Studenti: il movimento si è fermato?
Dopo un ‘98-’99 ricco di risultati, nel movimento degli studenti, è subentrata una certa apatia. Di chi la colpa?
Dopo quasi un anno di silenzio, torniamo ad aggiornarvi su quello che accade nel mondo studentesco; questa volta però non per presentare una fitta agenda di iniziative, quanto per tentare una riflessione sugli ultimi due anni di attività.
L’anno scolastico 1998-99 si è svolto all’insegna del movimento di piazza e della rivendicazione. Tanti erano gli obiettivi: la battaglia nazionale contro la legge sulla parità scolastica e le numerose richieste locali per il diritto allo studio (trasporti a costi ridotti, accesso a mense e convitti universitari, carta giovani...). Proprio grazie a questo forte movimento, nell’aprile ’98 si è aperto il dialogo con l’assessorato provinciale all’istruzione, che è poi proseguito durante tutto il successivo anno scolastico, portato avanti da parte del coordinamento cittadino dell’Unione degli Studenti (UdS).
Dal punto di vista istituzionale il bilancio dell’attività è senz’atro positivo: ottenuto l’accesso a mense e convitti dell’Opera Universitaria, il pacchetto di carta giovani in via di definizione conclusiva, una forte diminuzione del costo dell’abbonamento degli autobus... Possiamo addirittura dire che Trento risulta essere una delle poche realtà nazionali dove una associazione studentesca sia riuscita a portare avanti uno stabile e proficuo rapporto con le istituzione ed una apprezzabile politica sindacale. Nonostante dunque un bilancio apparentemente positivo, durante l’anno scolastico 1999-2000 abbiamo però assistito ad un pauroso tracollo della partecipazione studentesca e all’impossibilità, da parte dell’ormai uscente coordinamento dell’UdS, di trovare dei volontari desiderosi di sostituirsi nel lavoro all’interno dell’associazione. Come mai?
Da parte dell’UdS c’è stato senz’altro un deficit comunicativo e una certa stanchezza interna, ma queste sono probabilmente le ragioni più contingenti. Fra le ragioni di fondo troviamo invece un’incapacità e una paura molto radicata fra gli studenti non solo nell’accostarsi all’attività politica, ma addirittura all’acquisizione di un senso collettivo, di quel “noi” che è fondamentale per ogni forma di solidarietà o azione non individuale. E contro questa paura, contro questa tendenza alla delega che si accompagna, contraddittoriamente, a un rifiuto dei propri rappresentanti, si infrange inevitabilmente ogni residua energia politica.
L’esperienza personale, politica ed umana di questi due anni ci porta a constatare l’esistenza, fra i giovani, di un forte disagio esistenziale, di una forte insoddisfazione e, al contempo, di una inquietante povertà di strumenti per sollevarsi da questa condizione: mancano cultura politica e abitudine all’azione collettiva; manca addirittura la capacità di figurarsi una qualsiasi realtà che vada oltre l’esistente, la capacità stessa di immaginare desideri e cambiamenti.
Naturalmente, in tutto questo, c’entra e come l’incapacità della politica, specialmente di sinistra, di intessere relazioni, di comunicare, di investire nei giovani. Gli studenti, circondati da un mondo adulto incapace di fornire strumenti critici, spesso con in prima linea una scuola rigida, nozionista e totalmente chiusa agli avvenimenti di attualità, sviluppano quindi sfiducia e diffidenza nella politica e nell’azione collettiva. E questa è una pesante eredità di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili e su cui intervenire.
Questo l’UdS, col valido aiuto della CGIL, che nei nostri confronti ha dimostrato rispetto e interesse, tenta ancora di farlo, malgrado errori e difficoltà. Ad ottobre si è infatti presentato qualche volonteroso studente che, non vedendo nuove iniziative dell’associazione, si è chiesto che fine avevamo fatto e desidera portare avanti l’attività. A questi nuovi militanti daremo tutto quello che ci sarà possibile in termini di conoscenze, competenze e strumenti, nella speranza di un rinnovamento di energie e risorse, per continuare il nostro lavoro nel mondo della scuola, con la speranza di essere, magari, un po’ meno soli.