Le inutile bombe contro il terrorismo
L’attacco militare contro l’Afganistan è cominciato e si sviluppa in un modo che ricorda da vicino le ultime guerre condotte dal cielo (Irak, Kossovo). Ciò desta perplessità e preoccupazioni. Coloro che hanno veramente capito il pericolo mortale del terrorismo e la necessità di distruggerlo, credono di poter affermare, anche per un civile confronto di opinioni, che i bombardamenti, cioè la guerra, sono uno strumento inefficace, sbagliato e pericoloso. Non ne faccio una questione nominalistica. Non ho paura di pronunciare la parola guerra. Quando ci vuole, ci vuole. Contro Hitler ci voleva e l’abbiamo combattuta in tanti con assoluta determinazione. Serve invece contro Bin Laden? e contro il terrorismo internazionale, strettamente intrecciato al fanatismo islamico? Io ho forti dubbi e sarei per una conclusione negativa.
Fin dall’11 settembre si è detto che la lotta contro il terrorismo internazionale sarebbe stata un’operazione di polizia internazionale lunga, difficile, anche sanguinosa, perché non si poteva escludere la necessità di attacchi militari contro obbiettivi selezionati. Posizione corretta. Se invece utilizziamo la parola guerra rischiamo di andare fuori strada. Essa può essere usata solo metaforicamente, come quando diciamo "guerra" alla mafia, o "guerra" alla droga, che non si fa appunto con i bombardamenti.
Un’azione di polizia internazionale può essere paragonata, su scala ridotta, ad una operazione di polizia interna. Per esempio all’intervento dei carabinieri contro i rapinatori di una banca, che si sono asserragliati all’interno dello stabile prendendo come ostaggi gli impiegati e i clienti. Che fanno i carabinieri? Intervengono con l’artiglieria? Bombardano dal cielo per distruggere la banca con tutti quelli che ci sono dentro? No, assolutamente. Circondano l’edificio, stabiliscono un contatto, cercano di trattare per salvare gli ostaggi e, se possibile, anche i rapinatori per assicurarli alla giustizia. Se la trattativa non riesce, entrano in azione i reparti speciali che tentano di proteggere gli ostaggi e di neutralizzare i banditi, anche uccidendoli se necessario. Non sempre le cose vanno per il loro verso, e spesso ci scappa inevitabilmente il morto innocente fra i clienti e gli impiegati.
Molti di noi pensavano che per l’Afganistan di Bin Laden l’operazione sarebbe stata analoga. Una volta completatene l’accerchiamento e l’isolamento (economico, diplomatico e militare); una volta creata la grande coalizione anche islamica contro il terrorismo, si sarebbe cominciato a trattare per la consegna di Bin Laden e dei suoi uomini. Fallito anche questo tentativo, sarebbero iniziati gli attacchi militari nel territorio afgano con reparti speciali (teste di cuoio) per trovare e schiacciare la testa del serpente (anche se i denti del drago sono ormai seminati in tutto il mondo). Alle operazioni militari avrebbero potuto partecipare anche massicciamente formazioni aeree per bombardare installazioni militari, caserme talebane, centri di telecomunicazione, aeroporti, strade, reparti corazzati, truppe, con l’esclusione assoluta di obbiettivi civili.
Non sembra purtroppo che le cose siano andate così. Dalle prime notizie l’attacco è cominciato con missili e bombardamenti aerei sulle principali città afgane: Kabul, Kandahar, Zaram, Herat, ecc. E’ impossibile purtroppo che nessun civile sia stato colpito, perché non esistono bombe intelligenti (anche le più intelligenti possono impazzire all’improvviso) e perché, come già nella guerra del Golfo e in quella del Kossovo, gli obbiettivi militari sono spesso mescolati a quelli civili. E’ arrivata già la notizia della morte di quattro impiegati di una agenzia dell’ONU in Kabul, che si occupava del recupero sul terreno delle mine antiuomo. Quanti saranno i bambini afgani uccisi, che nulla sanno di Bin Laden, dei Talebani e della guerra santa? Si ripeterà l’orrore dell’Irak, dove sono stati massacrati migliaia di innocenti, lasciando indisturbato al potere il responsabile primo, Saddam Hussein?
Non vorrei che questi interrogativi venissero scambiati per i piagnistei di un pacifismo imbelle. Personalmente non sono neutrale o equidistante fra la guerra e il terrorismo. La frase che ho visto in alcuni cartelli: "né con la guerra, né con il terrorismo" mi ricorda l’infelice e sbagliatissimo slogan di 25 anni fa: "né con lo Stato, né con le brigate rosse". Affinché non vi siano equivoci desidero affermare che se l’unica scelta fosse tra la guerra e il terrorismo io senza esitazione sceglierei la guerra. Sarei pronto a rischiare la vita per catturare o uccidere Bin Laden e distruggere le sue bande; ma se Bin Laden avesse in braccio un bambino innocente che gli facesse da scudo, il mio fucile non sparerebbe. Sentimentalismo? Per fortuna non sono un robot: sono stato invece e mi considero ancora un combattente per la libertà e la democrazia.
L’on. Lamberto Dini ha dichiarato: "L’azione intrapresa mira a distruggere le basi dei terroristi, a catturare Bin Laden e i suoi più stretti collaboratori e a favorire la formazione di un governo di unità nazionale in Afganistan". Perfetto. Proprio per questo esprimo perplessità e preoccupazione per le modalità dell’attacco militare: i bombardamenti sulle città rischiano di compattare più strettamente il popolo afgano con i Talebani (così come è successo in Irak per Saddam) e il rifugio di Bin Laden potrebbe diventare più introvabile.
Proprio perché sono cittadino dell’occidente, e sono sempre stato acerrimo nemico di ogni terrorismo anche nostrano, sento mio dovere esprimere queste critiche allarmate, unendo la mia voce a tutti coloro che, amici degli USA, ne temono la vendetta e la collera che offuscano la ragione.
C’è infine un altro motivo che mi allarma: l’alleanza araba contro il terrorismo reggerà ai bombardamenti sull’Afganistan?
I primi commenti sono preoccupanti, anche se il ministro Buttiglione un po’ avventatamente ha dichiarato: "Difficoltà con l’Isiam? Tutto chiarito, con gli alleati non esiste alcun problema". Purtroppo non è così. Il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, ha dichiarato che i "i paesi arabi non avrebbero accettato alcuna aggressione americana contro un qualsiasi paese arabo". Infatti il Segretario di Stato americano non è riuscito a convincere né l’Egitto né l’Arabia Saudita a partecipare o a collaborare nell’offensiva militare a fianco degli USA. Anche l’Iran ha condannato ufficialmente i bombardamenti americani: "Questi attacchi sono inaccettabili. - ha dichiarato il Ministro degli Esteri - Sono lanciati senza prendere in considerazione l’opinione pubblica mondiale, in particolare quella dei paesi mussulmani, e fanno torto al popolo innocente e oppresso dell’Afganistan". Il ministro libanese Ghazi al Aribi ha dichiarato un po’ troppo enfaticamente, ma con un fondo di verità: "Osama Bin Laden ha già vinto", perché di fronte alle masse arabe è apparso come il vendicatore contro le ingiustizie occidentali. Lo stesso Ariel Sharon ha detto che Israele darà all’America "tutto il suo aiuto", ma "non parteciperà alla guerra". In tutti i paesi arabi ci sono state imponenti manifestazioni popolari a favore di Bin Laden e contro l’America.
I Governi moderati arabi non potranno non tenerne conto. L’alleanza scricchiola e dà segni di sbandamento: non contro il terrorismo, ma contro i metodi per combatterlo ed estirparlo. Anche gli italiani sono compatti contro il terrorismo, ma hanno il diritto di sapere se si è all’inizio di una operazione di polizia internazionale, sia pure mal cominciata, o ad una guerra tradizionale iniziata con "l’immacolata distruzione" dal ciclo.
Finora né il Governo né l’opposizione (ma esiste?) hanno saputo dare una risposta convincente a questa legittima domanda, neppure durante lo specifico dibattito parlamentare.