Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 6, giugno 2022 Servizi

La favola bugiarda delle Olimpiadi a costo zero

Milano-Cortina 2026: dalle buone intenzioni del CIO all’assalto alle montagne

Nel dossier di candidatura alle Olimpiadi invernali del 2026 di Milano-Cortina vi sono alcuni passaggi qualificanti, che, qualora recepiti, nonostante la fragilità delle Alpi, avrebbero potuto portare sul territorio un evento internazionale alquanto sostenibile. Le scelte (meglio, le mancate scelte) sembrano invece andare in direzione contraria. Non c’è coinvolgimento della popolazione e trasparenza, il tema ambiente è stato cancellato da ogni agenda. Mentre lo ritroviamo altisonante in ogni comunicato stampa: sostenibilità è un termine abusato, una sorta di prezzemolo politico.

Il documento di candidatura presentava l’appuntamento inserito in una relazione ambientale, sociale ed economica capace di cogliere aspetti importanti da monitorare. Si dovevano delineare gli obiettivi per Milano-Cortina 2026 e affrontarli. Si partiva dalla valutazione della centralità della Regione alpina, per farne un perno delle strategie di sviluppo sostenibile e tutela ambientale. Gli indicatori impiegati per valutare la sostenibilità dei Giochi olimpici e paralimpici, nelle intenzioni anche del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), dovevano portare ad un progetto in grado di essere punto di riferimento degli eventi sportivi del futuro, nel rispetto degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda 2030). Vi si aggiungeva l’impegno inderogabile di una VAS (Valutazione Ambientale Strategica) nazionale per tutte le opere, come richiesto dal Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006.

I tre collegamenti sciistici previsti da Cortina verso Badia,Arabba, Civetta

Per dare risposta a questo programma, in modo particolare alla VAS, si sarebbe dovuto investire in una Commissione ad hoc alla quale concorrevano tutte le Autorità regionali coinvolte nei giochi: Regione Lombardia, Regione Veneto, Province di Bolzano e Trento.

Allora (2018-2019), non c’è dubbio che chi scriveva aveva idee chiare. In presenza di una scrittura tanto dettagliata il mondo ambientalista poteva dormire sonni tranquilli. Nel dossier di candidatura si affermava che in caso di perdita di biodiversità (che andrebbe monitorata prima della costruzione delle opere, prima dell’evento stesso, e poi successivamente), il comitato organizzatore individuava una serie di misure compensative basate su buone pratiche consolidate, anche sulla base di uno specifico programma dedicato alla ricostruzione ecologica. La gestione di Milano-Cortina 2026 e il relativo adattamento al cambiamento climatico, si sarebbero inseriti nei programmi di azione che le città e le regioni ospitanti si dava per scontato avessero già pianificato. Frasi che si stanno rivelando un pesante sonnifero offerto al CIO e mettono in rilievo un territorio da usare in modo spregiudicato solo nella successiva pubblicistica, non certo con pratiche di tutela.

Un tale programma offriva un archivio di dati che avrebbero aiutato tutti i progettisti a ridurre l’impronta ecologica sull’evento e poteva inoltre risultare un indispensabile supporto alla successiva valutazione dei contenuti e delle quantità degli impegni compensativi.

Cosa è stato fatto? A metà 2022 ai temi descritti nemmeno si accenna, sono spariti da ogni calendario, dello Stato, delle Regioni e Province interessate, ovviamente nella stessa Fondazione Milano-Cortina 2026. Gli ottimi propositi da una parte si sono rivelati, come già detto, un pesante sonnifero offerto al CIO e dall’altra sono stati utilizzati in modo spregiudicato solo nella successiva pubblicistica, non certo con pratiche di tutela.

È bene fare un passo indietro, ritornando ai mondiali di sci alpino di Cortina 2021. In una intervista su un quotidiano nazionale la dott.ssa Susanna Sieff, la Sustainability Manager di Cortina 2021, affermava: “La Carta di Cortina (un documento del 2015 approntato dalla Fondazione dei Mondiali 2021 che illustrava gli impegni da affrontare per rendere l’evento sostenibile, n.d.r.) diventerà un esempio per tutte le località di montagna… un’impresa corale... una mappa che traccia il virtuoso percorso per garantire la green economy a un territorio particolarmente votato alla tutela ambientale, senza risultare follemente ambiziosa. La concretezza è infatti un punto chiave di questa impresa”.

Cosa è accaduto? Che sostenibilità e certificazioni internazionali si sono dimostrate operazioni di “smacchiatura”. Le opere di compensazione dei mondiali, riguardanti il minor uso possibile della plastica, il riciclo dei rifiuti al 70% (nelle aree virtuose del nostro paese da anni si viaggia su percentuali vicine all’85%), hanno evidenziato una sola attenzione: compensare la produzione di CO2 dovuta all’appuntamento sportivo. Per fare questo nemmeno si è stati capaci di investire sul territorio ampezzano: 6000 alberi sono stati piantumati sull’altopiano di Asiago (più del 50% dei quali destinati a morte certa), altri interventi di recupero delle emissioni di CO2 hanno riguardato opere di allevamento dei pesci sulla laguna veneziana. Nella azione di compensazione si è cancellato il territorio che è stato danneggiato.

Affrontare la compensazione senza tenere conto del territorio è un'operazione di pura contabilità ingegneristica, come dimostrato dalla Fondazione Cortina 2021: un albero vale un albero, si può emettere CO2 in montagna purché se ne intrappoli altrettanta in sedimenti sotto una lontana laguna. È il principio del mercato dei diritti emissivi, che compra e vende diritti di inquinamento senza cessare di inquinare il territorio in cui risiede. I più forti mettono altri, anche molto lontano, a servizio delle proprie arbitrarie libertà (imperialismo ecologico indiscriminato e discriminatorio). Si tratta di un concetto di economia in cui si fanno solo somme e differenze di quantità e “uno vale uno” sempre e comunque; si può sempre scambiare, comprare, spostare, sostituire, ricreare, ripristinare. Dimenticando ogni danno imposto al territorio interessato dall'evento o dalla infrastruttura.

Chi invece intende la sostenibilità come valore e attenzione al territorio, nel bilancio considera le comunità e i sistemi che ne risultano (socio-economici, ecologici, meteoclimatici) nella loro unicità e peculiarità. È una prospettiva per cui ogni territorio è diverso e prezioso: una tale valutazione richiede attenzione sulla misura degli interventi e dei loro effetti diretti, indiretti e cumulativi. In breve, la sostenibilità senza tenere in conto il territorio è facilmente misurabile, ma è un'operazione inconsistente, esteriore, una contabilità cartacea calcolabile meccanicamente e per parti separate, mentre quella col territorio è strutturale, di provenienza storica e di proiezione al futuro, cosa non facile da propagandare come invece è la prima.

La VAS evitata

Giovanni Malagò

La VAS trova fondamento nella Direttiva europea 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente e in quelle nazionali del Codice dell’Ambiente. Il tema centrale per queste Olimpiadi è che, a causa dei ritardi nell’avvio delle progettazioni di fattibilità delle diverse opere (oltre due anni), si sta spezzettando l'evento in una lunga serie di strutture, tenendole fra loro scollegate. Grazie al commissariamento e all’urgenza, si è così evitata la VAS, obbligatoria per il rispetto delle normative europee e italiane. Su questo tema, prima i comitati locali delle varie vallate, e poi le associazioni ambientaliste nazionali, sono stati chiari verso la Fondazione Milano-Cortina 2026. Ad oggi è assente perfino un minimo di informazione: non si riesce ad avere visione dei progetti, immaginiamoci come risulti possibile chiedere trasparenza, partecipazione diretta, condivisione delle scelte.

Le opere e le spese

Quali sono gli interventi più impattanti? Partiamo dai villaggi olimpici: ne erano previsti tre, poi è stato cancellato quello di Livigno, un altro superfluo rimane a Cortina, uno è stato inventato in corso d’opera e riguarderà la Scuola di Finanza a Predazzo: l’unico che avrà una ricaduta sociale utile è quello di Milano, che già nell’estate 2026 verrà trasformato in studentato. I costi previsti per Cortina sono 35 milioni di euro, con un impatto ambientale devastante che cementificherà la piana di Fiames, per Predazzo oltre 11 milioni, per Milano 99 milioni.

Il tema della mobilità è centrale. Queste si possono definire le Olimpiadi dell’asfalto, un saccheggio programmato delle vallate alpine, a Bolzano come a Belluno e in Valtellina, per una spesa complessiva che supererà il miliardo di euro. Ovunque in assenza di una strategia, di una pianificazione della mobilità intervalliva e dei collegamenti con l’asse del turismo Nord-Sud. Si rincorrono rotatorie in stretta sequenza, pesanti circonvallazioni. Il tutto per soddisfare l’asse delle Confindustrie di Bolzano, Belluno e Trento, che si sono riunite per raggiungere questo obiettivo e quello dei collegamenti sciistici fra diverse aree. E la politica ha accettato il pacchetto, senza tanto ragionarci.

Ci sono opere condivisibili, attese da anni, ad esempio la razionalizzazione dell’alta velocità ferroviaria verso Verona, e sicuramente in val Pusteria la bretella ferroviaria che connetterà direttamente, fra Rio Pusteria e Bressanone, la linea San Candido-Fortezza alla direttrice Verona-Brennero attraverso la val di Riga, un progetto che porterà ad un risparmio di tempo di un quarto d’ora, non poco. Lasciano invece sconcertati gli oltre 300 milioni che saranno investiti in circonvallazioni e rotatorie stradali in Val Pusteria. Come non si comprende perché le Olimpiadi servano da acceleratore verso altre opere stradali, come i collegamenti tra Verona e l’aeroporto Catullo, una spesa prevista di 30 milioni nel terminal dell’aeroporto stesso, le strade in Valtellina (Bormio) o la circonvallazione di Longarone, che da sola costa 250 milioni, e quella di Cortina (oltre 100). Senza contare il potenziamento stradale da Baselga di Pinè verso Fiemme, dove si spenderanno oltre 20 milioni, ammesso e non scontato che la situazione geologica permetta l’intervento.

Quanto alle strutture sportive, per quanto anche recentemente annunciate come già attive per il 93% dal presidente del CONI Giovanni Malagò e dall’amministratore delegato della Fondazione Milano Cortina 2026 Vincenzo Novari, assorbiranno costi impressionanti. Perché non ci si accontenta di sistemazioni dell’esistente come scritto nel dossier di candidatura, ma di vere e proprie nuove strutture.

Un breve elenco. Arno Kompatscher aveva dichiarato fin dal 2019 che lo stadio di Anterselva che ospiterà tutte le gare di biathlon abbisognava di interventi minimi, una spesa di 2 milioni di euro. In realtà tutto verrà ripreso e potenziato e i lavori costeranno 37 milioni. In valle di Fiemme lo stadio del salto di Predazzo e le piste di fondo di Lago di Tesero dovevano impegnare solo pochi milioni di euro. Ma anche qui si vuole strafare, imporre tribune di 5000 posti a sedere: così i costi dei nuovi trampolini sono saliti a 35 milioni di euro e a Lago si spenderanno oltre 11 milioni. Mentre lo stadio di pattinaggio di velocità di Baselga di Piné costerà almeno 47 milioni. Per fortuna la Fondazione Milano Cortina ha imposto al sindaco di Baselga e al Presidente della Provincia Fugatti il ritiro del progetto di finanza dell’Ice Ring dal costo improponibile di 180 milioni. Sì, perché il ritiro del progetto è stato imposto da Milano, non certo dagli uffici di Trento. Si fosse proseguita quella follia, l’amministratore delegato della Fondazione avrebbe imposto il trasferimento di tutte le gare all’Arena di Milano. Ancora oggi non è però detto non accada, visto che si insiste nel proporre uno spazio tribune per 5000 posti a sedere, a Baselga di Piné.

Zaia contro il CIO

La sorpresa più eclatante è arrivata a fine mese, grazie alla consigliera regionale veneta di Verde Europa Cristina Guarda, che ha voluto conoscere quanto il presidente Zaia teneva secretato: la corrispondenza diretta con il Presidente del CIO, Thomas Bach.

La pista di bob e skeleton di Cortina (struttura voluta da Zaia e dal sindaco di Cortina Giampietro Ghedina) non si deve fare - ha sempre affermato Bach fin dal 2020. A detta del CIO si poteva infatti recuperare, come invocato dagli ambientalisti e non solo, quella delle Olimpiadi di Torino a Cesana, abbandonata dal 2011. O meglio ancora, andare a Innsbuck (Igls) che ha appena ospitato una gara di Coppa del Mondo. Ma Zaia voleva il suo gioiello, lo pagava lui - diceva (cioè con soldi della Regione, quindi pubblici): 85 milioni di euro, gestione compresa, pagata a sua volta da trentini e bolzanini con i “fondi di confine”. Invece, complici i ministri leghisti nel governo Draghi e il silenzio assenso degli altri gruppi politici, Zaia è riuscito a farsela pagare interamente dallo Stato.

Bach era uscito allo scoperto già nell’ottobre 2020, quando scriveva a Zaia e alla Fondazione Milano Cortina 2026: “La semplificazione e la pertinenza dei Giochi devono essere un punto centrale per tutti. Bisogna capire se i piani proposti per lo Sliding Centre a Cortina possono portare quell’eredità attesa piuttosto che creare impegni per le generazioni future… Dobbiamo studiare come le efficienze generate dalla mancata costruzione di una nuova pista di bob potrebbero essere usate a beneficio dei cittadini veneti su altri fronti”.

Il baldanzoso Zaia rispose subito, già a novembre: “Confermo l’intenzione di continuare sulla strada imboccata” .

A quel punto (gennaio 2021) interviene il direttore generale del CIO, Christophe De Kepper, con un fulmine: “E’ evidente che le nostre visioni differiscono considerevolmente… Riteniamo che ci siano strutture sufficienti per soddisfare la pratica di questi sport, sia per le gare che per il loro sviluppo”.

Nonostante tanta chiarezza, a gennaio di quest'anno è intervenuto a sostegno di Zaia anche Giovanni Malagò, presidente del CONI, con la sua solita delicatezza da pariolino: “Sapete come si dice a Roma? Abbasta. La nuova pista di bob sarà un fiore all’occhiello”.

Ora, venuta a galla, anche grazie al Fatto Quotidiano, questa corrispondenza, questi attori nazionali sono in difficoltà: il fiore all’occhiello è appassito, o meglio, gettato in discarica nientemeno che dal CIO. Ma nonostante tutto Zaia continua a voler procedere, facendo rischiare a tutta l’organizzazione delle Olimpiadi invernali una figuraccia internazionale.

Altri impegni di spesa consistenti riguardano i collegamenti sciistici nelle zone delle gare: a Livigno si spenderanno più di 30 milioni di euro, altrettanto sarà investito sulla pista Stelvio di Bormio e altri milioni ancora cadranno sulle piste di Cortina, nonostante vi si svolgano solo gare di sci alpino femminili e tutto sia già funzionante: il teatro delle gare dolomitico sarà infatti quello che nel 2021 ha ospitato i mondiali di sci maschili e femminili. Si pensa anche di imporre due opere non previste: ben due stadi del curling, uno sport con pochi federati, dovrebbero sorgere a Cortina e a Cembra in quanto terre natali dei campioni olimpici Sefania Constantini e Amos Mosaner, per una spesa complessiva sui 15 milioni. Ma è possibile, probabile, che anche su queste strutture vi sia l’interessamento del CIO, teso a chiedere sobrietà, evitando cattedrali nel deserto come ripetono i suoi dirigenti. E chissà che anche queste specialità non vengano trasferite a Milano.

Col pretesto delle Olimpiadi

Luca Zaia

In Italia, non appena si annusano grandi quantità di soldi pubblici disponibili, l’appetito non ha più limiti. Gli imprenditori dello sci non potevano lasciarsi perdere l’appuntamento olimpico senza rimettere in vetrina collegamenti che sembravano ormai fuori dalla storia, opere che poco avevano a che vedere con l’appuntamento sportivo. Con la solita scusa della mobilità alternativa, in Dolomiti si sono rilanciati i collegamenti fra Cortina e la val Badia, verso Arabba e l’indecenza massima rivolta al Civetta. Zaia ha già deliberato l’affido dei progetti di fattibilità, garantito la disponibilità di 60 milioni, e nell’impresa è sostenuto da Kompatscher e da Fugatti. In Valtellina si è rispolverato il piano Gassser, il mega collegamento Passo Tonale, Bormio-Livigno, cassato nel 2016 causa i costi insostenibili e oggi ripreso in mano dalla Regione Lombardia, che allo scopo ha promesso oltre 100 milioni di euro.

Le Olimpiadi a costo zero sostenute dai governi Conte e successivamente Draghi (Di Maio e Giorgetti nel 2019: “Lo Stato non verserà un euro”) ad oggi superano la spesa di 3 miliardi. Lo Stato ha stanziato un miliardo e 450 mila euro, altri fondi sono inseriti nei bilanci delle singole Regioni o Province autonome, altri ancora, non si capisce perché, verranno attinti dal PNRR.

Chiudiamo tornando al tema ambientale: è lo stesso CIO che riconosce la necessità della VAS, uno studio già adottato per le Olimpiadi di Torino del 2006, in quel caso un passaggio solo sperimentale. La recente normativa comunitaria ha ribadito come inaccettabile il sistema, tipicamente italiano, di spezzettare un evento in una moltitudine di progetti letti uno ad uno con singole VIA di competenza solo regionale o provinciale. Una VAS, lo dice il nome, è strategica, uno studio multidisciplinare che interagisce in diversi settori e attività. Anche perché obbliga a cercare le migliori soluzioni, collocazioni delle opere in altre località. Si parla della costruzione di due stadi di curling, Cortina e Cembra. Una spesa totale di altri 15 milioni. Per quanti atleti? Si farà la fine della pista di bob quando la Federazione nazionale conta meno di 10 atleti attivi?

Su questi temi le associazioni ambientaliste nazionali, fortemente sollecitate dai comitati territoriali, hanno scritto al CIO una lettera severa. Ci si chiede come possa il CIO sostenere una simile caduta di credibilità da parte italiana, visto che tale comportamento viola la recente Agenda Olimpica del 2020 del CIO stesso. Sul tema, grazie al lavoro di alcuni gruppi, in maggio l’Unione Europea ha aperto una procedura di indagine nei confronti del nostro paese, una notizia sulla quale la stampa nazionale e locale ha preferito mantenere il silenzio.

La promozione bugiarda

Mentre arrivava questa informazione, i dirigenti della Fondazione erano impegnati in un tour promozionale che ha toccato Bolzano, Trento, Verona, Bormio e Cortina, presente quasi tutto lo staff: decine di persone, dirigenti sportivi locali e nazionali, politici e sindaci, ma ovunque non sono stati coinvolti i consiglieri di minoranza dei consigli regionali o provinciali, dimenticate le associazioni ambientaliste e il mondo del volontariato sociale. Solo a Cortina i comitati territoriali sono riusciti ad inserirsi, creando imbarazzo.

Ovunque si sono presentati filmati di gran qualità, a forte impatto emotivo. Ma di nessuna montagna, né lombarda né veneta si è intravista la presenza di una pista di sci o di un impianto di risalita, o si è accennato al desolante abbandono dei trampolini e pista di bob di Cortina (sul cemento crescono muschi e alberelli), o ai fondovalle travolti dal traffico ogni fine settimana. Da persone presenti ai diversi incontri abbiamo una conferma: termini come ambiente e biodiversità, cambiamenti climatici e qualità del turismo non sono nemmeno stati sfiorati. I dirigenti del CONI e della Fondazione invece si sono soffermati sulle Olimpiadi a costo zero. Ma senza spiegare ai presenti che parlavano della sola organizzazione dell’evento, pagata per un terzo dal CIO, un terzo da sponsorizzazioni, un terzo da rientri di diritti televisivi e varie. Non una parola sulle opere, sulle strade, le ferrovie. Tutto è perfetto nella struttura organizzativa, “grazie alla determinazione, al superamento della legacy, all’engagement, alla sostenibilità. E specialmente al marchio che si identifica in Futura, un’impronta leggera, tracciata con un dito e che esplode nei colori dell’aurora boreale, in un cielo che raccoglie inclusività”.

Dopo Milano è possibile che le Olimpiadi invernali si tengano in Catalogna, Barcellona-Pirenei. Visto quanto sta accadendo sulle Alpi, il mondo ambientalista della montagna italiana e catalana si sta organizzando perché questa prospettiva salti prima ancora di mandare il minimo vagito.