Tre candidati per un partito in difficoltà
La crisi del partito del Governatore: calano i voti, si dimezzano gli iscritti, sorge il dubbio che non ci sia una chiara strategia. In questo contesto, silurato il vecchio segretario (Mauro Betta) si avanzano tre candidati. Che ci dicono che...
La Margherita arranca. La corazzata che sembrava inaffondabile è in difficoltà. Le ultime tornate elettorali sono state sirene d’allarme; la vicenda della "magnadora" ha evidenziato la persistenza di aspetti poco nobili della gestione del potere, e soprattutto il rigetto che essi provocano; incominciano ad emergere dubbi sulla strategia di governo della Giunta, soprattutto per le valli; le iscrizioni al partito in un anno si sono dimezzate, da 5000 a 2500. Da mesi tutti si aspettano dal padre-padrone Dellai un colpo d’ala, l’indicazione di una rotta che porti fuori dall’impasse. Dellai, con grande fiuto, ha saputo scorgere in anticipo le difficoltà; ma poi ha saputo proporre solo un "comitato etico" finito subito nel dimenticatoio.
In questo contesto arriva il Congresso. Dopo le prime schermaglie, sono ora tre i candidati a segretario, che stanno girando il Trentino a presentarsi in assemblee precongressuali. I tre, secondo gli avversari, sono ciascuno a modo suo espressioni del classico gattopardismo: far finta di cambiare qualcosa perché nulla cambi. Giorgio Lunelli, consigliere provinciale, è espressione del tradizionale establishment margheritino, designato dal segretario uscente Betta; il giovane Mauro Zeni, 27 anni, promosso dal nulla a candidato segretario da un’inaspettata nomination di Dellai, non potrà che essere il suo uomo di paglia, a sancire la nullità del partito; Mario Magnani, presidente del Consiglio Regionale, in realtà rappresenta solo se stesso, non ha possibilità di coagulare consensi, e corre per ritagliarsi visibilità in vista di ulteriori cariche. Questo secondo i maligni. La realtà non è proprio in questi termini. Abbiamo intervistato i tre candidati, sviluppando con ciascuno un ragionamento sui temi del partito e del governo del Trentino.
Cominciamo a parlare della crisi della Margherita, e della non-risposta attraverso un comitato etico che è rimasto una proposta sulla carta.
Lunelli: "C’è indubbiamente bisogno di una Margherita nuova: non perché la vecchia abbia fallito, ma perché deve porsi nuovi obiettivi. La società cambia e il partito deve saper leggere i nuovi bisogni e fornire risposte; ma occorrono nuove modalità di partecipazione interna, a iniziare dalle primarie. Quanto al Comitato etico, io lo propongo come organo consultivo: non un consesso di garanti, né un tribunale, ma un supporto al partito, un momento in cui di riflessioni dove esercitare una moral suasion. La moralità non può essere momento di distinzione politica, fa parte del prepolitico".
Non credo che la questione morale sia così facilmente liquidabile; è un problema della cultura nazionale, per cui il furbo è da ammirare. Non a caso su di essa il governo Prodi è inciampato: non solo con l’indulto, giustamente impopolare, ma anche affidando la Giustizia a un barone delle clientele come Mastella.
Lunelli: "Oggi va fatto un forte richiamo all’etica della responsabilità, diversa dall’etica della convenienza, dell’utilità. Il partito deve essere guidato dalla prima".
Il comitato etico è venuto fuori con il caso Solatrix, e poi la magnadora, gli appalti…
Magnani: "Sono singoli casi, cui però va prestata grande attenzione. Bisogna partire dal ’98, dalla nascita della Margherita e dal mio approdo alla politica a tempo pieno (prima ero veterinario e sindaco): allora c’era un’ingestibilità della politica, la Giunta Provinciale era instabile, il Consiglio non riusciva a legiferare, i partiti erano in crisi. Da qui l’intuizione di Dellai e altri: mettere insieme le risorse umane, dai sindaci ai presidenti dei comprensori, ad espressioni della società, per un partito il cui connotato più evidente erano gli amministratori, con gli slogan "Civica per il governo del Trentino" e "Voltare pagina". Ciò ha permesso di governare, cambiare la legge elettorale, avere poi in questa legislatura una maggioranza blindata. Quanto ai partiti, hanno avuto un ruolo minore: si identificavano coi loro rappresentanti di governo (non solo noi, anche la sinistra, in primis i Ds con il segretario-assessore): in questo quadro è logico che qualche furbo si sia avvicinato alla politica per averne vantaggi. Nel nuovo statuto della Margherita è previsto un Comitato di Saggi che vigili…"
Non se n’è fatto niente…
Magnani: "E’ nello statuto; ed è un punto da sviluppare. Il punto vero è però il ruolo della politica rispetto al governo: deve avere autonomia, raccogliere idee, elaborare proposte, ascoltare le esigenze del territorio. Questo ruolo la Margherita non l’ha svolto. Il partito è stato soprattutto una macchina elettorale, e per il resto un organismo che ha avallato decisioni già prese. Da qui il malcontento degli iscritti. Dobbiamo cambiare la Margherita tornando fra la gente, ascoltando, facendo sintesi".
Zeni: "La Margherita ha perso lo slancio iniziale; negli ultimi due anni qualcosa si è incrinato, sia a livello di opinione pubblica (che ci percepisce come partito di potere e di affari), sia a livello elettorale, con gli ultimi deludenti risultati. Anche al nostro interno si avverte uno scollegamento tra base e vertice, una richiesta di partecipazione. Il punto è la diversità di ruoli tra politica e amministrazione; i nostri amministratori sono bravi, legati al territorio, han fatto un lavoro efficace; ma è mancato il lavoro del partito".
Vale a dire?
Zeni: "Interagire con la società per interpretarne le esigenze e fare proposte. Ho fatto l’esempio della macchina 4x4. Noi finora abbiamo viaggiato con 2 sole ruote motrici: l’amministrazione. Ma la strada è impervia, dobbiamo inserire le altre 2 ruote, cioè la politica. Il punto centrale è la partecipazione, anche per sviluppare gli anticorpi rispetto agli opportunisti: più si partecipa, più cresce il controllo rispetto agli interessi personali. In questi giorni è sorta la questione delle primarie. Un ottimo strumento che però non risolve tutti i problemi; bisogna ascoltare e discutere prima di decidere; se lo si fa dopo, diventa informazione, che è un’altra cosa. Queste idee le sostengo da tempo, ed è per il mio impegno su questi temi che è venuta l’indicazione di Dellai per una mia candidatura. E vedo con piacere che sono temi sentiti anche dalla base, che interviene con telefonate, mail, tanto che ho dovuto attivare un blog per poter interagire".
I tre candidati quindi concordano su un maggior ruolo politico del partito (con sensibili differenze: per Lunelli (più legato all’establishment margheritino?) si tratta di riadattare una macchina peraltro ben funzionante, per gli altri due la macchina in quella direzione non è mai andata). Ma qui veniamo alla politica della Giunta Dellai. E ai dubbi. Esiste una strategia? Quando l’assessore Grisenti dice di voler spendere milioni di euro per un’inutile tangenziale in Vallagarina, e in contemporanea la Cgil spara a zero sulle politiche sociali della Dalmaso, c’è da chiedersi quale sia la strategia della Giunta. Se magari non contino le personalità più che un disegno coerente, cioè che ad assessorati invertiti avremmo un boom dei servizi sociali e uno stop alle strade. O che magari non contino di più gli interessi dei poteri forti. E ancora, che fiducia può dare una Giunta attardata su un modello di sviluppo che fa fare lavori pubblici purchessia, e così sperpera gli ultimi soldi facili dell’Autonomia?
Lunelli:"E’ sbagliato immaginare che possa esserci una politica sociale che esclude sviluppo e viceversa. Non riusciremo a garantire politiche sociali efficienti senza sviluppo. Per questo non esiste una logica Dalmaso e una logica Grisenti: abbiamo bisogno di un Trentino non marginalizzato nello sviluppo e integro nella coesione sociale. Son d’accordo con Prodi: dobbiamo far ripartire la macchina economica, perché questo ci permette di intervenire sulle distorsioni sociali, l’instabilità del lavoro, i nuovi problemi come l’allungamento della vita. Il Trentino era molto arretrato su alcuni strumenti; la Giunta Dellai ha modernizzato gli strumenti dello sviluppo, e garantito un welfare rinnovato. Nel nuovo pacchetto-famiglia regionale, siamo gli unici ad aver previsto interventi in campo previdenziale per i giovani impegnati nel lavoro intermittente o per le persone costrette a lasciare momentaneamente il lavoro per assistere familiari non autosufficienti."
I sindacati non lo capiscono perché sono corporativi?
Lunelli: "I sindacati l’hanno capito".
Han detto che il disegno di legge Dalmaso è da buttare.
Lunelli: "Il disegno della Dalmaso non è stato ancora presentato, ci si sta ancor ragionando sopra. Come si può dire che non è emendabile una cosa su cui si sta ancora lavorando? Questo, comunque, è il terreno su cui prossimamente si misurerà la differenza tra una concezione solidaristica e una liberista della società. E io e la Margherita, siamo sostenitori della prima strada, come unica per garantire la coesione sociale. Non è un atteggiamento filantropico: buone politiche sociali favoriscono lo sviluppo".
Appunto, quale sviluppo? Quello delle strade inutili?
Lunelli: "Non vedo le strade come modello antitetico allo sviluppo. Se una strada serve, bisogna farla. Il fatto che in questi anni sono stati rifatti 4 accessi a Trento (Martignano, Mattarello, Cadine, e a breve Lavis) aumenta la vivibilità: passare ore fermi in macchina non è positivo".
Ma perché gli imprenditori delle costruzioni devono essere finanziati dalla Pat, magari a scavare e poi riempire buche?
Lunelli: "Non siamo a Lord Keynes, da lei citato nel suo esempio; bensì a una politica per dare infrastrutture. E non siamo nemmeno a una politica che penalizza altri settori. Così per gli impianti di risalita: io mi pongo il problema di evitare l’abbandono della montagna".
Ci sarebbe anche un altro turismo, con più futuro, ma con meno forza rispetto agli interessi costituiti.
Lunelli: "Sono per un turismo famigliare, contro la logica delle Disneyland d’alta quota. Ma sono anche convinto che la montgagna abbandonata sia il contrario di un progetto di tutela dell’ambiente. Quando i boschi mangiano i prati mi preoccupo".
Magnani: "Non credo che spendere in un assessorato o in un altro sia casuale; sono scelte politiche. C’è invece da chiedersi se i soldi sono spesi bene. Il problema è come si arriva alla scelta; e qui torniamo al ruolo dei partiti, che devono essere momento di discussione sulle scelte, non di accettazione acritica. E’ qui anche il senso della mia candidatura: far svolgere alla politica il suo ruolo di interlocuzione critica. Per esempio, chi nei Ds critica Andreolli sulla sanità? E chi nella Margherita discute le scelte più controverse?"
Zeni: "In generale il centrosinistra ha nel suo Dna la tutela delle politiche sociali. Per le infrastrutture, una strada da sola non risolve i problemi, deve prevalere una logica di sistema su quali sono le infrastrutture necessarie e rispettose dell’ambiente. Per esempio, in Valsugana, dove io vivo, la risposta di sistema mi sembra quella di risolvere il problema traffico attraverso l’uso metropolitano della ferrovia. Quanto al metodo, torniamo al bisogno di dibattito politico partecipato, che eviti che il governo si appiattisca su un’amministrazione che dia risposte solo al quotidiano".
I risultati elettorali hanno evidenziato le valli come punto di crisi del consenso alla Margherita. Questo non è forse dovuto al fatto che la Giunta Dellai ha proposto un modello di futuro credibile per le città (innovazione e ricerca), mentre per le valli ha riproposto solo l’assistenzialismo a un vecchio modello (impianti, per esempio) dal futuro incerto?
Lunelli: "Nelle elezioni politiche è scattata nelle valli una preoccupazione rispetto alle dinamiche nazionali. E’ comunque un campanello d’allarme; dovremo prevedere un patto tra i territori, perché non ci siano quelli che procedono a velocità diverse".
Ma avete perso di più proprio nei territori più ricchi...
Lunelli: "Lì hanno prevalso le paure seminate dal centrodestra".
Magnani: "Il centrosinistra non è riuscito a spiegare i risultati ottenuti. A iniziare dalla riforma istituzionale, che se ben applicata eliminerà la sudditanza della periferia alla Giunta e agli assessori: se si definisce il budget di un certo territorio e c’è responsabilizzazione, è la fine delle processioni in piazza Dante col cappello in mano. Invece sul territorio prevale la sensazione che i consigli comunali non servano a niente: e noi veniamo da una storia di partecipazione (Asuc, cooperative...); e ora siamo passati a una fase di delega, che i cittadini non accettano. Io intendo rappresentare chi non ha avuto voce fino adesso".
E’ un’affermazione forte, in un partito dominato da un padre padrone.
Magnani: "Non possiamo scaricare tutto su Dellai; c’è stata anche una gestione del partito che non ha svolto il suo compito; chi ha impedito al partito di esprimere posizioni? Il primo a parlare di Comitato etico, è stato proprio Dellai!"
E che dice sulla frattura città-valli e i relativi modelli di sviluppo?
Magnani: "Nelle valli non sempre si è percepita la nostra politica di innovazione; lì abbiamo una ricchezza economica che non siamo stati capaci di affiancare con un’adeguata informazione e discussione sul futuro".
Ma c’è un progetto per lo sviluppo delle valli?
Magnani: "Abbiamo una situazione economica positiva, da adeguare ai tempi. E su questo dobbiamo creare un dibattito sia sulle prospettive future, sia sulla presenza di servizi".
Non è che finora i vostri interlocutori sono stati soprattutto i maggiorenti?
Magnani: "Non confondiamo il discorso gestionale-amministrativo con quello politico. E’ logico che un assessore si rapporti soprattutto con sindaci e presidenti di consorzi; invece il partito deve rapportarsi con la gente".
Zeni: "L’analisi dei risultati politici mi differenzia da chi, come Lunelli, dice che la Margherita non è andata male: non bisogna nascondere la testa sotto la sabbia. I risultati ci dicono che è finita l’epoca del contributo, quando bastava mandare soldi per avere voti. La Giunta provinciale ha fatto un ottimo lavoro nel ridurre gli svantaggi di chi vive nelle periferie; a mancare è stato un radicamento del partito e di tutto il centrosinistra per far dibattere e condividere il progetto".
Ma il progetto c’è?
Zeni: "Nel programma di Dellai alle provinciali c’è. Quel che serve è un dibattito perchè nelle valli esso sia recepito e condiviso".
Ultimo argomento il Partito Democratico, su cui il Trentino sta facendo una magra figura. Si dichiara "laboratorio politico", ma sul PD è alla retroguardia. Per vari calcoli, Ds e Margherita locali hanno sempre frenato, e sono stati spiazzati dall’accelerazione nazionale di Orvieto. E ora?
Lunelli: "A livello nazionale è necessaria una semplificazione politica. Sarà vincente il primo dei due blocchi che imboccherà la strada del partito confederale, che nasce dai territori. Quindi sono per un partito democratico autonomista, che abbia libertà di azione, confederato con Roma ma anche con gli altri partiti locali".
Il problema non è il rapporto col centro. Laquestione è se voi vi unite qui, per il 2008, mentre altrove saranno (forse) già uniti.
Lunelli: "Bisogna rispettare i tempi necessari perché le cose maturino. Non so se nel 2008 lo saranno; anche perché il sistema elettorale favorisce le corse separate".
Magnani: "Vedo il Partito Democratico come un’ evoluzione quasi logica della Margherita, che è nata dal Partito Popolare, le liste civiche, i ladini, gli ulivisti. Bisogna vedere come fare un passo ulteriore, senza strappi rispetto alla base, che continua a chiedere quali sono i punti comuni su laicità, famiglia, immigrazione. Si potrebbe partire con un gruppo di lavoro comune che elabori una Carta dei Valori condivisa".
Per il 2008 neanche parlarne…
Magnani: "E’ molto difficile; è una data vicina, la gente può non capire il progetto; e la legge elettorale, se premia i partiti più forti, permette anche la formazione di gruppi piccoli, e quindi non scoraggia eventuali scissioni".
Zeni: "Nelle tesi dico che sul Partito Democratico siamo all’anno zero: non si è mai avviata una discussione vera. Dobbiamo avviarla, nei e con i partiti, e nella società civile. Anche perché dobbiamo essere un laboratorio, costruire qualcosa di originale; probabilmente vedremo che gli schemi del ‘900, che ci separano, non sono insuperabili. Ma se non si inizia a discutere, non si va da nessuna parte".