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Legittimo sospetto e Lodo Maccanico

Le motivazioni con cui la Cassazione ha respinto la richiesta di spostare a Brescia il processo a Previti e Berlusconi. E come la maggioranza persegue l’impunità del suo leader.

E’ stata pubblicata la motivazione della Corte di Cassazione, chiamata a decidere se i processi milanesi per corruzione in atti giudiziari (imputati Berlusconi, Previti e altri) dovessero essere trasferiti a Brescia per "legittimo sospetto" in base al nuovo art. 45 del CPP.

Spiace rilevare che la Corte ha fatto una sorte di gimcana fra due questioni di legittimità costituzionale che si intrecciano. La prima riguarda l’estensione ai processi in corso del nuovo regime, in contrasto con l’art. 25 comma 1° della Costituzione. In altre parole: la Cirami è una legge ad personam? La Corte ha preferito non rispondere, cavandosela con la constatazione che la nuova normativa colma un vuoto legislativo riguardante la tutela della imparzialità del giudice.

La seconda questione concerne l’art. 25 della Costituzione (precostituzione del giudice) e qui la Corte ha spostato l’attenzione sulla natura eccezionale dell’art. 45 (anche nella nuova versione), che va quindi interpretato restrittivamente, perdendo l’occasione di affrontare il toro per le corna rimettendo il problema alla Corte Costituzionale.

Ma non tutto il male viene per nuocere: con la rimessione alla Corte Costituzionale, Previti non sarebbe ancora stato condannato. Sono invece apprezzabili le argomentazioni con cui le Sezioni Unite hanno negato l’esistenza del legittimo sospetto. Esse affermano che la valutazione di gravità della situazione locale (di cui parla l’art. 45) non può venire condizionata dalla valutazione d’idoneità dei fattori di turbativa a incidere sulle dinamiche processuali. Tale seconda verifica va dunque effettuata solo dopo aver autonomamente accertato la sussistenza del primo requisito, cioè dopo avere constatato l’esistenza sul territorio di una situazione in sé "eccezionale e patologica" che la Corte definisce "abnorme, sconvolgente, di notevole consistenza, di inevitabile incidenza, univocamente significativa". E nessun elemento addotto dalla difesa è ritenuto sintomatico di una situazione autenticamente "grave".

Osserva la Corte: "Se venisse constatato il mutamento della Procura milanese da ufficio che esercita obbligatoriamente l’azione penale in ‘organismo politico’, non vi sarebbe alcun dubbio che ci si troverebbe dinanzi alla grave situazione locale che è il presupposto per la rimessione del processo". Ma tutto ciò non è minimamente provato. Né il discorso di Borrelli, né la triplice esortazione a "resistere" può intendersi come un accanimento della magistratura milanese contro gli imputati. Anzi esso va inteso, secondo la Corte "come un invito al recupero della legalità che, diretto ai magistrati, non poteva non avere fra i tanti anche il significato di invito a non essere prevenuti, a non avere pregiudizi contro gli imputati, ad essere imparziali".

La Corte smonta pezzo per pezzo le argomentazioni della difesa e scarica dal "legittimo sospetto" ogni valutazione discrezionale.

Approvare il "lodo Maccanico" per legge ordinaria o per decreto? E’ inconcepibile giuridicamente. Estenderlo ai parlamentari in giudizio, e ai coimputati nei processi in corso? Sarebbe mostruoso! La proposta Maccanico, maturata in altri tempi, mirava a tutelare contro possibili azioni giudiziarie le più alte cariche dello Stato, e cioè i Presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, della Corte Costituzionale, e il Presidente del Consiglio durante il periodo del loro mandato. La proposta non è irragionevole e può essere accolta, ma solo a tre condizioni: l) la tutela deve riguardare solo le alte cariche sopra indicate e nessun altro; 2) la riforma deve valere per il futuro e non per i processi in corso; 3) alla fine del mandato il soggetto imputato deve rispondere alla giustizia in un normale processo temporaneamente congelato. La proposta, sia pure così rigorosamente delimitata, rappresenta una chiara eccezione a uno dei principi fondamentali della Costituzione: quello dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Può essere tuttavia accettata in vista di un bene maggiore: l’ordinato reggimento della Repubblica, mettendolo al riparo, per un tempo limitato, da difficoltà giudiziarie. Perché ciò sia giuridicamente possibile e politicamente corretto bisogna seguire le regole della Costituzione, e cioè: doppia votazione alla Camera e al Senato; 90 giorni di tempo fra l’una e l’altra votazione; ricorso a referendum confermativo qualora il Parlamento non abbia approvato almeno una volta con la maggioranza dei due terzi. Lo prescrive l’art. 138, che fu seguito quando dieci anni or sono si abolì l’autorizzazione a procedere. La maggioranza berlusconiana ha fretta ed è pronta a stracciare ancora una volta la Costituzione pur di salvare il suo premier, Previti e soci, facendo approvare a tamburo battente una legge ad personam o addirittura un decreto che sospenda i processi di Milano dove gli imputati sono accusati di compravendita di sentenze e di corruzione.

Si tratta di farneticazioni pericolose. Se la maggioranza dovesse seguire il desiderio di impunità di Berlusconi, Previti e soci, non potrà mancare la ferma opposizione dell’opinione pubblica e del centro-sinistra. Oltrepassati certi limiti di decenza, è mia rispettosa opinione che farà sentire la sua voce anche il Presidente Ciampi, la cui funzione principale è che la legislazione non esca