piano della partecipazione e del coinvolgimento delle genti locali. Le biciclettate estive sui passi dolomitici, le manifestazioni che ripropongono la cultura degli sfalci delle aree prative, il protagonismo di tanti giovani stanno portando entusiasmo e superando anni di immobilismo. Anche se - va detto - la mole di dati raccolti in quei 5 anni nella progettazione della mobilità, della gestione delle aree protette, della sostenibilità del turismo, dell’ambito della geologia e del paesaggio, è davvero straordinaria.
In questi giorni si discuteranno pubblicamente i progetti riguardanti il paesaggio, le aree protette, le proposte sulla sostenibilità del turismo. Da quanto emergerà si comprenderà se Dolomiti UNESCO avrà senso o se invece ci ritroveremo a a sostenere quanto Trento e Bolzano sono maestri nel produrre: la cultura del marchio privo di contenuti, e bellissimi documenti che poi però nessuno sarà in grado di portare nel territorio trasformandoli in azioni concrete capaci di creare nuovi lavori.
Luigi Casanova