Dellai schianta la sinistra
Dellai entra di prepotenza nelle questioni interne alla lista dei DS: che dopo un primo scatto d’orgoglio si fanno umiliare e accettano il ruolo di satelliti. I retroscena, le motivazioni, le conseguenze di una riuscita operazione di colonizzazione politica.
Le frizioni, talora palesi, più spesso latenti, all’interno del centro-sinistra, sono in questi giorni esplose. Tra il centro del presidente Dellai, con le sue vocazioni affaristiche e clientelari, da una parte; e la sinistra, che si vorrebbe ambientalista e riformista, dall’altra. La partita è finita con la sconfitta verticale della sinistra e dei Ds: come era d’altronde facile prevedere, visti l’andamento e l’esito del precedente scontro, quello sulla Val Jumela, puntualmente ripetuti ( vedi La sinistra dopo la débacle della Jumela). Vediamo come sono andate le cose.
Le avvisaglie di una fredda volontà di scontro con la sinistra si erano avute nelle settimane precedenti. Nel suo programma infatti il candidato presidente Dellai inserisce, senza che ve ne sia alcuna necessità, un punto dolentissimo del contenzioso con la sinistra: l’autostrada Valdastico, meglio nota come Pi.Ru.Bi. Nel merito della questione, e delle sue implicazioni strategiche, parliamo in Elezioni: Pi.Ru.Bi. e potere. Qui vediamo le implicazioni politiche: l’autostrada non è all’ordine del giorno, non ne è previsto il finanziamento. Dellai apre il discorso con l’evidente intento di mettere in difficoltà e dividere la sinistra.
Il punto invece su cui decide di forzare è un altro: la presenza nella lista dei Ds di Luigi Casanova, ambientalista, esponente di Costruire Comunità (oltre che corrispondente dalle valli di Fiemme e Fassa del nostro giornale). L’accusa è che Casanova è un "integralista" (dell’ambiente) e che, come peraltro tutta Costruire Comunità, ha sempre sparato ad alzo zero sulla giunta provinciale uscente.
L’accusa è evidentemente pretestuosa: l’integralismo di Casanova è relativo (si è battuto infatti strenuamente contro la Val Jumela, vedi Val Jumela- un nuovo, vecchio progetto ma supportato dall’opinione del 70% dei trentini; e d’altra parte, tanto per fare un esempio, si è anche speso per un progetto di sviluppo sciistico "leggero" della Marmolada, vedi Marmolada, una montagna decaduta); ha già avuto un’esperienza di governo come assessore a Cavalese, dove è stato apprezzato per la concretezza con cui ha affrontato il Prg; si identifica nel programma elettorale dei Ds, in parte significativa elaborato proprio da Costruire Comunità; e infine, per togliere ogni pretesto, dichiara di accettare il programma di Dellai.
Ma inoltre non si capisce che senso elettorale abbia il niet di Dellai: ogni aggregazione si ripropone, per vincere, di essere la più ampia possibile; lo stesso Dellai ha allargato la sua Casa dei Trentini a dismisura verso destra, accogliendo l’integralista cattolico Gubert (quello sì integralista vero) che a Roma sta con Berlusconi, come pure il Patt, che prima di ogni elezione contratta da che parte stare. In questo senso non si capisce perché i voti degli infidi maggiorenti autonomisti siano bene accetti, mentre quelli degli ambientalisti e pacifisti che si porta Casanova siano da rifiutare.
E infine Casanova è nella lista dei Ds: dire a quel partito chi può e chi non può mettere in lista, significa trattarlo non da alleato, ma da satellite. Ed è questo il punto che tutti capiscono: il no a Casanova significa sancire la totale subalternità, l’inesistenza politica della sinistra.
Chiarito il quadro, vediamo la cronologia degli avvenimenti degli ultimi giorni.
Lunedì 22. Dopo la direzione dei Ds, che approva la lista con Casanova, si riuniscono Ds, Solidarietà, Riformisti, Costruire Comunità. Per sgombrare il campo da un secondario elemento di frizione interna, Costruire Comunità accetta come capolista il segretario diessino Mauro Bondi. Poi si passa alla minaccia di Dellai, che ha affermato che se i Ds presentano Casanova lui disfa la coalizione e nega l’apparentamento. Bondi è esplicito: il no di Dellai è un’operazione per normalizzare i Ds, far perdere dignità al partito, impedire la nascita di un momento autonomo nella coalizione, che con il presidente sappia confrontarsi su un piano di parità. "Questa è la Jumela 2; non possiamo accettare tali ingerenze, ne va del senso stesso della nostra presenza".
In tutti i diessini scatta l’orgoglio di partito: "Bisogna resistere un minuto più di Dellai" "Non si molla, piuttosto si va da soli".
Gli unici a dissentire sono i Riformisti (l’on. Luigi Olivieri e Mario Raffaelli): "Se Dellai non molla, tra Casanova e il Presidente scegliamo il Presidente."
Roberto Pinter (di Solidarietà, vice-presidente della Giunta) propone per il giorno dopo un incontro con Dellai per chiedere ragione di questa posizione.
Martedì 23, ore 12. Incontro delle sinistre con Dellai; il quale sostiene che la coalizione da lui assemblata non regge la presenza di Casanova (il quale, da semi-sconosciuto, è evidentemente diventato un gigante della politica trentina). Subito intervengono i Riformisti per dire che tra Dellai e Casanova loro scelgono Dellai.
Prende la parola Walter Micheli, di Costruire Comunità: non è un problema di persone, ma di politica, della legittimità delle posizioni critiche di Costruire Comunità. E allora non si capisce l’esclusione di Casanova, quando altre persone di Costruire Comunità sono candidate in altre liste della coalizione, da Miori nei Verdi a Viganò nella stessa Margherita. "E poi, se andiamo a sindacare sulla coerenza con i programmi, che dire di tutti i candidati delle liste autonomiste che hanno posizioni razziste sugli immigrati?"
Dellai risponde che a lui le critiche, pur aspre, dello stesso Micheli o di Passerini, non hanno creato nessun problema, come pure le posizioni di Costruire Comunità; il problema è proprio e solo Casanova: se lo sostituiscono con altro esponente di Costruire Comunità, per lui va bene. E propone per le 15 un nuovo incontro, con tutti gli esponenti della coalizione. Il che vorrebbe dire che la lista dei Ds la deciderebbero non solo Dellai, ma anche i segretari del Patt, delle Genziane, dello Sdi... Bondi, ovviamente rifiuta.
Martedì pomeriggio. Iniziano su Bondi le pressioni del notabilato diessino: il sindaco di Trento Pacher, quello di Nago Torbole Parolari, ecc: "Non si può rompere per ‘sto Casanova" "Se non siamo con Dellai io non candido" ecc.
Martedì ore 20:30. Riunione dai Ds. Le sicurezze, l’orgoglio di partito di ventiquattr’ore prima, sono un ricordo. In particolare gli esponenti di Solidarietà (Nardelli, Bertoldi) premono: "Sbaglia Dellai a porre la questione in questo modo; ma tutti, con la lista hanno fatto sacrifici, ne faccia uno anche Costruire Comunità". Micheli e Passerini fanno presente che non è questione di sacrifici, ma di credere al progetto di una sinistra autonoma, libera all’interno della coalizione e non eterodiretta.
Ore 23. Dellai chiama Bondi: "Ci sono novità". Che consistono in uno scambio: "Voi togliete Casanova, noi, per non sbilanciarci troppo a destra, diamo l’apparentamento ai Comunisti Italiani". Bondi torna, riferisce, e aggiunge: "Roma ha già detto che non possiamo rompere con la Margherita, la listasi sta sfaldando, rischiamo di far vincere il centro-destra e la Compagnia delle Opere..."
Micheli e Passerini constatano che la partita è chiusa. Si alzano e se ne vanno.
Il mattino dopo, con i giornali che riportano la vicenda, ci arrivano telefonate di lettori diessini indignati: "Che vergogna! Naturalmente parlerete di questo scandalo!" Passa anche il nostro redattore Renato Ballardini, già presidente dei Ds. Il suo giudizio è durissimo: "Non sono particolarmente un supporter di Casanova. Ma qui la questione era se i Ds esistono o sono una dépendance della Margherita. Mi troverò a dover votare Rifondazione Comunista: d’altronde se votassi Ds non saprei se sto mettendo la croce sopra una quercia o sopra uno zerbino".
In effetti per i Ds già la Jumela 1 era stata l’inizio di un rapido declino. Ora questa Jumela 2 - come giustamente definita dal segretario Bondi - rischia di essere dirompente. Perché ratifica l’inutilità del partito: ormai tutti sanno che, su qualsiasi questione, anche quelle interne ai Ds, non parliamo poi di programmi di governo come Pi.Ru.Bi. o inceneritore, quando Dellai picchia un pugno sul tavolo, i diessini sbattono i tacchi.
Adire il vero è difficile capire chi ci guadagni da questa dinamica. Ed è anche difficile capire come ci si sia potuti arrivare.
Partiamo dal vincitore Dellai. I motivi della sua sfida sono chiari: risolvere a proprio vantaggio i contrasti strategici (li esemplifichiamo nella scheda Elezioni: Pi.Ru.Bi. e potere) che lo oppongono alla sinistra, umiliandola e rendendola così innocua.
Ma se il braccio di ferro fosse andato avanti, lo avrebbe davvero portato alle estreme conseguenze? Avrebbe davvero rinunciato all’apparentamento con i Ds, e quindi ai loro voti?
Riteniamo di no, per due motivi. Il primo è elettorale: Dellai è in netto vantaggio rispetto al candidato del centro-destra Andreotti; ma mettersi a buttare al vento un 15% di voti (di tanto sono, o meglio erano, accreditati i Ds) sarebbe folle. Ma c’è un motivo più politico. Fino alla settimana scorsa Dellai si trovava in una situazione ideale: sulla destra avversari poco credibili, sulla sinistra nessun nemico. Anche i due candidati di Costruire Comunità, Cattani e Casanova, difficilmente avrebbero potuto, dall’interno della coalizione, dargli soverchio fastidio; era probabile che non sarebbero stati più incisivi di quanto sia stato il pur ottimo Passerini in questa legislatura. Perché mai quindi, rompendo con i Ds, avrebbe dovuto crearsi un’opposizione organizzata alla sua sinistra?
Quello di Dellai quindi (come del resto era stato per la Jumela 1) era solo un bluff. Che la sinistra tremebonda e abbarbicata alle sedie non ha avuto il coraggio di vedere.
Sinistra solo tremebonda?
"Questa vicenda ha messo a nudo una patologia della politica del Trentino - afferma Walter Micheli - Ci sono i partiti formali, con sigle, sedi, organismi dirigenti. E il partito sostanziale, trasversale ai primi, dominato da Dellai. I partiti formali prendono le decisioni nelle sedi deputate. Ma sono decisioni che contano zero, contano le telefonate del Presidente agli alleati fedeli, alle quinte colonne, i Boato, gli Olivieri, i Pacher, tutta una serie di amministratori. Costoro non sono turbati dal problema della dignità e identità dei partiti; perché fanno parte di un altro livello di decisione e di potere. E a questo punto Dellai non ha neanche bisogno di alzare la voce. Ci pensano gli altri per lui".
Rimane un interrogativo: ma a Lorenzo Dellai conviene stravincere in questa maniera, circondandosi di tanti satelliti che dicono sempre di sì?