I giudici e il governo
L'allarme dei magistrati: pienamente giustificato. Con un governo che tende a sottomettere a sé la magistratura.
Non è un processo alle intenzioni. L’allarme manifestato da tutti i magistrati in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario è ben fondato. Il rischio gravissimo è che sia per essere limitata l’indipendenza della magistratura subordinandone la funzione ad intollerabili ingerenze del potere esecutivo.
Tutto è cominciato quando verso la metà degli anni ’90 si è fatta circolare l’opinione che le indagini dei pubblici ministeri di Milano contro i politici corrotti e gli uomini di affari corruttori fosse stata una "supplenza politica" della magistratura. Quando si sono accusati i magistrati di "Mani pulite" di essere "toghe rosse" che orientavano le loro inchieste solo verso la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista, risparmiando il Partito Comunista.
Tutte queste affermazioni erano e sono false. Infatti non vi fu alcuna "supplenza politica", poiché i magistrati si limitarono a svolgere la propria funzione di custodi della legalità, e se l’apparato politico di governo cadde sotto il peso dei processi che ne nacquero fu solo perché esso aveva deviato dal buongoverno ed inaugurato un sistematico costume di corruttela. Non è vero che i magistrati del pool di Milano fossero "toghe rosse", a cominciare dal più famoso Antonio Di Pietro che nutriva semmai opposte simpatie.
Non è vero che sia stato risparmiato il PCI, come dimostrano le vicende di Burlando, Greganti ed altri, gli avvisi di garanzia a D’Alema ed Occhetto, le ossessive investigazioni di Nordio. Ma quelle affermazioni (supplenza politica, toghe rosse, PCI risparmiato) benché false, a forza di essere ripetute sono diventate luoghi comuni, senso comune.
Su queste premesse è stato facile orientare la pubblica opinione contro i magistrati, facendoli apparire come una corporazione privilegiata responsabile del funzionamento scadente della nostra giustizia. I processi lunghi, i reati impuniti, le scarcerazioni improvvide, tutti effetti di una procedura super garantista e di una struttura inadeguata, sono stati attribuiti a colpa dei magistrati. Errori di singoli magistrati sono stati enfatizzati fino a farli ricadere sull’intero ordine giudiziario. Una campagna montante dei mezzi di comunicazione di massa ha predisposto un terreno idoneo a far passare un’azione di governo e di questa maggioranza rivolta senza ombra di dubbio a mettere le briglie ad uno dei poteri fondamentali di un sano ordinamento liberal-democratico.
Vi sono infatti indizi gravi, univoci e concordanti che rivelano questa tendenza del governo e della sua maggioranza a subordinare la funzione giudiziaria al potere politico.
Si pretende di affidare alla maggioranza parlamentare la prerogativa di scegliere i reati da perseguire. Si è costituita una commissione di inchiesta parlamentare con il potere di indagare sul comportamento dei magistrati che ha trattato i processi di Tangentopoli. Il presidente della Commissione giustizia della Camera propone di vietare le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario.
In 18 mesi di legislatura si sono fatte soltanto leggi volte a sottrarre eminenti personaggi di queste maggioranze alla giurisdizione della Repubblica ove sono indagati per delitti comuni. Il ministro della giustizia vuole ripristinare l’immunità parlamentare, e si bandisce l’ovvio principio che la giustizia si amministra in nome del popolo per far rivendicare la sovraordinazione del Parlamento e del Governo all’ordine giudiziario. In questo contesto è di tutta evidenza che i problemi reali della giustizia sono oscurati dalla drammaticità di una contesa che mette a rischio la base stessa di un valore fondamentale della convivenza democratica: la separazione dei poteri, il reciproco bilanciamento, l’indipendenza della giurisdizione dagli altri poteri.
E'dunque da condividere senza riserve l’azione dell’intera magistratura a difesa della sua indipendenza. Non difende un privilegio corporativo, difende un valore prezioso ed irrinunciabile per tutti i cittadini.
Un giudice indipendente può sbagliare. L’ordinamento prevede i rimedi possibili in ben tre gradi di giustizia. Un giudice soggetto al potere politico sarà sempre di parte, subordinato alla maggioranza del momento. Non possiamo lasciare i magistrati soli in questa strenua difesa.
Si paventa il rischio che nasca un partito dei giudici. Non è desiderabile che ciò avvenga, per molte ragioni. Però se si dovesse scegliere fra un partito dei giudici ed un partito dei corrotti e dei corruttori, senza alcuna esitazione - non vi pare? - la scelta cadrebbe sul primo.