Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 21, 4 dicembre 1999 Servizi

Autogestioni: un errore, speriamo fecondo

Motivazioni povere e ripetitive, per di più mentre è in corso una trattativa con l’ente pubblico. E’ comunque un messaggio di disagio: che occorre saper cogliere...

Anche quest’anno, con la seconda metà di novembre, in alcune scuole di Trento sono partite le autogestioni, da qualche maligno altrimenti definite come "male d’autunno". In questo caso, però, ci troviamo di fronte ad una situazione ben diversa rispetto a quella dell’anno scorso: non tutti gli istituti superiori della città hanno aderito unitariamente all’iniziativa, anzi, sul tema si è verificata un’insolita divergenza fra i vari rappresentanti d’istituto e non tutte le scuole hanno infine scelto di autogestire, ritenendo inopportuno il momento e inadeguate le circostanze. Ed anche l’Uds (Unione degli studenti) l’associazione solitamente più attiva nell’organizzazione del movimento studentesco, ha preso questa posizione.

Siamo dunque di fronte ad un panorama insolito per questa campagna d’autunno; cerchiamo di capirne le ragioni.

La piattaforma sulla cui base hanno operato le scuole mobilitate comprendeva, oltre naturalmente a motivazioni interne ai singoli istituti, rivendicazioni pressoché identiche a quelle della precedente autogestione. Le ricordiamo brevemente: i punti focali della mobilitazione erano la carta-giovani (un pacchetto di sconti per i giovani fra i 14 e i 19 anni di Trento e provincia su musica, cultura, sport, iniziative cittadine), il comodato d’uso dei libri di testo (libri scolastici acquistati dalla Provincia e dati in prestito agli studenti delle scuole medie), un convitto cittadino laico, facilitazioni e potenziamento dei trasporti serali, accesso alle mense universitarie.

Su gran parte di questi temi - specie per quanto riguarda la carta-giovani, l’accesso alle mense, il convitto ed il trasporto serale - l’UdS è tuttora in trattativa con l’assessorato all’Istruzione e col Comune. Oltre alla vittoria, di per sé estremamente importante per il movimento studentesco, di essere finalmente riusciti ad affermare una soggettività politica sufficientemente forte da saper portare avanti stabilmente una trattativa, l’aspetto non secondario della questione è che questa trattativa procede anche piuttosto bene, e si può ragionevolmente ritenere che in breve darà risultati positivi.

Proprio per queste ragioni alcuni dei rappresentanti d’istituto (vedi in proposito la scheda a pag.26-27) e l’UdS hanno deciso di non aderire né tanto meno promuovere le autogestioni, forma originariamente molto radicale di protesta studentesca, ormai purtroppo semi-istituzionalizzata e senz’altro poco entusiasmante per consapevolezza politica e coinvolgimento dei partecipanti.

Dunque, il contesto e le circostanze consigliavano ragionevolmente di aspettare l’esito della trattativa prima di scegliere una forma così decisa di protesta; eppure così non è stato, almeno in alcune scuole di Trento; è quindi inevitabile interrogarsi sulle ragioni che hanno spinto tanti studenti ad imbarcarsi in un’autogestione decisamente inopportuna e ripiegata su se stessa nei presupposti ed anche nello svolgimento.

Pare anzitutto di capire che le motivazioni addotte, la piattaforma, siano più che altro ragioni "di facciata", non certo il nodo nevralgico e propulsore della protesta, che invece sembra voler confusamente denunciare un disagio più profondo e generale di fronte ad una società - e quindi anche ad una scuola - sempre più povera di certezze, ideali, punti di riferimento. Insomma, sembra che a muovere gli studenti all’autogestione sia stata, quest’anno, non una battaglia dai chiari contorni di rivendicazione di diritti ed obiettivi determinati, quanto piuttosto un malessere davanti a un futuro incerto e ben poco entusiasmante; così come incerta e poco entusiasmante è apparsa l’autogestione di quest’anno. Gli studenti, con il loro smarrito e talvolta sterile rifiuto dell’esistente espresso tramite il blocco dell’attività nelle loro scuole, non fanno che riflettere il contesto altrettanto smarrito e sterile in cui crescono e si formano.

Il nostro modesto parere è che questi studenti non vadano guardati con animosità per certe loro scelte immotivate e contraddittorie; piuttosto, dovremmo adoperarci tutti per avviare una seria riflessione sui vuoti da colmare e le alternative da creare.

Prendiamo dunque questa autogestione per quello che è: un piccolo, maldestro passo sulla via, tutta da costruire, del cambiamento; e non lasciamola cadere nel vuoto, altrimenti rimarrà nient’altro che un saggio dell’incapacità attuale di esprimere e codificare il disagio.