25 aprile: le parole attuali della Resistenza
Le anticipazioni profetiche per l’Europa, l’Italia, il Trentino, e il Sudtirolo, elaborate negli anni terribili della guerra e dell’occupazione nazista.
Il 25 aprile del 2008 è arrivato carico di anniversari che ci aiutano a sfogliare la grande "agenda del Novecento", fino alle vicende più prossime dei nostri giorni. In Italia e nel Trentino. Si ricorderà fra qualche mese il novembre 1918 e il compimento dell’unità nazionale: sarà l’occasione per rievocare le prime parole dell’ufficiale italiano Piero Calamandrei nella sua entrata a Trento: "Fratelli, fratelli; unica parola – dirà – che potesse pallidamente esprimere il sentimento di esserci finalmente ritrovati".
Quelle parole esprimevano i sentimenti e gli impegni della tradizione democratica del nostro Risorgimento che saranno traditi e travolti dal fascismo, che abrogò gli istituti di autogoverno della nostra terra, cancellò le sue tradizioni di libertà, la sua pluralità etnica, politica, culturale.
Trent’anni dopo, evocando con emozione quei giorni, Calamandrei tracciò il filo della Resistenza ancorandolo a quei luoghi, a quel giorno e agli uomini che lo resero possibile: "La Resistenza è stata possibile perché Cesare Battisti, eroe che ricongiunge due secoli, è stato impiccato".
Ricorderemo ancora il 1938, l’abominio delle leggi razziali; e dovrà essere questa l’occasione per annoverare, fra i giusti d’Israele, Ernesta Bittanti Battisti, che contro quelle leggi, a viso aperto, si batté, tentò di organizzare proteste, ma fu infine costretta ad ammettere: "Il mio tentativo non ha fatto alcun passo". Avevano vinto, come in tanti altri momenti della vita nazionale, la zona grigia e la zona nera del popolo italiano.
Il 25 aprile si è ricordata la Resistenza come lotta di popolo; ma è bene rammentare che la Resistenza al fascismo fu pure elaborazione di idee e di progetti per un futuro di giustizia e di pace.
Idee, progetti, parole evocati come novità e ragione dei sommovimenti politici di queste settimane: federalismo, territorio, comunità, autonomia, si ritrovano nelle anticipazioni profetiche di futuro per l’Europa, per l’Italia, per il Trentino, per il Sud Tirolo, elaborati negli anni terribili della guerra e dell’occupazione nazista.
E’ sempre opportuno ricordare che il manifesto per il riconoscimento dei diritti dei popoli, del federalismo in Europa, fu scritto nel 1941 dai confinati dal fascismo a Ventotene: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni.
E che gli ideali di quel manifesto furono riproposti qui, nel Trentino annesso al Reich nazista, nel febbraio 1944, con la prima proposta di una nuova convivenza tra i popoli della regione dai capi della resistenza Manci, Ferrandi, Bacchi, Bettini, Pincheri.
In questi mesi abbiamo celebrato i 60 anni della Costituzione. Torna utile allora ricordare il legame tra le ragioni morali della lotta di Liberazione ed i contenuti della Costituzione con le parole di Piero Calamandrei ai giovani milanesi nel 1955: "Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione".
Si sono infine evocate in queste settimane le elezioni del 18 aprile 1948, data epocale della divisione nell’Italia della guerra fredda, per ricordare che il patto costituzionale ha retto in quegli anni di contrapposizione e per tutti i decenni a venire: in quelli delle grandi trasformazioni del 1968 e dei drammatici traumi della repubblica del 1978, con l’assassinio del presidente della DC, Aldo Moro.
Un patto che può reggere ancora se si vincerà l’indifferenza e la denigrazione della lotta antifascista che scivola inevitabilmente nell’ indifferenza e nell’ostilità per i valori della Costituzione.
A chi sostiene che il 25 aprile non può essere la festa che unisce tutti gli italiani, val la pena ricordare le parole del liberale Benedetto Croce, che nel 1950 così rispose a chi aveva criticato la sua adesione alla festa della Liberazione: "Mi è venuto poi il pensiero che si potesse da alcuni falsificare il significato di quel fatto, che onora gli italiani... Io partecipai al sentimento che ci univa, e che era semplicemente questo: il bisogno fondamentale della libertà. Ci trovammo l’uno accanto all’altro liberali e cattolici, e socialisti e comunisti, e nessuno domandava quali fossero le particolari tendenze degli altri, perché tutti sentivamo che nei nostri animi primeggiava una tendenza sola".
Difendere quindi insieme i valori della Resistenza e della Costituzione si deve e si può. Purché non vincano le zone grigie, l’elogio dell’attendismo anziché della partecipazione, del terzismo che sfocia nell’afascismo, nella negazione della storia della Liberazione italiana, anziché il suo approfondimento e la sua conoscenza.
Queste le motivazioni portanti espresse a Trento da chi ha partecipato ai momenti di riflessione sulla Resistenza, accompagnate dal profilo della testimonianza etica e politica del professor Bruno Betta, tracciato dal direttore del Museo Storico Giuseppe Ferrandi e proposto nelle pagine a seguire.