Dopo i comprensori
In arrivo la riforma: i comuni vengono promossi dalla serie B alla serie A. Ma dubbi e problemi non mancano.
Alcuni anni fa, nel corso di un convegno provinciale, un autorevole studioso di diritto definì di serie B il livello d’autonomia dei comuni trentini. I numerosissimi sindaci presenti in sala applaudirono caldamente l’insigne professore. Oggi, sindaci e amministratori comunali sembrano meno appassionati, a giudicare dalle loro presenze non propriamente massicce agli incontri organizzati dalla Giunta provinciale per spiegare la riforma che dovrebbe - per restare nella metafora calcistica - portare i comuni del Trentino in serie A. Il fatto è che di riforme si parla inutilmente da tempo e quindi un po’ di scetticismo è d’obbligo.
Ma qual è il problema? Oggi più di ieri, anche sulla spinta dei cambiamenti in corso a livello nazionale, diventa urgente dare una "regolata" alla macchina organizzativa della pubblica amministrazione locale. La spesa pubblica deve essere controllata meglio ed in ogni caso, a parità di risorse investite, va migliorato il livello dei servizi forniti ai cittadini. Quindi, una parte delle innumerevoli funzioni oggi esercitate dalla Provincia con livelli di efficienza non sempre eccelsi deve essere spostata a livello comunale; ma come fare, visto che i comuni trentini sono tantissimi ( 223) e quasi tutti di piccole dimensioni? E come risolvere l’annosa questione dei comprensori che, frutto di un’intuizione positiva, sono in parte naufragati nella loro attuazione concreta?
Queste ed altre sono le domande alle quali la giunta provinciale cerca di dare risposta con il progetto di riforma che l’assessore Pinter sta portando in giro per il Trentino con tappa, la settimana scorsa, a San Michele all’Adige. La concertazione tra Provincia e comuni, la collaborazione tra i comuni stessi, l’esercizio in forma associata delle funzioni oggi di competenza dei comprensori, l’alleggerimento della Provincia con il trasferimento ai comuni di numerose attività amministrative, la valorizzazione dei comuni stessi quali enti più vicini al territorio ed ai cittadini, rappresentano il nucleo della riforma. La Provincia dovrà riservare a sé alcune importanti materie e funzioni, mentre tutto il resto passerà ai comuni, i quali dovranno però gestire i servizi in forma associata per assicurarsi economicità ed efficienza operativa.
Gli ambiti dell’associazione saranno stabiliti dai comuni stessi e, laddove l’esperienza comprensoriale ha dimostrato di funzionare, potranno coincidere con gli attuali confini comprensoriali.
Nel caso del comprensorio della Valle dell’Adige, che oggi comprende il capoluogo, la val di Cembra, la valle dei Laghi, la Rotaliana e l’altopiano della Paganella, è evidente la necessità di trovare un modello organizzativo nuovo. Diversamente dal comprensorio che oggi opera su delega diretta della Provincia, i comuni saranno domani i titolari esclusivi della funzione che però - come abbiamo visto - avranno l’obbligo di esercitare in forma sovracomunale sotto il controllo diretto delle rispettive assemblee consigliari.
"Con quali risorse?" - hanno chiesto diversi amministratori all’assessore provinciale. "Intanto - ha risposto Pinter - avrete quelle già destinate ai comprensori e poi, man mano che la Provincia vi trasferirà compiti e funzioni, avrete anche i corrispondenti finanziamenti".
La dirigente provinciale Livia Ferrario ha confermato che, così come stanno oggi le cose, c’è una dispersione di risorse e quindi la messa in rete di alcuni servizi comunali, se ben organizzati, non potrà che produrre maggior efficienza ed economie. "Ma anche la Provincia - ha aggiunto la dirigente - dovrà in ogni caso sottoporsi a una cura dimagrante. Lo impone la dinamica nazionale ed europea."
Ma la riforma riuscirà a mantenere l’omogeneità ora esistente in taluni servizi (asili, trasporti, ecc.)? - ha chiesto un interlocutore. "Saranno prestabiliti degli standard - è stata la risposta - e in ogni caso, per fare l’esempio degli asili nido, il fatto che la competenza sia stata fin qui riservata alla Provincia non ha certo garantito omogeneità né riguardo alla diffusione né alla qualità del servizio".
" Non sarà, la riforma, il primo passo verso la soppressione dei piccoli comuni?" - ha chiesto un assessore della Paganella. "Oggi - ha risposto Pinter - solo i comuni più grandi sono effettivamente in grado di svolgere il loro ruolo e l’associazione di quelli più piccoli in vista dell’assunzione di maggiori responsabilità diventa un fatto necessario. Se poi, nel tempo, gli stessi comuni decideranno democraticamente di aggregarsi anche politicamente (unione dei comuni, n.d.r.), non vedo in ciò nulla di negativo".
Critico il sindaco di Molveno, che vede nella riforma il rischio di un decentramento burocratico di uffici provinciali. Infatti, accanto alle funzioni, ai comuni, o meglio alle associazioni dei comuni, sarà trasferito anche il relativo personale dei comprensori e della provincia. "Spetterà all’assemblea dei sindaci di ogni ambito sovracomunale organizzare nel modo migliore le funzioni, e il personale a loro trasferito e quindi il ruolo politico risulterà valorizzato." A quando la riforma? Salvo intoppi politici, vista la convergenza dei più sulla proposta, entro l’anno prossimo la legge dovrebbe diventare operativa.