Partito Democratico: il gioco del cerino
Andreolli e Dellai non possono dirlo, ma non vogliono il Partito Democratico. Il primo per ragioni personali, il secondo strategiche. Quando invece sarebbero da cambiare presone e strategia.
"Il Partito Democratico? E’ un fiume in piena. Chi pensa di poterlo fermare, verrà travolto". Con queste parole Margherita Cogo, diessina, vicepresidente della Giunta provinciale, commenta la recente due giorni di Orvieto, in cui si è (ri?)lanciato il nuovo partito. "Sinceramente non se lo aspettava nessuno. Anch’io, accanita sostenitrice del progetto, mi ero detta ‘andiamo a perdere tempo’. E invece i discorsi, le convinzioni, gli atteggiamenti anche nei colloqui privati, hanno indicato l’ineluttabilità del percorso. Che poi sarà lungo, tortuoso, ma va avanti."
Insomma, a livello nazionale sembra essere scattato un meccanismo virtuoso: il centro-sinistra, con le spalle al muro (perdita di consensi nel paese, incapacità di gestire e ancor più di comunicare passaggi decisivi come la finanziaria) si è reso conto di dover serrare le fila; di dover aggregarsi e cambiare, recuperando il grande serbatoio di entusiasmo e di consenso rappresentato dalla spinta partecipativa del popolo delle primarie. Una prospettiva prima snobbata, perché rischiosa per la tranquillità delle nomenklature; e ora ineludibile, in quanto l’immobilismo sta portando al fallimento.
"Direi di più – prosegue Cogo – Ora non c’è solo la spinta negativa, l’aggregazione per necessità. Si vedono anche gli aspetti francamente entusiasmanti: mai nella storia c’era stata un’unificazione tra esperienze politiche così diverse, una contaminazione di culture che già ora vediamo operante, nei discorsi ma anche nei programmi di governo".
Questa dunque Orvieto. Ossia il centrosinistra nazionale. A Trento invece la musica è diversa.
In Trentino il centrosinistra, ha avuto al suo interno una particolarità: invece del prevalere numerico dei Ds, con una Margherita più piccola e talora timorosa di essere egemonizzata, qui abbiamo avuto una Margherita maggioritaria ed egemone, con la sinistra ridotta – anzi, ridottasi – al ruolo di satellite. Situazione aggravata dai contenuti dell’azione di governo: a livello nazionale, se si esclude l’ambito in cui si è barricato il cattolicesimo (sessualità, famiglia, scuola privata) su tutto il resto - dalla politica internazionale a quella economica, dall’organizzazione dello Stato al welfare – tra sinistra e cattolici non c’è differenza alcuna; a livello locale invece, gli stretti rapporti della Margherita con tutta una serie di interessi consolidati (e spesso obsoleti) soprattutto di valle, fa a pugni con la visione più modernizzatrice (magari solo a parole) dei Ds. Poi, nella pratica, a Roma si litiga per un po’ di visibilità e di poltrone, ma si concorda sui programmi; a Trento i Ds, magari masticando amaro, in nome dell’alleanza (spesso leggi: poltrona) subiscono tutto, e la linea di governo la traccia indisturbato Dellai.
Insomma, "la contaminazione delle culture" in Trentino si è vista poco.
Di qui lo scarso appeal del Partito Democratico. Anche per ragioni contingenti. Nei Ds il segretario Andreolli verso il PD si è sempre dimostrato tiepido a parole e freddo nei fatti: nel fondato timore di perdere, in un partito più grande il proprio pur piccolo potere ("meglio primo al paesello che secondo a Roma", dicevano i latini). E più in generale i Ds sono frenati dal timore di dover vivere sotto lo stesso tetto, per di più in posizioni di minoranza, con personaggi come il Grande Asfaltatore assessore Grisenti o il Lord Protettore (delle clientele) consigliere Amistadi.
Nella Margherita (vedi anche le nostre interviste ai candidati a segretario a pag. 12) i ragionamenti sono diversi ma convergenti. Si ritiene la coalizione "coperta" sulla sinistra dai Ds, con il relativo elettorato senza alternative. E d’altronde proprio i Ds, ridotti a satellite, sono un alleato ideale: mugugnano, ma sono irrilevanti, basta non prenderli troppo a calci nei denti quando ci sono di mezzo le poltrone. E quando dell’"alleato" si ha una tale considerazione, non si pensa certo a unificazioni.
Anche perchè i problemi vengono dal lato opposto: la coperta è troppo corta a destra, su quel fronte si sono persi i voti delle valli; unificandosi con i "comunisti" non si farebbe altro che scoprirsi del tutto.
Una analisi questa, che naturalmente viene contestata a sinistra: "La Margherita, pur di ottenere consenso, ha allargato a tutti, senza coerenza – afferma Cogo – Così oggi all’interno dell’alleanza abbiamo degli oppositori: non voci critiche, ma strenui sostenitori di principi e programmi del centro destra. Non basta: nelle valli si persegue un modello di sviluppo incentrato sulle vecchie lobby. E più le si rincorre, più si perde: in fisionomia e in voti".
In questa situazione è arrivata la svolta nazionale di Orvieto. Sulla cui strada il segretario diessino Andreolli è rimasto fulminato: ed è diventato sostenitore del Partito Democratico. E così il prudentissimo sindaco di Trento Pacher: da sempre ulivista convinto, ma sempre attento alle compatibilità e suscettibilità degli alleati; ora spara: "Lista unica nel 2008".
L’aria è evidentemente cambiata. Andreolli sa che contro le indicazioni di Roma non può andare, e allora, invece che tentare di frenare il convoglio, si mette alla sua testa. Così i Ds varano un "Manifesto per il Partito Democratico" (generico ma pregevole), e approntano un disegno di legge per cui alle prossime provinciali i candidati presidente vengano individuati attraverso primarie istituzionalizzate.
"Il Partito Democratico? Ormai è una certezza" assicura Wanda Chiodi, che dei Ds è la presidente.
In effetti, tutti gli ostacoli prima insormontabili ora sembrano spianati. Il partito trentino federato (vedi su questo ancora le interviste ai candidati della Margherita) con Roma? Non è un problema, Fassino e Rutelli non fanno certo storie.
La presenza degli autonomisti? "Intanto si fa il PD con chi ci sta; poi se vorranno venire..." detta un Pacher stranamente decisionista.
La legge elettorale favorisce i micropartiti, che spunterebbero come funghi in caso di aggregazione tra ex-Dc ed ex-comunisti? In accordo con il centro-destra (che vede con spavento il proliferare di una nuova formazione politica per ognuno dei suoi esponenti messi in disparte: Gubert, Tarolli, Perego, Bonazza, Taverna...) sono in preparazione nuove norme che elevino la soglia di sbarramento al 5%.
La convivenza nello stesso partito con i Grisenti e gli Amistadi? "Beh, ora con questi dobbiamo convivere in maggioranza. E non è detto che, se ci fosse il PD, non facciano altre scelte..." afferma Chiodi.
In effetti quest’ultimo è il problema: la destra della Margherita. Ed è problema di Dellai. Cui i Ds stanno lasciando il cerino acceso in mano.
Il presidente della Giunta e leader indiscusso della Margherita si trova infatti tra due fuochi.
Da una parte lui, l’artefice del nuovo, il promotore del Trentino anticipatore, "laboratorio politico", si trova non all’avanguardia, ma disperso nelle retrovie. Mentre a Roma si lancia il nuovo Partito, lui lavora sulle vecchie formazioni che – uniche nel Paese? - dovrebbero presentarsi separate alle elezioni del 2008. E difatti si è ben guardato dall’andare ad Orvieto, anzi l’appuntamento lo ha snobbato alla grande, della Margherita trentina vi era solo il sottosegretario Letizia De Torre, cioè nessuno. E così il Grande Anticipatore si è trovato spiazzato di brutto. Ma Dellai, può rinunciare a questo suo ruolo?
D’altra parte il voto di valle lo ha parimenti spiazzato sul fronte opposto. Dove, come abbiamo visto, perde vistosamente a destra, nonostante la politica dei Grisenti, degli Amistadi, i tanti miliardi e le tante deroghe concesse alle lobby. E dove ora un’unificazione "con i comunisti" sarebbe il sigillo sulla sconfitta.
Noi riteniamo che la soluzione sia nella coerenza. E nel futuro. La politica delle due staffe, modernizzazione nelle città, fruste lobby nelle vallate, ha mostrato la corda. Occorrerebbe anche per le periferie un modello di sviluppo non più imperniato sugli antichi notabili, sui potentati assistiti e su cemento, contributi, deroghe.
Allora anche il discorso del Partito Democratico tornerebbe. E assieme ai Ds, che non è il partito di Stalin, ma di Bersani, la Margherita potrebbe convivere: anche a Malè.
Andreolli gli ha passato in mano un bel cerino tutto fiammante. Dellai cosa sceglierà di fare?