Il silenzio del Presidente
L’immunità, la destra e il Presidente della Repubblica.
Fate attenzione, per favore, alle due frasi che seguono: "Mi rendo conto. Non è il massimo risiedere in un Paese nel quale il premier esercita il suo potere esecutivo per sfilarsi da un processo (…). Berlusconi ricorre a una specie di legittima difesa ritagliandosi norme su misura".
Chi le ha scritte? Curzi su Liberazione o Parlato sul Manifesto? O Colombo sull’Unità? O Mauro su Repubblica? Macché, nessuno di costoro. Le ha scritte Vittorio Feltri, nell’editoriale di Libero del 18 giugno scorso; Vittorio Feltri, che non è un comunista, né un radical-chic, né una toga rossa. E’ un dichiarato sostenitore di Berlusconi, tanto che conclude "che fa bene (a fare quelle cose)… noi abbiamo bisogno di Silvio perché i suoi avversari sono peggio di lui". Dunque anche per Feltri Berlusconi "non è il massimo", però va egualmente bene perché i suoi avversari sono peggio di lui.
Lo avevo sempre pensato che l’odio mobilita più dell’amore. In questa spregiudicata e cinica affermazione di uno dei più autorevoli banditori della cosiddetta Casa delle Libertà trovo la conferma di questa mia desolante opinione: Feltri e molti elettori della destra appoggiano il Cavaliere non perché ne apprezzino i meriti, ma solo per ripugnanza verso la sinistra. Perché meriti è piuttosto difficile riconoscere che ne abbia, se su uno dei suoi giornali leggiamo le frasi che ho citato. Esse sono di una gravità inaudita. Sono una confessione di reità.
Provate un po’ ad immaginare che il soggetto di quelle frasi, invece che il capo di governo, sia un sindaco, poniamo il sindaco di Sfruz. Questi usa il suo potere di sindaco per far approvare dal suo Consiglio comunale una variante del Piano regolatore che renda possibile la sanatoria di una infrazione edilizia da lui commessa quando era semplice cittadino. In tal modo "ritagliandosi norme su misura… esercita il suo potere esecutivo per sfilarsi da un processo". Un simile comportamento - se adottato dal sindaco di Sfruz - sarebbe un abuso d’ufficio punibile con la reclusione fino a tre anni, ed anche di più, poiché ricorre l’aggravante di averlo commesso per conseguire l’impunità di un altro reato (art. 323 e 61 n. 2 del codice penale).
Il caso denunciato da Feltri a proposito di Berlusconi è identico. Anzi è persino peggio. Infatti il capo del governo non poteva farsi tutto da solo le leggi sulle rogatorie, sul legittimo sospetto, sulla sospensione del suo processo. Ha avuto bisogno della attiva e consapevole cooperazione dei deputati e senatori della sua maggioranza che, violando la Costituzione, le hanno votate in una incalzante, ossessiva, concitata reiterazione del disegno criminoso. In tal modo evocando l’art. 416 del codice penale, che configura in modo puntuale un tale comportamento condiviso da una pluralità di persone definendolo "associazione per delinquere" e punendolo con la reclusione fino a sette anni.
Tutto questo è esattamente ciò che ha scritto Vittorio Feltri. Non ci sono dunque soltanto i presunti delitti comuni (corruzione di giudici) per i quali pende il processo di Milano che si vuole sospendere, vi sono anche i reati attuali denunciati da Feltri: l’abuso d’ufficio, cioè l’uso del potere legislativo più volte compiuto dalla maggioranza parlamentare per approvare alcune leggi al solo scopo di "sfilare" il suo leader da un processo.
Beninteso, per questi reati segnalatici da Feltri i membri del Parlamento che hanno approvato quelle leggi non possono essere chiamati a rispondere poiché si è trattato di "voti dati nell’esercizio delle loro funzioni" (art. 68 della Costituzione). Ma questa immunità già vigente nulla toglie all’enormità di ciò che è accaduto, secondo il giudizio, ripeto, persino di Feltri.
Tutto ciò non lo ha visto soltanto lui. Lo hanno visto tutti, anche in Europa. L’unico che non lo ha visto è colui che aveva il potere di impedirlo, o almeno di tentare di impedirlo: il Presidente della Repubblica, il quale ha creduto, con la sua acquiescenza, di annegare il disdoro del premier nel disonore dell’intero nostro sistema costituzionale. In Europa così penseranno che abbiamo il premier che ci meritiamo. Ma è ancora vero? Non resta, allo stato, che sperare nella Corte Costituzionale. Un po’ meno nel referendum abrogativo.