Le due anime della SAT a confronto
Qualcuno tenta di ricostruire un collateralismo politico che sembrava scomparso. Ma per ora...
Si è forse conclusa un’era della gestione della SAT, la più numerosa ed attiva sezione del Club Alpino Italiano? Sembrerebbe di sì, leggendo le aspre dichiarazioni del socio più votato al recente congresso, Mario Benassi. Le lunghe, produttive ed innovative presidenze di Luigi Zobele e Elio Caola hanno costruito nella SAT un rinnovato spirito partecipativo. I soci sono stati in costante aumento, i gruppi hanno aggregato giovani sempre più convinti e legati alla bellezza dei nostri paesaggi, le questioni ambientali sono diventate patrimonio di confronto costruttivo, si è rotto un radicato, decennale collateralismo politico, definito “tradizionale prudenza” dell’associazione che raggruppa gli amanti della montagna.
In questi due decenni sono stati numerosi i momenti di scontro della SAT con il potere provinciale: l’investimento in cultura con una ambiziosa biblioteca, la gestione dei sentieri, il significato di rifugio alpino, l’opposizione al proliferare dissennato delle strade forestali ed ultimamente l’opposizione severa alla realizzazione dei collegamenti sciistici di Val Jumela, Pinzolo, laghi di Colbricon.
Caola lascia la Presidenza scandendo con forza i momenti alti del suo operato, denunciando nel suo ultimo discorso come la montagna sia stata abbandonata dai politici e umiliata dall’imposizione di infrastrutture superflue, non economiche, che ne sviliscono identità, caratteristiche, che la consumano.
I politici, come loro costume, hanno subito reagito stizziti. Ma è stato sorprendente vedere la “tradizionale prudenza” della SAT, venire incrinata da un suo uomo forte, il vicepresidente, candidato alla successione di Caola. L’indirizzo ambientalista, ormai ventennale e consolidato patrimonio di tanti satini, è stato demolito dalle granitiche dichiarazioni di Benassi, che descrive la SAT come un organismo travolto da posizioni integraliste, rivolto alle denunce: un passato- secondo lui - da cambiare.
Chi conosce la SAT sa come ogni documento uscito dal palazzo di via Manci sia stato soppesato in ogni parola, come le indicazioni ed i giudizi siano stati frutto solo di riscontri tecnici e obiettivi. Così è stato per la Val Jumela, così è per il collegamento di Pinzolo, o per l’arida politica della Provincia in tema di parchi. Chiunque conosca la SAT sa come al suo interno si sia sempre rifiutato il ricorso alla magistratura: quindi nessuna denuncia, nessun ricorso al TAR, anche quando questo passaggio sarebbe stato doveroso e veniva invocato da centinaia di soci.
Chi conosce la SAT sa anche come ogni intervento del suo presidente sia sempre stato concordato in Consiglio direttivo ed approvato all’unanimità.
Si sa anche che le discussioni non sono mai state scontate. Ricordiamo alcuni recenti passaggi: la vendita del rifugio al Ciampediè sembrava ormai regalato agli impiantisti, ma in extremis si è invertita la rotta. O la questione orso, in merito alla quale alcuni componenti del direttivo hanno espresso forti dubbi sul rilascio degli orsi nel parco, ma alla fine la Sat ha dato fiducia all’operato del Parco Adamello-Brenta.
Ad una lettura superficiale le accuse di Benassi risultano quindi incomprensibili.
Attorno al confronto interno della SAT si aggirano altre scelte che spingono il sodalizio verso una gestione puramente aziendalista. Per arrivare a questo si rafforzano e si offre spazio ad alcuni rappresentanti delle periferie, della valle di Fassa, del Primiero, della Rendena: questi sono personaggi tanto legati al potere imprenditoriale locale da non riuscire, nemmeno con l’inizio del Terzo millennio, a leggere nella montagna progetti di sviluppo diversi dalla sommatoria di asfalto ed industria sciistica. Sono personaggi legati agli albergatori, agli impiantisti, alla lobby dei maestri di sci, che credono ancora che un nuovo collegamento, anche quando realizzato solo perché sostenuto da ingenti fondi pubblici, riesca a consolidare o recuperare sviluppo nella zona.
Sull’argomento l’interpretazione fornita dalla nostra stampa è apparsa fragile, inesatta. Non è vero che le periferie sono contro gli ambientalisti: nel Primiero si è anche festeggiata la mancata elezione nel Direttivo del candidato locale, mentre il rappresentante di Pinzolo concorda con la visione di Caola, come pure altre SAT delle periferie (Tesino, Ledro, Moena). Nemmeno a Pozza tutti stanno con Dellagiacoma, l’alleato più forte di Benassi. Alcuni di questi sono personaggi che oggi vengono utilizzati per raggiungere altri scopi.
Altro tema di discussione è l’aziendalismo, e a tale proposito è esemplare quanto sta avvenendo nel Soccorso Alpino. Fino ad alcuni anni fa il corpo del Soccorso Alpino della SAT univa la passione dei volontari all’esperienza delle guide alpine. Mentre si investiva nella maggior competenza tecnica possibile, non si rinunciava alla presenza del calore e dell’esperienza di chi la montagna l’aveva vissuta, percorsa e salita, senza rincorrere imprese eclatanti.
Oggi il Soccorso Alpino si sta trasformando in azienda (vedi Soccorso alpino: lettera aperta a Dellai). I corsi sono diventati severissimi tanto da escludere chiunque non si trovi aggiornato, mese per mese, sull’invenzione di un nuovo nodo o di un nuovo metodo di recupero dell’infortunato. Si sono acquistate costossissime jeep, si è tentato di elevare il costo di ogni ora di uscita fino a cifre spropositate, si investe nel professionismo, guide alpine in pratica, umiliando la tradizione volontaristica. Per alcuni dirigenti è comodo chiedere l’adeguamento dei costi, supportati da fondi provinciali, rimanendo coperti dal servizio pubblico, rimanendo sempre disponibili ad ogni chiamata e quindi necessaria uscita sul campo, perché dirigenti, senza dover incorrere nei rischi di una impresa privata.
Anche lungo questo percorso si nota la sempre più stretta sintonia del corpo con l’espressione politica dominante in Provincia. Scrive Caola in proposito “Con la giustificazione di una maggiore efficienza tecnica e funzionale, non è azzardato pensare che ne conseguirà inevitabilmente una perdita d’anima in termini di spirito associativo, oltre che in termini di solidale, disinteressata disponibilità. E ciò comporterà una graduale minore offerta di servizio gratuito, la scomparsa di quello straordinario patrimonio morale che la SAT rivendica.”
Nel mezzo di una polemica aspra e difficile la SAT mantiene alto un merito: quello del confronto aperto, esplicito. L’associazione si sta giocando il suo futuro. Può investire nel percorso avviato e ormai consolidato dal corpo del Soccorso alpino, divenendo così anch’essa un ente collaterale della Provincia chiamato alla manutenzione dei sentieri, delle vie ferrate, un ente marginale che sostiene l’offerta turistica provinciale.
Oppure può investire nei valori della montagna, come da tradizione, proseguendo il tracciato di Zobele e Caola, rafforzando la cultura della montagna nel mondo della scuola, investendo nella priorità della difesa dell’ambiente, dei lavori, della presenza umana nella vallate, tentando il difficile recupero dell’identità più vera e intima della montagna negando ogni omologazione alle mode provenienti dalle grandi pianure, dalle città.
E’ comunque forte il sospetto che l’uscita di Benassi non sia stata casuale e dettata solo dalla sua ansia aziendalistica, dalla sua cultura di imprenditore. Siamo in prossimità delle elezioni provinciali e la Sat ha notevolmente infastidito Dellai, scavando solchi di diffidenza molto profondi verso la credibilità dell’esecutivo uscente.
Non è quindi un caso l’uscita di Benassi, non è casuale la sua difesa a spada tratta da parte del Presidente del Consiglio provinciale Mario Cristofolini, non è stato casuale il tentativo di spaccare pubblicamente la SAT prima dell’elezione del nuovo presidente.
Ma Benassi, Cristofolini ed amici non avevano probabilmente il polso esatto della maturazione culturale del popolo satino. Come non si aspettavano la violenta sberla del Tribunale Amministrativo Regionale che accoglieva la richiesta delle associazioni ambientaliste sulla sospensiva del progetto di Val Jumela. Anche l’autorevole voce della magistratura non faceva che confermare l’acutezza, l’autorevolezza delle scelte, definite integraliste, di Caola. Senza dubbio Benassi, oltre ai termini, ha sbagliato anche la scelta dei modi e dei tempi per condurre un ridimensionamento pubblico del ruolo della SAT: così facendo è rimasto isolato dentro l’associazione e presso l’opinione pubblica.
Cristofolini e Dellai dovranno ora inventare qualche nuovo sentiero per tentare un recupero di credibilità o costruire altri percorsi per costringere la Sat ad un nuovo collateralismo politico.