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QT n. 17, 13 ottobre 2007 Servizi

Il clima e la montagna

113° congresso della SAT: “Il futuro non ha bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno del futuro”. L’impegno dell’ associazione perchè si affrontino con umiltà e realismo i problemi epocali.

La Società degli Alpinisti Tridentini (SAT) per la prima volta nella sua storia ha investito in un congresso durato venti giorni, strutturato attorno al tema del rapporto fra montagne e cambiamenti climatici. Grazie al coinvolgimento di decine di esperti e della Commissione Tutela Ambiente Montano la SAT fin da settembre ha avviato i lavori all’interno delle scuole di Moena per poi organizzare una settimana densa di appuntamenti di alto profilo scientifico e culturale.

Il meteorologo Luca Lombroso.

Con l'intervento dell’esperto meteorologo Luca Lombroso, che ha utilizzato anche gli strumenti dell’ironia e della leggerezza, si è analizzata la situazione del pianeta, se e come l’uomo contribuisca al surriscaldamento della terra, quali azioni siano necessarie per rallentare o provare ad invertire la tendenza in atto, quali sono le conseguenze negative e le opportunità che l’innalzamento delle temperature comporta, specialmente sulle Alpi. Attraverso altre conferenze si è approfondita la situazione provinciale, che ovviamente segue in parallelo le tendenze internazionali del fenomeno, e si è approfondito il nostro immediato futuro attraverso una lettura delle conseguenze economiche dell’innalzamento delle temperature. Si è così giunti alla solenne conclusione di domenica 8 ottobre quando, presso il Centro di Addestramento alpino della scuola di polizia, è stata presentata la "Carta di Moena", un documento che dovrebbe accompagnare ogni satino, ogni iscritto al CAI per portarlo ad assumere comportamenti responsabili nei confronti delle emissioni di gas serra in atmosfera e del rispetto della montagna.

Anche dentro questa frettolosa sintesi si coglie l’entità dello sforzo organizzativo e culturale che ancora una volta la SAT ha offerto all’attenzione della società trentina, del mondo imprenditoriale, della classe politica. Come ha sottolineato il presidente della Commissione Tutela Ambiente Montano provinciale, Claudio Bassetti, la SAT ha le carte in regola per intervenire.

I ghiacciai: le prime vittime dei cambiamenti. Riguardo i mutamenti climatici, ad eccezione di una ristretta minoranza, nessun istituto o ricercatore oggi nega le dirette responsabilità dell’uomo nel rafforzare le quantità e gli effetti delle emissioni di gas serra. Come nessuno più nega che a breve termine, dai dieci ai cinquant’anni, specialmente nelle zone montuose, gli effetti dell’aumento delle temperature potranno essere sconvolgenti; tutto dipenderà dai comportamenti che attueremo da subito.

Gli effetti certi sono diversi e molti di essi traumatici:

- Rischi idrogeologici e relativi problemi sul tema sicurezza sulla stabilità dei suoli.

- Riduzione drastica delle biodiversità: si prevede che dalle Alpi scomparirà il 60% della varietà naturale oggi presente.

- Modifiche comportamentali sia della vegetazione che della fauna selvatica.

- Perdita di fertilità dei suoli.

- Proliferazione degli insetti;

- Aumento delle malattie infettive o dovute a parassiti anche sconosciuti.

- Drastica riduzione delle risorse naturali, dell’acqua, dei ghiacci, ma anche delle aree abitabili.

- Modifiche sostanziali nel paesaggio.

- Eventi climatici con frequenze ed intensità sempre più estreme.

Quanto costruito dalla SAT è un esempio virtuoso delle capacità del volontariato trentino di sostituirsi ai doveri dell’ente pubblico in tema di informazione disinteressata. L’intero congresso, pur non esprimendosi direttamente, è stato un sottile attacco alle scelte di sviluppo, anche recenti, della nostra Provincia. L’assessore provinciale all’Urbanistica Mauro Gilmozzi ne era ben consapevole e infatti, anche con coraggio, incalzato dai giornalisti, ha sottolineato come la PAT, con l’avvio delle sette commissioni che stanno lavorando all’emergenza clima, abbia di fatto, addirittura anticipato la SAT.

L’assessore provinciale all’Urbanistica Mauro Gilmozzi.

L’assessore sa come giocare con l’informazione, ed è bravo anche nel sottrarsi alle sue responsabilità. Nel corso della settimana è stato ricordato più volte lo scandalo del progetto sciistico che vede coinvolti gli altipiani di Folgaria e Lavarone col progetto di devastazione delle vette e dei boschi presentato dalla società Carosello Ski di Folgaria. Mentre tutto il mondo scientifico, ma non solo, perfino i dirigenti di "Supreme Dolomiti", perfino gli operatori turistici delle APT, invitano a bloccare l’espansione delle aree sciabili, a non costruire più impianti e piste sotto i 1500-1700 metri, mentre in Francia e Svizzera si smantellano tali impianti, a Folgaria (ma non solo: a Tremalzo, al passo del Broccon, sul Bondone, in Polsa, a Pinzolo come a Passo Rolle e a Moena), si spinge per avere ulteriori piste, ovviamente sempre sostenute da scandalosi finanziamenti pubblici che passano attraverso Trentino Servizi, la finanziaria della Provincia.

Gilmozzi si difende affermando che il suo PUP non prevede altre aree (non è vero: prevede esplicitamente i collegamenti San Martino di Castrozza-Passo Rolle e Pinzolo-Campiglio) e che eventuali scelte diverse vengono sostenute dai sindaci. Ma guarda caso, proprio il PUP di Gilmozzi è un inno alla flessibilità: "I comuni possono modificare anche sostanzialmente le aree sciabili".

L’assessore poi si difende dicendo che sono finiti i tempi delle imposizioni della Provincia verso i comuni, che è venuto il tempo di "far maturare e diffondere consapevolezza verso i tempi che cambiano e le urgenze che sopraggiungono". Ma non si capisce come la Provincia possa diffondere consapevolezza quando progetti che dovrebbero costituire il modello del turismo del futuro, che sono costati decine di migliaia di euro, vengono mantenuti segreti e si impedisce agli estensori di renderne pubblica ogni parte: stiamo parlando del progetto Marmolada o della candidatura delle Dolomiti a divenire Patrimonio dell’umanità. Senza informazione corretta e completa risulta impossibile anche solo avviare un percorso di consapevolezza, o di diffusione della cultura e delle conoscenze. I sindaci - si pensi a Canazei - tengono così fermi progetti d’avanguardia solo perché sono incapaci di reggere il confronto pubblico e per difendere interessi di singole categorie mandando a quel paese l’interesse generale.

La carta di Moena. Durante i lavori sono emersi passaggi interessanti: una preoccupante debolezza e confusione nel mondo politico, sia quello rappresentato in Provincia che quello locale, la totale assenza dal confronto della valle di Fassa, i comuni di Moena e Soraga lasciati soli, isolati. Ma i passaggi positivi sono probabilmente i più significativi. Una grande curiosità da parte dei cittadini, con la partecipazione attiva nei dibattiti, Tutti i soggetti coinvolti hanno ammesso e sostenuto come sia necessario agire, e subito. Si ammette come nelle aree vocate al turismo sciistico l’innevamento artificiale sia necessario e come l’industria dello sci non possa essere sostituita da altre nicchie di mercato. Si dovranno specializzare i territori analizzandone volta per volta le diverse vocazioni; l’imprenditoria turistica non è insensibile a quanto sta avvenendo, se non nei settori fortemente speculativi quali l’edilizia ed i movimenti terra. Parte dei cittadini, anche in montagna, è pronta ad assumersi responsabilità dirette nella difesa delle filiere corte, quelle meno energivore (nei consumi, trasporti, produzione), è consapevole come sia necessario rivedere le forme della mobilità sia delle persone che delle merci, come sia indispensabile mettere in rete decine di esperienze personali, collettive, di progetto diffuse su tutto l’arco alpino.

Nelle conclusioni del congresso, attraverso un percorso anche entusiasmante, la SAT e le Commissioni TAM dell’arco alpino sono arrivate alla proposta della "Carta di Moena", un decalogo di buone intenzioni, un contributo su come a livello collettivo ma anche individuale, si possa aiutare l’umanità a vivere una vita di qualità, senza sprechi. Si parla quindi di biodiversità, di agricoltura di montagna, di turismo alpino, di rifiuti e paesaggio, di urbanistica, delle risorse come l’acqua ed i ghiacciai, dell’educazione e del risparmio energetico, dei trasporti e delle emissioni gassose.

Le proposte più convincenti riguardano la conservazione dei ghiacciai, con la proposta del divieto assoluto di praticare lo sci estivo e spostare masse di neve in queste aree, con il divieto di portarvi l’innevamento artificiale.

Parte del mondo ambientalista si aspettava di più: le buone intenzioni sono positive e ci aiutano a crescere, ma vista l’emergenza era necessaria più concretezza. La Convenzione delle Alpi e i suoi protocolli rimangono un fantasma. Nonostante gli appelli di Lombroso, la parola risparmio non è divenuta struttura portante dell’edificio e specialmente non sembra ci si renda conto che si sta allargando la frattura culturale fra il popolo delle montagne e quello delle metropoli. E qui è necessario ricucire. Le Alpi, non solo, tutte le catene montuose dell’Europa, sono destinate a diventare la grande isola ricreativa dei popoli delle pianure, a raccogliere "profughi estivi". Decine di milioni di persone premeranno alle porte delle vallate e chiederanno aree ricreative, natura vera, reclameranno l’utilizzo delle risorse rimaste (vedi l’acqua del Garda, ma anche quella dei torrenti). A queste persone offriremo le Alpi trasformate in un grande circo turistico o saremo capaci di difendere dall’assalto gli spazi liberi rimasti permettendone un godimento leggero, conservativo, intelligente e consapevole? E come costruire questa cultura, questo scambio di responsabilità, di nuova sensibilità fra cittadino e abitante della montagna? E’ una domanda alla quale non si è voluto rispondere, o che forse è stata sottostimata nella sua importanza strategica.

Il richiamo più severo contro la politica trentina è comunque venuto dalle poche e secche parole del saluto del presidente dell’Alpenverein Südtirol, Luis Vonmetz: non vogliamo la terza corsia dell’Autobrennero, il costo dei pedaggi per i camion va aumentato e va introdotto il divieto di transito notturno. Gilmozzi è stato costretto ad ascoltare. Speriamo prenda atto della volontà di 40.000 soci del sodalizio altoatesino.

Lombroso, con grande simpatia, ci ha ricordato le quattro fasi che i potenti hanno attraversato mentre in questi cinquant’anni il pianeta si surriscaldava. Prima negavano, poi ignoravano, infine hanno ammesso che il problema c’è ma non è importante oggi, semmai domani. Ma oggi, cittadini, associazioni, mondo scientifico, sempre attraverso quattro fasi invitano: ad agire, spegnere, camminare, ridurre e riciclare.