Vaia: da disastro a opportunità
Dopo Vaia in tanti territori si è sprecato il legname disponibile: sono le debolezze di una filiera del legno mal strutturata. E' ora di iniziare a vedere le foreste come una ricchezza.
A gennaio 26 associazioni hanno dato vita a un progetto di rilancio, anche naturalistico, degli ambiti forestali e boschivi delle Dolomiti.
Si è partiti dalla consapevolezze che boschi e pascoli rappresentano il cuore valoriale dell’autonomia nelle Alpi, non solo perché coprono oltre il 60% dei territori, ma perché hanno rappresentato fin dal Medioveo il cuore, la motivazione forte dell’autogestione e della necessità di autogoverno, vedasi Regole e Magnifiche Comunità.
Nella articolata discussione che ha permesso la costruzione del documento vi è stata la consapevolezza che nel dopo Vaia le istituzioni hanno perso tempo e opportunità preziose. Troppi territori hanno sprecato una risorsa economica preziosa come il legno svendendola in Austria, in Slovenia e perfino in Cina. Anche in Trentino si è sofferta la debolezza della filiera del legno, l’incapacità di creare valore aggiunto per i territori colpiti, l’abbandono della formazione e della ricerca scientifica. Si tratta di responsabilità che vanno denunciate, specialmente in Regioni e Province autonome ritenutesi autosufficienti.
Si sono ritrovate a discutere su questi aspetti oltremodo tecnici associazioni sociali (ACLI, ARCI, Centro Studi Judicaria e altre), ambientaliste (Mountain Wilderness, Italia Nostra, Legambiente), culturali (Touring Club, Slow Food, Forum trentino per la pace), ma anche le tre confederazioni sindacali, Confindustria Trento, Università.
Nel recupero dei danni di Vaia si è cercata una visione complessiva per offrire alla gestione dei boschi una prospettiva di lungo periodo. Investire in lavoro tramite la strutturazione di una forte filiera del legno, della ricerca scientifica, della formazione nella ricerca di innovativi profili professionali, sostenere una nuova pianificazione delle foreste dedicando più attenzione alla naturalità e alla biodiversità dell’intero ecosistema; un investimento che coinvolgerà in nuove responsabilità, proprietari pubblici e privati, la società civile e - si auspica - la Provincia.
Per fare questo, si è detto, si deve partire dal più esteso simbolo della qualità del territorio alpino, la foresta. Uno scrigno di biodiversità e di legname, ma anche scuola secolare di democrazia decentrata ed autogoverno delle risorse della montagna. Partendo dalle foreste l’intera montagna va rigenerata per far fronte ai cambiamenti climatici e per conservare i beni comuni. Si lavorerà per costruire un tavolo di lavoro permanente, sostenere un laboratorio di approfondimento e proposta. Le foreste e i pascoli possono essere un luogo attivo di partecipazione e azione grazie a una campagna di ascolto dei territori e alla costruzione di linee guida e la definizione di buon pratiche che saranno sottoposte alla condivisione delle istituzioni, degli imprenditori e delle organizzazioni sindacali.
L’iniziativa coglie un contemporaneo impegno dell’Unione Europea: proprio in questi giorni si sta discutendo una nuova proposta di regolamento della gestione delle foreste, “Regulation on de forestation –free products”. Non si tratta solo di sostenere una lotta al commercio di legno illegale, ma anche di dare risposte certe alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e a sostenere una gestione più attenta e unitaria delle foreste europee.