La Regione in mezzo al guado
In futuro, cosa potranno fare - insieme - trentini e sudtirolesi?
Un po’ di riforma, le deleghe di funzioni amministrative (e un po’ anche legislative, nonostante quanto scritto nello Statuto d’Autonomia) alle Province. Non si tratta di un colpo al cerchio e di un colpo alla botte. Si batte infatti solo e sempre dalla stessa parte: l’impegno viene concentrato solo sulla "pars destruens", a distruggere ciò che c’è. Di per sé ciò non implica che non possa seguire una parte ricostruttiva. E questa era due anni fa una scommessa condivisa, sia pure con forti timori, da molti. In parte per convinzione, in parte per odio antico verso l’ente regionale, in parte perché non si vede una via d’uscita al degrado di un’istituzione. Il fatto che il degrado sia voluto esplicitamente da alcuni, perché si arrivi più in fretta alla conclusione che sia meglio fare a meno dell’ente stesso, e che sia incentivato da altri, che ne approfittano privilegiando interessi privati su quello pubblico, non cambia la questione. Non dal punto di vista politico, che una volta di più si distingue nettamente da quello morale.
Ma ciò che sta accadendo suscita timori per la democrazia. Che è una cosa delicata, di cui parlano molti, ma che di fatto è anche qualcosa insieme di modesto e grande, poco appariscente, ma strettamente legato alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini.
I diversi interessi che hanno portato a proporre un cambiamento non sembrano riuscire a produrre non si dice un progetto, ma neppure una vaga ipotesi condivisa di ciò che trentini e sudtirolesi faranno insieme in futuro, almeno in un quadro istituzionale.
Nell’accordo fra partiti che oggi compongono la maggioranza regionale era prevista l’individuazione di argomenti di collaborazione fra assessori provinciali, in modo da sperimentare fin da subito la possibilità di lavorare insieme su problemi comuni e al fine di trovare i modi per istituzionalizzare questi rapporti. Mentre il presidente della Provincia di Bolzano ripete che i rapporti sono comunque possibili e la Regione non c’entra nulla, gli altri partner sembrano annaspare di fronte alla indisponibilità a procedere sulla strada che si era individuata insieme (con carta e tanto di firme).
Il cambiamento si è avviato senza sapere dove si andrà a finire. Tanto più sembra necessario rispettare quei pochi punti fermi stabiliti dalle procedure, attraverso le quali si vuole arrivare a individuare, a posteriori, la meta. Non pare che l’obiettivo possa essere altro che la definizione di un nuovo quadro istituzionale, che garantisca non solo la collaborazione concreta, ma anche la partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche e amministrative. Non basta infatti che gli amministratori e quindi le due Province a livello degli esecutivi fondino insieme società e consorzi per la gestione di risorse e di programmi (in materia ambientale, dei trasporti, dell’energia, della sanità). Questo naturalmente è già molto, e molto manca, preferendo ognuno chiudersi nel proprio guscio, che libera dalla seccatura dei confronti e degli impegni reciproci. Soprattutto però si devono trovare i modi attraverso i quali la popolazione possa esprimere le proprie opinioni, dare suggerimenti, sollevare problemi.
La situazione su questo punto diventa via via più incerta e più confusa, forse per il passare del tempo e l’indebolirsi di parti della rappresentanza a livello politico (vedi forze politiche non SVP di Bolzano), forse per l’effetto dirompente delle elezioni politiche, che, lontanissime da ogni pensiero federalista, pretendono di allineare sulle opzioni nazionali gli schieramenti locali, ignorando le specificità del territorio. Queste ultime vengono esaltate per costituire un’eccezione alpina al dibattito civile europeo sulle grandi questioni dei diritti di cittadinanza, ma poi faticano ad emergere nel turbinio dei megamanifesti e delle sconfinate ambizioni personali. I progetti, le aspirazioni, gli impegni non vendibili ("vendere", una parola terribile e terribilmente diffusa della "nuova" politica!) sul mercato pubblicitario dell’immediato, ciò che richiede fatica e produce scarso riconoscimento, non riesce a trovare chi li porta avanti.
Chi in Trentino cova progetti di semplice distruzione della Regione non ha spesso il coraggio di dirlo, per timore delle conseguenze elettorali. La SVP fa il contrario: firma un patto di coalizione per la riforma, ma non fa mistero di avere obiettivi abolizionisti.
La riforma del quadro istituzionale della Regione soffre di questi mali e non sembra trovare una via d’uscita dal guado in cui l’avvio del cambiamento l’ha portata: non si muove perché non sa dove vuole approdare.