Elezioni: Trento assediata dalle valli
La mezza sconfitta dell’(invincibile?) centro-sinistra trentino e il suo nuovo, difficoltoso rapporto con il territorio. La mezza vittoria del centro-destra, e il suo problematico rapporto tra traino nazionale (ma Berlusconi è anche un handycap) e realtà locale.
Le elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 hanno dato, in Trentino, molto spunti di riflessione interessanti. Come nel 2001, il Trentino dimostra di essere una "isola felice" per il centrosinistra in un Nord Italia sostanzialmente favorevole al centrodestra. L’Unione in regione (Svp a parte) è riuscita a far eleggere quattro deputati e due senatori contro i tre deputati e due senatori del centrodestra. Le elezioni sono quindi state vinte dal centrosinistra. L’Ulivo si conferma il primo partito della provincia, aggiudicandosi una percentuale di consensi di poco superiore al 30 per cento, raccogliendo, nella sostanza, il 60 per cento dei consensi della coalizione di centrosinistra. Nel centrodestra, Forza Italia supera il 20 per cento dei consensi, Alleanza nazionale si aggiudica il 9 per cento circa dei voti e l’Unione dei democratici di centro e la Lega Nord il 7,8 per cento.
Ciononostante, le elezioni politiche ci consegnano un Trentino forse un po’ diverso rispetto a quanto ci saremmo aspettati e, soprattutto, si sarebbero aspettati i leader locali del centrosinistra. I risultati delle ultime tornate elettorali (soprattutto le Provinciali del 2003 e le Amministrative del 2005) avevano contribuito a diffondere aspettative di un maggior successo per l’Ulivo, cosa di fatto non avvenuta. Di più, nelle ultime elezioni politiche si è registrato un successo del centrodestra in una qualche misura inaspettato.
Elezioni politiche 2001 | Elezioni politiche 2006 | |||
Camera, proporzionale | Camera, proporzionale | |||
Partito | % | Partito | % | |
Democratici di sinistra | 14,6 | L’Ulivo | 30,0 | |
La Margherita | 16,7 | Federazione dei Verdi | 2,6 | |
Il Girasole | 2,3 | Rifondazione comunista | 4,5 | |
Comunisti italiani | 0,7 | Comunisti italiani | 1,4 | |
SVP | 6,0 | SVP | 5,0 | |
Rifondazione comunista | 3,9 | La Rosa nel Pugno | 2,3 | |
Lista di Pietro | 5,9 | Lista Di Pietro | 1,2 | |
- | - | Pensionati | 1,2 | |
Totale centrosinistra | 52,6 | Totale centrosinistra | 50,1 | |
Forza Italia | 25,4 | Forza Italia | 23,1 | |
Alleanza nazionale | 8,7 | Alleanza nazionale | 9,3 | |
CCD-CDU | 3,7 | CCD-CDU | 7,8 | |
Lega Nord | 6,6 | Lega Nord | 7,8 | |
Pannella-Bonino | 2,5 | Fiamma tricolore | 0,6 | |
Abolizione scorporo | 0,1 | Alternativa sociale | 0,5 | |
- | - | DC-Nuovo PSI | 0,3 | |
Totale centrodestra | 44,5 | Totale centrodestra | 49,7 | |
Democrazia europea | 2,9 | Di Freiheitlichen | 0,2 |
Sulla mezza sconfitta del centrosinistra e sulla mezza vittoria del centrodestra occorre aprire una riflessione. Desidero qui evidenziare alcuni elementi per un dibattito che dovrebbe vedere coinvolti i due schieramenti, a cominciare da quello di centrosinistra.
Il centrosinistra. Mi sembra vi siano due punti essenziali sui quali il centrosinistra dovrebbe riflettere. Il primo punto è che l’Ulivo viene fuori da queste elezioni ridimensionato, passando da un vantaggio di più di 8 punti percentuali ad uno di 0,4 punti.
Il 30 per cento dei voti è un risultato sensibilmente al di sotto della media dei voti ottenuti dall’Ulivo a livello nazionale (31,3 per cento) e al di sotto anche della somma dei voti ottenuti da DS e Margherita nelle politiche del 2001 (-1,3 per cento).
Questo dato è interessante prima di tutto per il fatto che a livello nazionale l’Ulivo ha mostrato di ottenere più consensi della semplice somma dei voti dei due partiti (31,3 per cento contro 28,1 per cento).
E’ probabile che questo risultato non lusinghiero sia stato favorito da due contingenze nazionali: una campagna elettorale tanto accesa nei toni quanto sterile nei contenuti che, riducendo le elezioni ad un referendum sulla figura del premier uscente Silvio Berlusconi, ha contribuito a bipolarizzare l’elettorato trentino più su linee nazionali che non su specificità territoriali; e poi un sistema elettorale che ha favorito un certo logoramento nel rapporto tra gli elettori e gli eletti, portando alla luce le difficoltà del processo di selezione delle candidature su cui già molto è stato detto (tra gli interventi più lucidi, si veda l’articolo di Michele Guarda su QT dell’11 marzo Candidati a sinistra: storia di pistole, cavalieri e pirati della strada) e una certa mancanza di autonomia dei partiti locali da quelli nazionali. E’ stato difficile per gli elettori del centrosinistra capire i motivi per cui sono stati coinvolti nella scelta del candidato premier attraverso le primarie dello scorso ottobre e per cui sono stati esclusi dalla definizione delle liste elettorali.
Siamo alla fine del sostegno dell’Ulivo in Trentino? Non credo. Ma appare evidente come l’Ulivo trentino riesca ad ottenere più ampi successi qualora si mostri in grado di non omologarsi con la politica nazionale e di meglio rappresentare gli interessi territoriali.
I partiti trentini sono condannati ad essere un po’ come un Giano bifronte, con una faccia che guarda alla politica nazionale e una che guarda alla politica locale. La stessa persistenza della Democrazia Cristiana nella nostra Provincia fino alla metà degli anni Novanta (e quindi dopo la fine del partito a livello nazionale) è stata ricondotta alla capacità di questo partito di rappresentare interessi territorialmente collocati (vedi in proposito Brunazzo-Fabbrini, La geografia elettorale: l’egemonia democristiana, in Leonardi-Pombeni , Storia del Trentino. L’Età contemporanea. Il Novecento, il Mulino, 2005, pp. 255-280).
Un nuovo soggetto politico del centrosinistra, quindi, non può prescindere da queste considerazioni.
Il secondo motivo di riflessione per il centrosinistra riguarda il suo rapporto con i centri urbani e la periferia. L’Ulivo si afferma nelle città (Trento e Rovereto) ma perde consensi nelle valli di Non, Sole, Fassa e Fiemme, così come nella Valle di Cembra e nella Piana Rotaliana.
Si tratta di valli fortemente produttive, la cui mancanza di consenso al progetto del centrosinistra difficilmente può non essere considerata un messaggio anche per la politica locale. Nei giorni seguenti le elezioni, un’interessante inchiesta apparsa sul Corriere del Trentino fra il 13 e il 16 aprile, sviluppata in una serie di articoli da Enrico Orfano ha mostrato la preferenza degli elettori delle valli per candidati in grado di promuovere gli interessi dei territori e la preoccupazione per le scelte economiche del centrosinistra a livello nazionale (abolizione della legge Biagi, introduzione della patrimoniale e della tassa di successione…).
Il centrosinistra nazionale e trentino deve quindi riavviare un dialogo con le diverse zone della provincia e con elettorati diversi, quello più progressista delle aree più industrializzate e quello più moderato delle aree periferiche.
Il centrodestra. Parallelamente, proprio il consenso ottenuto nelle valli dovrebbe costituire per il centrodestra un motivo di riflessione. Esso testimonia, infatti, l’esistenza di un potenziale di crescita per un progetto alternativo a quello dellaiano anche in vista delle elezioni provinciali del 2008. Capire come questo potenziale che emerge in occasione delle consultazioni nazionali possa essere conservato e "sfruttato" anche in elezioni a carattere locale è la principale sfida che attende la Casa delle libertà.
In effetti, rispetto al 2001, la Casa delle libertà guadagna circa il 4 per cento in più dei consensi. Dalle urne esce un po’ ridimensionata Forza Italia, che sembra aver pagato alcuni accenti populisti del suo leader nazionale che mostrano scarsa presa sull’elettorato trentino.
Sebbene nelle elezioni a carattere nazionale Forza Italia abbia sempre goduto della capacità di mobilitazione di Berlusconi, nelle elezioni politiche del 9 e 10 aprile il suo consenso registra un leggero calo (-2,3 per cento), a favore principalmente dell’UDC, premiata anche sul piano nazionale da una strategia di differenziazione da Berlusconi. Negli ultimi mesi, da politico di lungo corso qual è, il coordinatore regionale Mario Malossini non ha mai nascosto la necessità di radicare Forza Italia nel territorio differenziandolo dal partito nazionale. Sarà molto interessante vedere se questa strategia porterà alla nascita di una federazione dei moderati (o dei moderati e autonomisti).
In conclusione, molti sono gli scenari aperti dalle ultime elezioni, sia a livello nazionale che a livello locale. La capacità di interpretarli e di dare loro una risposta sarà misura della qualità della nostra classe dirigente.