Elettrodotti: l’altro referendum
E' quello sugli elettrodotti, per evitare l'elettrosmog, promosso dal alcune associazione dei consumatori. Le motivazioni e le perplessità.
Il referendum popolare intitolato "Servitù coattiva di elettrodotto: abrogazione" punta alla cancellazione dell’articolo 119 del Regio Decreto n° 1775 del 1933 e dell’articolo 1056 del codice civile che prevedono l’obbligo per ogni proprietario di dare passaggio sui suoi terreni alle condutture elettriche.
L’obiettivo di questo referendum è di restituire ai cittadini ed agli enti locali un potere contrattuale nei confronti delle società che trasportano energia elettrica. Secondo i promotori del referendum, la servitù (vale a dire l’obbligo di passaggio) era giustificabile nel 1933 quando realmente l’interesse collettivo era quello di portare l’energia elettrica in tutto il territorio nazionale, mentre ora mantenere questa normativa significa prevaricare sia il diritto del cittadino, sia il potere dei comuni di pianificare il territorio, il tutto a favore degli interessi economici delle aziende elettriche.
A seguito della liberalizzazione dell’energia elettrica che porterà alla costruzione di centinaia di nuove centrali - sostengono sempre i promotori - si assisterà al proliferare di elettrodotti, con tutte le loro nefaste conseguenze. Come caso emblematico viene citato quello della Lombardia, dove già esistono numerose linee dell’alta tensione che creano problemi a causa della notevole densità abitativa, mentre la richiesta di realizzare 32 nuove centrali elettriche porterebbe ad una situazione insostenibile dal punto di vista dell’elettrosmog, fenomeno sul quale si sa ancora pochissimo, specie sugli effetti a lungo termine, e sul quale l’OMS e la stessa Unione Europea invitano a seguire il principio di precauzione.
Di fronte a un tale quesito referendario, il dubbio che sorge è
che, se si seguisse lo stesso principio indicato dai promotori
anche per altre infrastrutture e servizi (strade, edifici di pubblica utilità, ecc.) il veto di una singola persona potrebbe bloccare tutto.
Abbiamo posto queste obiezioni a Pasquale De Matthaeis, responsabile trentino del Codacons, che è uno dei promotori del referendum.
"Ci sono già dei servizi - ci risponde - dove l’interesse pubblico è soggiogato al privato, ma questo non ha bloccato certo le infrastrutture; è il caso delle antenne in Vallarsa, dove il contadino, che ha dei terreni incolti e nulla sa di elettrosmog, li concede, in cambio di pochi soldi, per l’installazione di antenne e ripetitori".
E allora non sarebbe meglio, invece che stabilire una subordinazione che può essere facilmente comprata, stabilire una normativa chiara che regolamenti il settore?
"E’ appunto questo il vero scopo del referendum. Smuovere le acque, far discutere la gente su questo problema, perché di elettrosmog si sa ancora poco. Ma purtroppo di questo referendum, e delle problematiche che tocca, si continua a non parlare".