Nella giungla della Finanziaria
La Finanziaria di Prodi: la solita orribile legge 'omnibus' alle prese con una quadratura del cerchio: rattoppare conti disastrati e rilanciare lo sviluppo.
La Finanziaria è di per sé una legge orribile, un mostro di corpo normativo. E’ una buona regola della tecnica legislativa raccogliere in ciascun atto disposizioni che abbiano per oggetto una materia omogenea, tanto che la complessiva disciplina che ne risulta può essere unitariamente identificata sotto un titolo che la rispecchia. E’ una regola importante perché facilita, da parte degli operatori del diritto e, ciò che più conta, dei cittadini, la consultazione e quindi la conoscenza delle leggi. La necessità di agevolare la conoscibilità della legge è fondamentale in un sistema dominato dal principio che "ignorantia legis non excusat", secondo il quale cioè vige la presunzione che i cittadini, destinatari dei precetti normativi, siano informati del contenuto di tali precetti per il solo fatto della loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Un embrione di tale regola è contenuto anche nella nostra Costituzione che nell’art. 76, autorizzando il Parlamento a delegare la funzione legislativa al Governo, dispone che ciò però è consentito solo"per oggetti definiti". Gli esempi classici di applicazione di tale regola sono i codici, civile e penale, e quelli che dettano le relative procedure giudiziarie. Ma sono numerose, anche se non tutte, le leggi vigenti che rispondono a tale criterio di omogeneità di materia. Anche le leggi di bilancio, preventivo e consuntivo, hanno questo carattere di uniformità di contenuto. Ma ormai da molti anni si è introdotta la prassi della legge finanziaria, la quale riassume in sé l’intero programma di governo per un anno solare. Non lo esaurisce, ma ha l’ambizione di farlo.
In essa c’è di tutto. E’ una legge cosiddetta omnibus e vi si trovano le cose più impensabili. I criteri e le procedure in base ai quali i professori dei conservatori musicali possono restare in servizio anche dopo l’ordinaria età di quiescenza hanno sede in una legge finanziaria. Così le sanzioni civili da infliggere a chi non osserva l’obbligo di versare i contributi previdenziali sono stabiliti in altra legge finanziaria. Insomma, nella Finanziaria sono regolate in modo disordinato e spesso casuale le materie più disparate. E’ per questo che attorno ad essa si scatenano le pressioni più fameliche e che la sua discussione in Parlamento occupa di solito gli interi tre mesi terminali di ogni anno solare.
La Finanziaria del governo Prodi non è, sotto questo profilo, migliore delle precedenti. Anch’essa contiene una quantità disorganica di disposizioni tali da rendere estremamente laborioso e complicato un suo esame e soprattutto un suo giudizio. A tutto ciò si aggiunga quello che è il compito principale di una Finanziaria, e precisamente quello di far quadrare i conti pubblici e nel contempo di stimolare lo sviluppo dell’economia. Un tale compito è arduo in una condizione di finanza pubblica sana ed equilibrata e di economia sufficientemente prospera. Diventa la quadratura del cerchio, un rebus spesso insolubile, nelle condizioni della finanza pubblica e dell’economia italiana dei nostri giorni.
Si fa presto a dire eliminare gli sprechi, ma tagliare le spese della sanità, della giustizia, della scuola, della previdenza significa peggiorare ulteriormente servizi e provvidenze che già ora sono deficitari. Sarebbe bello tagliare le spese militari, ma il prestigio dell’Italia nel mondo ci obbliga a partecipare alle "missioni di pace". Anche se, passi per il Libano, ma l’Afghanistan? E l’Irak? In termini quantitativi non sarebbe risolutivo, ma una riduzione delle indennità parlamentari avrebbe un significato simbolico importante. Aiuterebbe a far accettare i sacrifici che necessariamente bisogna chiedere ai cittadini.
Infatti l’altro lato del problema è quello delle entrate fiscali. Su questo lato il fenomeno più vistoso è la vertiginosa voragine dell’evasione. Pensate che su 40.581.506 contribuenti solo 641.616 dichiarano un reddito superiore a 70.000,00 euro l’anno, l’1,59% di tutti i contribuenti. Se tenete presente che fra di loro vi sono alcune migliaia di contribuenti a reddito fisso, come i magistrati, gli ambasciatori, i professori universitari, i giornalisti e gli alti dirigenti pubblici o privati, che pagano l’imposta per ritenuta sullo stipendio, vi rendete conto della vastità dell’evasione del lavoro autonomo e delle imprese. Chi lamenta l’eccesso di carico fiscale trascura che vi è una sproporzionata quota di reddito in nero totalmente esente da imposta.
Con questa Finanziaria questo governo tenta di snidare gli evasori, di incidere sui redditi medio-alti, ben sapendo che in realtà sono più alti di quanto dichiarato, e contemporaneamente alleggerendo la pressione sui ceti a più basso reddito. Il tentativo è di risanare la finanza pubblica e nel contempo realizzare più equità. Vi sono anche molte altre cose, ma questo è il segno politico di questa manovra. Purtroppo per scoprirlo bisogna rimuovere le mille cianfrusaglie che lo coprono ed avventurarsi nella giungla di tecnicismi astrusi. Purtroppo non ci aiutano, a capire, i messaggi dei media, e nemmeno tanto i discordi proclami della variegata maggioranza. La quale, in così ardui passaggi, dovrebbe essere capace di una maggiore compattezza.