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In sintonia con la popolazione

La guerra con l'Irak: vista da sinistra.

Questa volta, se Sparta piange, Atene ride. Se la guerra dilania la destra, unifica invece la sinistra. Che si trova, forse inaspettatamente, un tema su cui entra in sintonia con la grande maggioranza della società, come indicano i sondaggi.

Anzi, di più. E’ la società, attraverso le sue tante articolazioni, a spingere sulle rappresentanze politiche, a porre in primissimo piano un tema, la guerra in un lontano paese, la cui rilevanza non era così scontata.

"Riscontriamo un’attenzione molto, ma molto forte – ci dice Franco Janeselli, della Cgil – Nelle assemblee sindacali, quando si parla di guerra c’è subito una grande attenzione, soprattutto tra i giovani ma anche tra gli anziani, sia operai che impiegati."

"Argomenti come la pace, negli anni scorsi non li proponevamo neanche al di fuori delle città – afferma Luigi Casanova, del Forum della Pace – Oggi in qualunque paese del Trentino, anche nelle case più sperdute, trovi bandiere della pace; da Predazzo, da Pozza, le cooperative ci telefonano che hanno finito le bandiere. Ci troviamo di fronte una realtà che non ci immaginavamo."

"Nelle autogestioni, come nelle normali assemblee d’istituto, l’argomento pace è una priorità – ci dice Andrea Trentini, di Lilliput – Troviamo negli studenti un approccio quanto mai positivo: piuttosto che il contradditorio tra due posizioni antagoniste, preferiscono l’approfondimento dei problemi; passando dalla guerra, al petrolio, alle diseguaglianze mondiali, alla società dei consumi; o dalle manifestazioni al senso della partecipazione democratica ecc."

L’unilateralismo di Bush, quella che viene percepita la tracotanza da superpotenza unica, sembra aver compattato un’area di opinione che prima era frastagliata: "ora troviamo con noi gente che magari era a favore della prima guerra contro l’Iraq, o dell’intervento in Kossovo, o di quello in Afghanistan".

Anche se il dibattito interno è molto vivace. Sul ruolo dell’Onu: si deve essere "per la pace senza se e senza ma" come sostengono pacifisti, Acli, Cgil e no-global (che su questa piattaforma hanno indetto la prossima grande manifestazione nazionale del 15 febbraio)? Oppure, un avvallo alla guerra da parte dell’Onu, la legittimerebbe, come con esitazioni sembra sostenere una parte dei Ds, e la Margherita?

Sull’Europa: deve puntare ad essere una seconda forza, militarmente pesante, in grado così di controbilanciare la superpotenza unica (opzione Chirac), oppure deve essere un’Europa mediatrice, ponte verso il mondo islamico, come sostiene gran parte della sinistra socialista, comunista e verde europea (l’europarlamentare Messner nei prossimi giorni andrà in Iraq, a fare da scudo umano).

Sulla politica di difesa: bisogna sviluppare un esercito proprio, in grado di fronteggiare al meglio situazioni di polizia internazionale; oppure occorre puntare ai civili senza armi, che nelle situazioni di pre-crisi svolgono operazioni di diplomazia diffusa, per prevenire i conflitti, invece di essere sempre costretti a intervenire armati per spegnerli? (A questo proposito è stata promossa dalla Rete di Lilliput una campagna per la nonviolenza attiva per promuovere iniziative di formazione e sostegno a interventi di diplomazia diffusa nelle situazioni di pre-crisi: non è il caso di Saddam, ma poteva essere quello del Kossovo, o della Bosnia, o del Ruanda...)

In questo contesto si assiste a un protagonismo del mondo cattolico: fianco a fianco alla sinistra. Le Acli lavorano assieme alla Cgil, e perfino articolazioni ufficiali della Curia come la Commissione diocesana Giustizia e Pace non hanno problemi a rapportarsi con i no-global. La comunione d’intenti tra le associazioni ha superato nei fatti, e da mesi ormai, diffidenze ataviche.

Parallelamente hanno trovato nuova linfa i no-global. Dopo il successo di Firenze rischiavano il riflusso tipico dei movimenti. Invece la guerra di Bush ha portato nuove ragioni: lo slogan "Un altro mondo è possibile" sembra essere diventato più impellente.

[/a]"Ma ci siamo anche dati obiettivi più concreti e vicini, pur all’interno della stessa logica complessiva – ci dice Donatello Baldo, a suo tempo tra i promotori dell’occupazione dell’ex-Zuffo – La priorità è l’opposizione alla guerra. Ma da lì discende anche l’attenzione al fenomeno migratorio (e noi lavoriamo sia sui migranti sia nella denuncia della legge Bossi-Fini); all’emarginazione sociale (e abbiamo un gruppo che si occupa dei senza tetto); e all’inquinamento, locale e globale (e un gruppo segue la questione inceneritore)."

Questo il complesso, articolato movimento, che si è sviluppato: dallo scorso anno a Genova, poi a Firenze, alla guerra di Bush. Trovando sempre maggiore attenzione nella popolazione.