Il fastidioso Comitato Faunistico
Fugatti abolisce lo strumento preposto al governo del patrimonio faunistico composto da ambientalisti e cacciatori, impegnati in uno scontro perenne senza alcuna possibilità di raggiungere una mediazione
La giunta Fugatti, affrontato il tema numero uno (o perlomeno, quello che ritiene più caratterizzante della propria identità), i migranti, è passata al numero due, l’ambientalismo. Anzi l’ambiente.
In altre pagine parliamo della riapertura ai motori dei passi dolomitici. Qui parliamo dell’atteggiamento verso la fauna, con l’individuazione del nuovo “pericolo” per la popolazione, il lupo; e la brusca abolizione di uno degli strumenti preposti al governo del patrimonio faunistico, il Comitato Faunistico.
Gli ambientalisti si sono subito indignati. A prima vista si potrebbe dire che in fondo se la sono cercata. Sono anni che gli ambientalisti del Comitato parlano malissimo, con conferenze stampa di denuncia, delle decisioni e delle modalità operative, arrivando anche ad abbandonare i lavori per protesta o a volte per far mancare il numero legale. Tutto vero e documentabile, ma è pure vero che non era certo l’abolizione del Comitato l’obiettivo a cui gli ambientalisti miravano.
Sarebbe altrettanto sbagliato ridurre questa decisione alla volontà di fare uno sgarbo alle associazioni ambientaliste. La questione è più complicata di così e inoltre qualcuno potrebbe obiettare che, abolendolo, in fondo si è fatto uno sgarbo anche alle associazioni dei cacciatori che attraverso esso hanno sempre portato a casa gli obiettivi che si prefiggevano. Se così fosse, a dire il vero, ci si sarebbe aspettato un livello di proteste da parte dei cacciatori paragonabile a quelle degli indignatissimi ambientalisti, ma così non è stato. Viene il dubbio che ai cacciatori l’idea di potere operare trattando direttamente con i tecnici provinciali, senza dover passare attraverso le fastidiose e lunghe riunioni del Comitato, forse non dispiaccia.
E allora parliamo un po’ di come funzionava questo Comitato.
La sua costituzione risale a una legge provinciale del 1991 dal titolo “Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia”: è (era) un organo tecnico-consultivo per la gestione della fauna costituito da ventidue membri (troppi) di cui quattro espressione degli ambientalisti e cinque dei cacciatori (che così sono subito in maggioranza), e che di fatto ha trattato temi non tanto relativi (come da intenti della legge) alla fauna, bensì alla caccia. Il risultato di questa situazione è stato che, dopo una fase iniziale in cui il Comitato sembrava potere essere un buon compromesso per mediare tra visioni opposte, i lavori si sono trasformati in uno scontro perenne, senza alcuna possibilità di giungere ad una mediazione e con entrambe le parti sorde a qualsiasi discorso della parte avversa. Da tempo trovare un membro del Comitato, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, che fosse soddisfatto delle modalità in cui era chiamato ad operare era impresa impossibile. Si potrebbe aggiungere, con gli ambientalisti sicuramente più frustrati di tutti, in quanto quasi sempre perdenti.
Nel corso degli anni i rappresentanti delle quattro associazioni ambientaliste presenti in Comitato hanno più volte tentato di modificare questa situazione, rivolgendosi sia ai responsabili del Servizio competente, sia ai politici di turno. Le proposte, diversificate nel tempo, miravano però tutte a tre obiettivi. Ridurre di molto il numero dei membri titolari per snellire gli incontri e facilitare le scelte; raggiungere un sostanziale equilibrio tra le due principali parti in causa; garantire che la presidenza fosse affidata una figura realmente super partes. Su quest’ultimo punto è utile precisare che toccava all’assessore competente presiedere i lavori e che, in sua assenza (ossia quasi sempre), il ruolo veniva svolto dal dirigente del Servizio Faunistico. La legge consente che quest’ultimo sia iscritto all’associazione cacciatori e questo è sempre avvenuto.
Pur in presenza di dirigenti che sempre hanno dichiarato la loro imparzialità, sempre gli ambientalisti hanno sollevato - inascoltati - il dubbio del conflitto di interessi.
Il risultato dei tanti sforzi per giungere ad una modifica della legge è stato uno zero assoluto. Anche quei politici che riconoscevano la validità delle proposte si trinceravano poi dietro la difficoltà di trovare il consenso per la modifica della legge. E questo è forse il più corposo dato di fatto: i cacciatori sono da sempre una minuscola minoranza (oggi faticano a superare l’uno per cento della popolazione), eppure la loro forza a livello politico è ancora molto alta, sicuramente sproporzionata rispetto al loro numero. Questo perché, oltre a sapersi muovere con abilità, essi hanno dalla loro una totale compattezza pronta a manifestarsi nel momento del voto, in confronto alla disomogeneità del variegato mondo ambientalista.
Così la legge non è mai stata modificata, e ora Fugatti il Comitato lo ha eliminato, togliendosi il fastidio di un organismo che litigava tanto, ma almeno i temi li sollevava e li discuteva.