Una generazione che non ha più niente da dire
Fallita nel ruolo di interdizione, incapace di proporre, la sinistra trentina è allo sbando; e i singoli si aggrappano alla poltrona. Forse i trentenni...
Non riteniamo cosa marginale, o nota di colore su cui sorridere, quanto accaduto in questi giorni e da noi ripreso nello scorso numero (Il profumo dei soldi): la decisione di consiglieri e assessori Ds di aumentarsi lo stipendio a spese del partito. Aveva ragione la destra: era insopportabile la presunzione di esponenti e militanti di sinistra di ritenersi eticamente migliori, gli unici puri. Ma ora siamo arrivati allo smarrimento di ogni orizzonte ideale, quello che conta sono i soldi che ti arrivano in tasca, del partito, cioè dello strumento complessivo: una volta che ti ha fatto eleggere, chi se ne frega.
A questa amara conclusione (parliamo del livello locale, a quello nazionale l’avvento di Berlusconi ha provocato altre dinamiche) arriviamo considerando non solo l’episodio in questione, o i tanti casi di opportunismo personalistico registrati in questi anni; ma perché registriamo una sorta di resa incondizionata sui temi programmatici. All’interno della coalizione di centro-sinistra, una delle due polarità - la sinistra appunto - secondo noi ha semplicemente smesso di funzionare. Vediamo meglio il discorso, che va opportunamente articolato.
Il primo tema in questione, è quello dell’ambiente. Secondo noi qui la Caporetto è totale. Per due motivi. Il primo, più evidente, è la fine del ruolo di interdizione tradizionalmente svolto dalla sinistra, in simbiosi con l’ambientalismo. Ricordiamo le tappe di questa rotta: nell’estate del 2000 la sinistra dà il via alla Jumela "per poter dire di no al collegamento Pinzolo-Campiglio"; alcuni mesi dopo dà il via alla Pinzolo-Campiglio inventando come motivazione la costruzione di una super-pista da Coppa del Mondo che avrebbe riqualificato l’intero turismo della Rendena, salvo poi scoprire che la super-pista non è realizzabile; di qui la frana, arrivata ultimamente all’autorizzazione agli impianti in Val della Mite in zona valanghiva, e a Daolasa 1400, in zona a rischio geologico ma passibile di futuro sfruttamento edilizio (invece dell’alternativa Daolasa 1600, in zona sicura ma non sfruttabile per villaggi in quota). "Oramai erano tutte partite chiuse, con l’approvazione nella scorsa legislatura della Variante al Pup" - è la penosa giustificazione.
Secondo noi la verità è cruda: la sinistra non ha più voglia né possibilità di opporsi a Dellai. La linea del contenimento delle proposte economicamente assistite ed ambientalmente impattanti è stata travolta. Il prossimo sì sarà alla PiRuBi: a meno di contraddizioni interne al progetto stesso, non certo per l’opposizione di sinistra, a questo punto fastidiosa, ma sostanzialmente irrilevante.
Questo però - il fallimento della politica del freno, dei no - è solo il primo aspetto. "Il nostro compito non è dire dei No a Dellai, ma dire dei sì; non interdire, ma proporre" - era stato lo slogan con cui l’ala governativa dei Ds aveva salutato l’avvio della legislatura. Solo che questi sì non si vedono.
Non si vedono indicazioni per il nuovo turismo, che dovrebbe affiancare (se non sostituire) quello degli impianti a fune, ormai arrancante, come affermano tutti gli esperti. Non si vede l’opzione ferroviaria, che dovrebbe sostituire la prevalenza della gomma, ormai ingestibile: il povero ing. Salvati, già a capo dei relativi progetti in Provincia, si sbraccia in convegni e dibattiti a ribadire la necessità e praticabilità di tale scelta (La logica del ferro, la consuetudine della gomma), ma è vox clamans in deserto.
L’alternativa al costoso e insalubre incenerimento, la raccolta differenziata spinta, le più moderne imprese di riciclo, è un clamoroso sì che viene invocato dai cittadini, da organizzazioni spontanee come Nimby, da alcune amministrazioni comunali, non dalla sinistra ufficiale che è riuscita ad espungere la parola inceneritore dalla prima bozza di programma del sindaco Pacher. Questo è il secondo aspetto: di sì non ce ne sono, probabilmente per il timore dello scontro con i niet dellaiani.
Anzi, c’è di peggio: un atteggiamento di partenza negativo rispetto alle proposte innovative dello stesso Dellai. Il quale, con tutti i suoi difetti, il problema dell’innovazione se lo pone. Ma si ritrova una sinistra che ostacola, come nel caso della pregiudiziale opposizione alla riforma della Ricerca (che peraltro fa il paio con tutte le costanti, precostituite opposizioni degli scorsi anni a ogni progetto di riforma dell’Istruzione). Insomma, si ripropone il quesito: una tale sinistra a cosa serve?
Questo interrogativo riteniamo lo abbiano interiorizzato gli stessi eletti, che si sono dati una ben triste risposta: la sinistra non serve a niente, vediamo di coltivarci la poltrona. Di qui percorsi biografici finanche patetici: militanti del Pci degli anni duri, ora ridottisi a zerbini del potere.
Probabilmente è una questione culturale/anagrafica.
Chi ha vissuto gli anni della contrapposizione ideologica, della certezza di rappresentare il sole dell’avvenire, senza più gli antichi riferimenti si smarrisce. E come unico obiettivo trova la poltrona, e i soldi.
Ci sembra di vedere una generazione allo sbando, gli attuali cinquantenni, che invece dovrebbero dare il meglio, come esperienza ed equilibrio.
Ed ecco la sinistra oggi ridotta a sperare nei trentenni. Sempre che, in questo clima, non si rovinino anch’essi.