Né con Al Qaeda , né con gli Stati Uniti?
Un articolo del prof. Piergiorgio Odifreddi sull’ultimo numero di Micromega (4/2003, pag 89) offre lo spunto per qualche riflessione.
Egli ricorda che il 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Aldo Moro e del massacro della sua scorta, solo Moravia e Sciascia ebbero l’audacia di dichiararsi "né con le Brigate Rosse, né con lo Stato" . Secondo Odifreddi il PCI avrebbe dovuto prendere la stessa posizione. Il non averlo fatto portò all’appoggio esterno al governo Andreotti, alla stagione dei governi di unità democratica e infine alla emarginazione del PCI appena due anni dopo, quando la DC superò la crisi.
Si tratta di una tesi paradossale, perché la mancata difesa dello Stato democratico avrebbe portato alla guerra civile, e nel peggiore dei casi, alla distruzione della democrazia. Probabilmente ci saremmo ritrovati in uno Stato autoritario. Con un paragone acrobatico Odifreddi ricorda che dopo l’11 settembre 2001 nessuno disse: "Né con Al Qaeda né con gli Stati Uniti". Anche in questo caso, secondo l’autore, ci sarebbe stata mancanza di coraggio dell’intero mondo occidentale, che evidentemente non avrebbe dovuto schierarsi né con Al Qaeda né con gli Stati Uniti. Aver rifiutato questa posizione ha portato alla presidenza imperiale di Bush e a due guerre preventive contro l’Afghanistan e contro l’Iraq.
Si tratta anche in questo caso di una tesi paradossale. La scelta tra terrorismo e Stati Uniti era inevitabile, pena la vittoria del primo. Gli Stati Uniti sarebbero rimasti isolati dall’Europa e il terrorismo si sarebbe sentito indirettamente spalleggiato dal resto del mondo, in particolare da quello islamico. Il gigante isolato si sarebbe sentito tradito e avrebbe potuto avere reazioni imprevedibili e sconvolgenti. Lo scenario più probabile sarebbe stato quello della guerra di tutti contro tutti, e il mondo sarebbe precipitato nel caos più totale.
Il punto quindi non era schierarsi con gli Stati Uniti, ma come, in che modo, con quali punti fermi. Tutti ormai sono convinti che la guerra contro l’Iraq è stata un atto di irreparabile follia. Proprio per questo l’errore più grave è stato l’appoggio acritico alla strategia di Bush, con l’eccezione per fortuna di una buona parte del mondo (Francia, Germania, Russia e Cina).
Con la loro errata condotta gli Stati Uniti si sono ficcati in un vicolo cieco: l’attuale situazione in Iraq lo dimostra.
Che fare? Bisogna ristabilire l’unità dei paesi democratici, riportare la questione irachena sotto il comando dell’ONU, ritirare le truppe americane e inglesi, affidare agli iracheni il governo del loro Paese.
E’ un percorso difficile, arduo da ingoiare per gli Stati Uniti. Occorre inoltre che l’opposizione alla guerra in Iraq, che ha costituito un formidabile momento di aggregazione politica mondiale delle forze democratiche, abbia un nuovo soprassalto.
Per quanto riguarda l’Italia, il vero peccato della sinistra, secondo Odifreddi (e con lui concordo), è stata la vergognosa partecipazione alla guerra in Kossovo (madre delle due guerre successive, combattuta fra l’altro con vere e proprie azioni di terrorismo chimico, come il bombardamento del complesso petrolchimico di Poncevo): una guerra decisa unilateralmente dalla NATO e anch’essa effettuata, come la successiva in Iraq, senza alcun mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Per riacquistare credibilità nei confronti del movimento pacifista internazionale, la sinistra dovrebbe sconfessare il suo vergognoso interventismo bellico in Kossovo, riaprendo la strada al rispetto del diritto internazionale.