L’autogestione vista dall’interno
Tre studenti del Da Vinci ci raccontano, al di là dei miti e delle semplificazioni, la realtà della settimana di autogestione.
Nel numero scorso abbiamo parlato (Moratti, protesta e repressione) della grande manifestazione studentesca contro la riforma Moratti, dell’inusitata repressione poliziesca, e della campagna demonizzatrice che ne è seguita. Qui proseguiamo il discorso: in Una scuola che proprio non ci piace, ad opera di Lucia Coppola, presidente del Consiglio scolastico provinciale, che sviluppa una ragionata illustrazione della riforma Moratti, dei suoi reali contenuti, con i successivi, solo ipotizzati, cambiamenti, e del protocollo con cui la Provincia, per volontà di Dellai, ne ha recepito i principi. Qui di seguito invece, affrontiamo il discorso delle autogestioni “dall’interno”: tre studenti del Liceo Da Vinci - Luca Paolazzi, Désirée Madonna e Alessio Sandri - ci raccontano l’organizzazione, i risultati, i limiti, le speranze e le delusioni dell’esperienza.
Com’è andata l’autogestione nella vostra scuola e in cosa consistevano le varie attività?
Alessio: L’autogestione al "Da Vinci" è durata una settimana, dal lunedì al sabato ed ha coinvolto 5-600 persone, cioè la metà degli studenti.
Luca: Un buon risultato, in confronto ad altre scuole.
Chi non partecipava, che cosa faceva?
Luca:Stavano a casa, andavano al bar… Per chi invece seguiva, ogni giorno c’era un "esperto" che svolgeva una relazione. E’ venuto un dirigente nazionale della Cisl a parlare di welfare, un sindacalista della Uil ha trattato la riforma Moratti, poi un politologo si è occupato di guerre dimenticate…
Alessio: Particolarmente interessante è stato l’intervento dell’economista Silvano Dalzocchio, che ci ha tratteggiato l’evoluzione del sistema economico, dalla bottega alla fabbrica, al capitalismo finanziario e al caso Parmalat. Un incontro incredibilmente seguito, tenuto conto della difficoltà del tema, soprattutto in una scuola dove non si studia economia. Bello anche l’incontro col pubblicitario Loris Lombardini: una chiacchierata sul ’68, sulla solidarietà, sul piacere di trovarsi e discutere… Ci sono stati anche momenti di spettacolo, come la proiezione di "Raiot" di Sabina Guzzanti e dell’"Anomalo bicefalo" di Dario Fo. E infine una giornata completamente autogestita, tutta imperniata sul dialogo fra di noi.
Désirée: Oltre agli incontri con gli esperti si tenevano dei laboratori (ad esempio di pittura e di yoga) e c’erano proiezioni di film: "Accattone" di Pasolini, "Full Metal Jacket" di Kubrick…
Alessio: L’autogestione era organizzata da un collettivo, che comprendeva i 4 rappresentanti d’Istituto ed altri studenti che volessero impegnarsi; e devo dire che questo collettivo ha bloccato una serie di proposte considerate troppo "difficili".
Désirée: Comunque, il fatto che quest’anno ad organizzare le attività ci fosse un collettivo aperto anziché i soli rappresentanti d’istituto, ha permesso una migliore impostazione del lavoro.
Luca: Le proposte avanzate dal collettivo erano comunque di un certo livello ed avevano una valenza formativa. Ma parallelamente emergeva un’altra idea di autogestione, vista come settimana di vacanza. Se l’anno prossimo l’autogestione verrà riproposta, si dovranno mettere dei paletti: o le cose si organizzano più seriamente, o altrimenti è meglio fare scuola normalmente. O starsene a casa…
Désirée: Io non sarei così rigida, non vedo due modi contrapposti d’intendere l’autogestione e credo che si potrebbe trovare una via di mezzo.
Luca: L’autogestione è un’opportunità che ci è capitata, non abbiamo dovuto batterci per conquistarla. Quasi ci sentiamo obbligati, ogni anno, ad organizzarla. Se le cose non dovessero cambiare, se non riusciremo a costruirla su basi più solide, io credo che rinunciarvi sarebbe una dimostrazione di maturità (in proposito vedi come lo stesso interrogativo se lo ponessero, cinque anni prima, gli studenti di allora, vedi Autogestioni: un errore, speriamo fecondo ndr).
Alessio: Occorre chiedersi insomma se in questo momento gli studenti hanno la forza, la maturità, la cultura di portare avanti seriamente questa esperienza. Quella che abbiamo vissuto è stata un’autogestione "di compromesso" fra discorso formativo e il bar.
Luca: Una proposta potrebbe essere quella di fissare le relazioni al pomeriggio, dopo che la mattina si è fatta scuola normalmente. Così si vedrà chi è veramente desideroso di informarsi e disposto ad impegnarsi.
Désirée: E’ vero che l’autogestione è ormai diventata un appuntamento automatico; ma resta il fatto che è nata come forma di protesta.
Luca: Il solo momento di protesta, ormai, è la manifestazione. E proprio quest’anno che, causa la Moratti, c’erano tutti i motivi per protestare, abbiamo avuto prima delle autogestioni la grande manifestazione; ma quella indetta subito dopo è stata un fallimento...
Voi avete impostato le cose in questo modo: un relatore e gli studenti che facevano le domande. Altrove, ad esempio all’ITI, hanno fatto diversamente: su un tema intervenivano due "esperti" su posizioni contrapposte…
Luca: Anzitutto abbiamo voluto escludere la presenza di politici; e poi, siccome intendiamo l’autogestione come un momento di formazione, non volevamo dei dibattiti alla Costanzo Show, con due relatori che si mettessero a litigare. Volevamo qualcuno che spiegasse, che rispondesse alle nostre domande. Semmai, due relatori in due momenti diversi.
Alessio: Noi comunque abbiamo invitato dei tecnici, che non si sono mai lasciati andare a fare della propaganda.
Le autogestioni di quest’anno si sono inserite in una situazione particolarmente calda (la venuta della Moratti a Trento, la protesta studentesca, le cariche della polizia); tutto questo ha influito sulle vostre attività?
Luca: Ha influito sulla partecipazione ai momenti immediatamente precedenti, come l’incontro con l’assessore Salvaterra. Ma nel corso dell’autogestione il tema della riforma Moratti è stato uno dei tanti. La stessa manifestazione tenuta venerdì, la prima dopo quella contro la Moratti, è stata fallimentare: avremmo dovuto dare una prova di unità, di forza, di maturità del movimento, e invece c’era il deserto.
Alessio: Duecento persone, cinquanta delle quali venute lì con gli zainetti pieni di lattine di birra. Ma più che immaturità degli studenti, quella è stata immaturità del movimento, di chi ha voluto organizzare la manifestazione venerdì anziché sabato.
Désirée. L’immaturità è di chi viene alle sette di mattina in piazza a ubriacarsi, non del movimento.
Luca: La colpa è di una educazione familiare e personale: sapete benissimo che ci sono sempre quelle venti persone che vedono un’assemblea d’istituto come momento in cui si può bere tranquillamente. Noi dobbiamo cercare di isolarli e di allontanarli… E dobbiamo trasformare le manifestazioni da momento di pura festa e di vivacità in momento di contenuti politici.
La responsabilità del movimento non è che ci fossero 50 studenti che bevevano; è che a manifestare per davvero c’erano solo 150 persone… A questo punto viene da chiedersi se e quanto gli studenti siano realmente interessati al tema della riforma della scuola.
Désirée: Al di là di una soddisfacente partecipazione all’autogestione e al di là delle manifestazioni, c’è effettivamente una certa disinformazione fra gli studenti. Spero che l’autogestione sia servita a migliorare le cose, ma secondo me è compito dei singoli informarsi.
Luca: La conferenza di Bonmassar (esponente della UIL-scuola, n.d.r.) è stata molto seguita e partecipata: evidentemente sentivamo il bisogno di chiarirci sui temi della scuola, forse abbiamo capito che la scuola ci appartiene. D’altronde nell’incontro con l’assessore Salvaterra gli studenti hanno espresso un bisogno di informazione, di politica; e sono rimasti piuttosto delusi dai suoi toni paternalistici.