Giovani in politica: idealità e carriera
Come ogni organizzazione, la politica avrebbe tanto bisogno di innovazione. Ma che ruolo riescono ad avervi i giovani? Le identità, esistono ancora? Inchiesta tra i giovani impegnati nei partiti: il rinnovamento, gli obblighi di fedeltà, il ricambio generazionale.
Una generazione che non ha più niente da dire, titolavamo l’editoriale dello scorso numero. Parlavamo della caduta di identità e tensione ideale nella politica locale, la politica come corsa ai posti e ai soldi, come esemplificato dalle ultime vicende della sinistra trentina, che in Consiglio Provinciale fa ormai passare di tutto, e per soprammercato i consiglieri si appropriano dei soldi che dovevano versare al partito. Una generazione che, persi gli antichi punti di riferimento, galleggia nell’opportunismo personale. "Dobbiamo sperare nei trentenni" - concludevamo.
E’ lecita questa speranza? Nei giorni scorsi, sul Corriere del Trentino, il preside di Giurisprudenza prof. Roberto Toniatti, non sappiamo se sollecitato dal nostro interrogativo, affermava: "Temo i giovanissimi politici, hanno una pessima scuola e non possono che peggiorare lo stato dell’arte".
Di questi temi - idealità nei partiti, ruolo dei giovani nel portare nuove idee, come avviene il ricambio generazionale - abbiamo parlato con alcuni giovani fortemente impegnati in politica: Franco Ianeselli, 26 anni, addetto stampa e nella segreteria della Cgil; Nicola Polito, anch’egli ventiseienne, dottorando in Studi Giuridici e collaboratore per la scrittura di disegni di legge e mozioni al gruppo della Margherita; Andrea Grosselli, 33 anni, segretario del sindaco di Trento Alberto Pacher; Michele Guarda, 36 anni, segretario della vicepresidente della Giunta provinciale Margherita Cogo. Nelle pagine successive allarghiamo il confronto all’altra generazione (Le utopie giovanili viste dai senatori), intervistando l’on. Alberto Robol (Dc-Ulivo) e l’ing. Rino Sbop, già segretario provinciale del Pci. Ci rendiamo conto di aver ristretto la nostra indagine all’ambito del centro-sinistra; è un limite, lo sappiamo, ma purtroppo non vediamo nel centro-destra trentino alcuna elaborazione significativa.
Dunque, il tema dell’identità politica, che ogni forza deve darsi, per caratterizzarsi, magari come semplice rappresentante di uno o più gruppi d’interessi. E che diventa idealità quando si cerca di comporre gli interessi in un progetto complessivo, per avanzare l’insieme della società. Nella politica trentina, c’è tutto questo?
"Quando alle scorse provinciali Dellai pretese l’espulsione di Luigi Casanova dalle candidature dei Ds - ci dice uno dei nostri interlocutori - e per i Ds, per una questione di dignità, si pose il problema se proseguire nell’apparentamento con Dellai (Dellai schianta la sinistra), metà dei candidati diessini dissero ‘allora non mi candido più, se è per stare all’opposizione’. Questo vuol dire che non c’è il partito, la finalità comune, l’identità collettiva".
E non solo la sinistra, anche la Margherita ha problemi: "Quando per tenere insieme una coalizione si chiede a un esponente del proprio partito di fare un passo indietro - afferma Nicola Polito, evidentemente riferendosi al sindaco di Rovereto Maffei (vedi Rovereto: la crisi del centrosinistra)- e questi risponde che candida per conto suo, beh allora vuol dire che il partito non è autorevole".
Questa crisi viene fatta risalire a un insufficiente legame con la società. "La società cambia rapidamente, e la politica non riesce a starle dietro - dice Michele Guarda - C’è la precarizzazione del lavoro, ma il mutuo della casa te lo danno solo se hai il posto fisso; c’è la flessibilità, e gli asili nido sono organizzati per chi ha orari standard, ci sono le coppie di fatto, ma si ragiona come se ci fosse solo la famiglia di un tempo. La politica è vecchia rispetto alle esigenze della società, la sinistra ragiona ancora con tante categorie marxiste, la Margherita con quelle della Dc dorotea, la destra non esiste. Questo crea prima la distanza dalla politica, poi la delusione."
"Il sindacato, pur con tutte le difficoltà, può considerarsi un’istituzione in buona salute - afferma Franco Ianeselli - Per il contatto continuo con la società, perché i nostri uffici sono frequentati dalla parte più disagiata della popolazione, cui dobbiamo continuamente rendere conto. Questo fa la differenza: siamo un’organizzazione pesante, coi piedi piantati per terra; il che ha dei vantaggi rispetto a quelli, leggeri, che si librano in aria, e ogni 5 anni cercano un ancoraggio. E proprio sul lavoro, sulla precarietà abbiamo avuto in questi anni una vivace polemica con la sinistra trentina, assolutamente distratta (a differenza di quella nazionale, che - dopo essere stata risvegliata a suo tempo da Cofferati e dai 3 milioni a Roma - dimostra ora, nei Ds e con Prodi, la dovuta attenzione). Finora (si spera che col nuovo segretario dei Ds trentini le cose cambino) non si capisce su temi come il lavoro quale sia il valore aggiunto della sinistra in Giunta".
Insomma, una società che cambia e una politica che, disancorata, non le sta dietro. Di qui la carenza di proposte capaci di indicare finalità comuni, che è il solo modo, per un’organizzazione, di acquisire autorevolezza. Eppure ricordiamo fior di convegni (sul traffico o sul turismo per esempio) che fornirono indicazioni accolte con fervore dai politici, ma poi regolarmente disattese, con l’interesse particolare, del funiviario o dell’asfaltatore di turno, a prevalere su quello generale.
"E’ ancora un discorso di arretratezza culturale - risponde Guarda - In Trentino la sinistra ha in cuor suo interiorizzato il convincimento che lo sviluppo economico è contrario all’ambiente. Per cui, invece di proporre uno sviluppo nuovo, moderno, propone solo limiti al vecchio sviluppo. Invece di essere modernizzatrice fa la parte dei conservatori, che vorrebbero bloccare tutto. E quindi, logicamente, perde".
Parzialmente in disaccordo è Andrea Grosselli: "Un dibattito c’è. E quando si riconducono le scelte a una visione generale, gli esiti sono positivi. Porto l’esempio dell’inceneritore: tra Ds e Margherita, al Comune di Trento, le divergenze c’erano, si è discusso molto e si è reimpostata tutta la politica dei rifiuti, fino ad arrivare a proporre l’Opzione Zero (riciclo totale, n.d.r.). Abbiamo visto l’efficacia del confronto tra le culture, della collaborazione tra istituzioni e società, con i funzionari comunali che si sono messi a lavorare con i giovani ambientalisti per lanciare la Giornata del Riuso, che istituzionalizzzeremo con il Capannone del Riuso, dove tutti possono portare cose per permetterne il riutilizzo".
Il discorso dell’inceneritore riguarda proprio i rapporti con la società. Se infatti ora (timidamente) si inizia a metterlo in discussione, è perché nella società alcuni esagitati han dato vita a Nimby, un’associazione, esecratissima nei Palazzi, che ha condotto una dura, intelligente battaglia, prima isolata e poi sempre più partecipata (Adesso l’ambiente è una emergenza); i cui contenuti sono arrivati anche dentro i partiti. "E’ questo un esempio della permeabilità di una forza politica come la Margherita - afferma Polito - Noi giovani e il consigliere Viganò, sui rifiuti abbiamo condotto una battaglia, presentato mozioni, fatto discutere: ora ne parla, ufficialmente, anche Dellai. Bisogna capire: in un’organizzazione articolata, con gente che proviene da diversi territori, con culture diverse, arrivare a una sintesi è un processo lungo, magari contrastato, con dibattiti fino alle urla. Ma si discute di tutto, anche delle posizioni di Dellai".
Polito può ora vantare il nuovo ascolto sulla questione rifiuti. Eppure ricordiamo quando, su questo ed altri temi presentò con altri giovani, al congresso della Margherita (La Margherita, fra il dire e il fare), una interessante mozione, subito liquidata dai maggiorenti con un triste sorriso di condiscendenza: "I giovani, si sa, sono giovani...".
Perché questo è il problema: ogni organizzazione, dall’azienda al circolo culturale, ha periodicamente bisogno di nuove idee, di nuove visioni, che possono venire soprattutto dalle nuove generazioni. La politica, quanto è permeabile ai giovani?
"C’è stato un biennio magico, dal 2001 (i fatti di Genova) al 2003 (la guerra in Irak) passando per la mobilitazione sull’articolo 18 (Roma: le emozioni e le ragioni ) - risponde Ianeselli - Ha significato per una generazione un grande impegno, una mobilitazione che dalle manifestazioni è passata al piano della cultura e del volontariato: sui temi della pace, dei diritti, della precarietà del lavoro e quindi della vita, della coerenza etica tra mezzi e fini. Questa è una generazione non anti-politica, ma che chiede una diversa politica. Finora è riuscita ad investire, rinnovandola molto, Rifondazione Comunista (e in effetti si vede, n.d.r.). Altre organizzazioni - Ds e Margherita - hanno solo fagocitato qualche elemento. Vedremo nei prossimi mesi se si opererà una congiunzione più significativa".
"Questo è un mio cruccio: - nota Polito- non riuscire a coinvolgere la grande maggioranza dei miei coetanei in questa mia passione civile per la politica. C’è questa retorica della politica come cosa sporca, che rischia di confinare una generazione alla cultura del Grande Fratello. Eppure, insisto, gli spazi ci sono: nel nostro documento congressuale noi giovani abbiamo posto il problema della precarietà del lavoro; e in seguito a quello siamo riusciti a far poi passare in Consiglio Regionale la copertura previdenziale per i lavoratori atipici".
La politica "cosa sporca" è un problema culturale (o dato storico?) che evidenzia pure Grosselli, che peraltro concorda anche con Ianeselli: "Oggi da parte dei giovani c’è un grosso impegno, ramificato nella società: gli studi universitari, l’Erasmus, gli scambi di esperienze costruiscono crescita personale, che si traduce in un elevato senso civico. Poi queste energie spesso in Trentino confluiscono nella rete dell’associazionismo, piuttosto che nella politica, che non gode di grande considerazione. Ma va bene lo stesso: se c’è una società civile forte, con dentro la presenza attiva dei giovani, la politica è in grado di condizionarla".
E come funziona il ricambio generazionale dentro le forze politiche? Anche questo è un problema in tutte le organizzazioni, dalle aziende, familiari e non, fino ai regni, con i principini ormai sessantacinquenni, consumatisi nell’attesa del proprio turno. E, ripetiamolo, il ricambio non è solo questione anagrafica, è anche circolazione di nuove energie e idee.
"Il ringiovanimento viene continuamente evocato, ma rarissimamente praticato - ci dice Ianeselli - D’altronde puntare su un giovane, invece che su un dirigente collaudato e prossimo alla pensione, è un investimento, ma anche un rischio. E si preferisce non correrlo. Porto ad esempio invece il sindacato trentino degli anni ’70: allora si mettevano nei direttivi i giovani di Lotta Continua, che contestavano la linea. Ma crescevano, loro e l’organizzazione. Quello era un momento positivo.
Altrimenti hai il giovane che è un clone, una brutta copia del dirigente, e si instaura una dinamica al ribasso, con ogni generazione più modesta della precedente. Perché le organizzazioni hanno meccanismi talora brutali, ed è facile che chi governa misuri il giovane con il metro della fedeltà piuttosto che della capacità. Fortunatamente, nel sindacato l’antidoto è strutturale: i giovani delegati sono sì assunti dall’organizzazione, ma hanno i rapporti con le fabbriche: sono gli operai che li confermano o meno".
"Sì, si richiede la fiducia, anche personale - afferma Polito - Però ho notato che si richiede, a partire da Dellai, anche la capacità, di portare idee, di saper fare sintesi, di dire cose ragionevoli. E’ come all’Università: ognuno si presenta come allievo del tale o del talaltro docente, però ‘allievo di’ lo si diventa per capacità".