Zanotelli, a tutti i costi contro gli animali
La Provincia chiude la collaborazione con LIPU per la gestione del Centro di recupero della fauna selvatica
È di pochi giorni fa l’annuncio che Trento è stata nominata capitale europea del volontariato: un riconoscimento di cui essere fieri e che riempie di orgoglio e di soddisfazione tutti i volontari (e non solo loro) che operano nelle numerose associazioni presenti sul territorio. L’eco della bella notizia non si è ancora spenta quando arriva la conferma del Servizio Foreste e Fauna della Provincia che la pluriennale collaborazione con LIPU per la gestione del CRAS (Centro di recupero fauna selvatica) di San Rocco verrà interrotta perché, a partire da gennaio 2023, della fauna ferita, o comunque bisognosa di cure, si occuperanno i forestali direttamente. Insomma, detto in breve: siete bravi, grazie per quello che avete fatto, ma ora facciamo da soli.
Difficile non notare una certa distonia tra i due annunci. Siamo i primi nel campo delle attività del volontariato, ma per gestire la fauna ferita mettiamo al lavoro i dipendenti pubblici. Di questo passo possiamo aspettarci che la SAT si vedrà dare il benservito e il grande lavoro che da anni i suoi volontari svolgono per la sistemazione e la manutenzione di tutti i sentieri passerà in carico alla PAT? O per fare un esempio in tema animali, ve lo immaginate il Comune di Trento o quello di Rovereto che annunciano che i loro canili e gattili non saranno più affidati tramite convenzioni ad associazioni di volontariato, ma a dipendenti comunali incaricati di occuparsi di cani e gatti?
Per essere chiari, non stiamo parlando della “raccolta e consegna” degli animali, assai ben gestibile da personale dipendente da enti pubblici (Vigili del Fuoco, Forestali, Guardia-parco...), ma della ben più impegnativa fase successiva di cura, riabilitazione, gestione dell’animale e, nel caso di fauna selvatica, ogni qualvolta è possibile, della sua liberazione.
Per giustificare la decisione potremmo ipotizzare che al CRAS le cose non stessero andando bene. Il fatto è però che la stessa PAT nel suo comunicato non ipotizza assolutamente alcun problema in tal senso.
Nel 2017, in occasione dei festeggiamenti per il decennale dell’attività, gli apprezzamenti da parte dei dirigenti provinciali e gli encomi per quanto veniva fatto a San Rocco erano stati numerosi. Negli anni l’attività svolta non solo è andata aumentando in termini quantitativi, mano a mano che si diffondeva, pure tra i privati cittadini, l’informazione che lì ci si poteva rivolgere per recuperare gli animali rinvenuti, ma anche in termini qualitativi, grazie all’esperienza in continua progressione, sia delle persone operanti al CRAS, sia del veterinario incaricato di diagnosi, terapie ed interventi. È cosa nota tra gli addetti ai lavori e tra le persone informate sul tema come il CRAS di Trento sia diventato un Centro di eccellenza nel settore.
Tra i più amareggiati per il cambio di rotta (ma lo devono dire sottovoce) sono gli stessi forestali, che hanno sempre apprezzato moltissimo il lavoro svolto da LIPU con cui la collaborazione è stata totale.
Poi, se parliamo di costi, la scelta appare ancora più incomprensibile. Le ore prestate dai volontari nei 15 anni di attività del CRAS sono stimate in circa 14.000, ore ovviamente aggiuntive rispetto a quelle dei due dipendenti part-time. Sono tutte ore che, dal momento in cui i volontari non potranno più mettervi piede, dovranno essere messe a disposizione da dipendenti del Servizio Foreste, pena un decadimento della qualità del servizio che si tradurrebbe semplicemente in meno animali salvati, più animali morti. Anche perché l’attività del Centro non si svolge in modo routinario nel corso dell’anno: ai periodi di relativa calma si alternano momenti frenetici, come quando avvengono dei sequestri di animali illegalmente detenuti e soprattutto nella tarda primavera ed estate, i mesi della nascita dei piccoli. In questi periodi la collaborazione dei volontari è indispensabile.
Acclarato che né l’insoddisfacente qualità del servizio, né la necessità di ridurre i costi sono alla base della chiusura del rapporto, bisogna riferirsi al comunicato emesso dalla Provincia per cercare di capire le motivazioni, e lì casca il palco perché, a parte una serie di enunciati sulle attività che verranno svolte e che peraltro già venivano svolte con la gestione LIPU, si legge che “il passaggio di gestione è stato pensato per riorganizzare e ampliare il servizio del recupero della fauna selvatica in difficoltà”. E più sotto: “Il Centro provinciale di recupero animali selvatici, ospiterà dunque non solo l’avifauna e - come avvenuto negli ultimi tre anni - i piccoli mammiferi come ricci, scoiattoli, pipistrelli, ma tutti i mammiferi, esclusi i grandi carnivori”.
Il punto dunque sembra essere quello di volere estendere l’attività a tutti i mammiferi, esclusi i grandi carnivori. Chiarissimo e giusto. La norma nazionale (emessa per allinearsi ad una direttiva europea) impone alle Regioni di dotarsi di un Centro per il recupero della fauna (tutta). La norma è largamente disattesa in molte parti d’Italia; anche nella provincia di Trento lo è in parte. La convenzione con la LIPU attualmente prevede che il CRAS si occupi di tutta l’avifauna e dei piccoli mammiferi. Agli ungulati (sostanzialmente caprioli e cervi) fino a qualche anno fa ci pensava l’Associazione cacciatori. Approfittando dell’andata in pensione dei due dipendenti che di ciò si occupavano, i cacciatori decisero di non farne più nulla e da allora il problema è rimasto irrisolto. Il punto è che negli spazi attualmente utilizzati per il CRAS al “Bosco della Città” è impensabile inserire anche animali di grande taglia che ovviamente necessitano di aree recintate adeguate. E tra l’altro non è nemmeno opportuno mescolare in spazi molto ravvicinati uccelli e mammiferi. Sui problemi di trasmissioni di malattie e virus tra specie dovremmo avere imparato qualcosa negli ultimi anni. In ogni caso la stessa LIPU, come altre associazioni ambientaliste, da anni caldeggia che sia trovata una soluzione seria del problema. Per farlo però, a meno di non volere solo fare finta di risolvere il problema, (e forti sono i dubbi che così si voglia fare)bisogna mettere in conto dei costi aggiuntivi: per la gestione degli animali e prima ancora per la realizzazione di nuove strutture su spazi adeguati. Insomma, non basta dichiarare che si vuole ampliare il servizio del recupero, bisogna comunque mettere mano al portafoglio.
Ma se le cose stanno così, allora perché un tassativo “fuori tutti, adesso ci pensiamo noi”? Non era più logico ipotizzare una completa revisione della convenzione in scadenza o rinnovarla, ma affiancandone una aggiuntiva, magari sottoscritta da altra associazione?
Insomma, comunque la si guardi la scelta di rinunciare alla collaborazione con una realtà che ha mostrato competenza ed affidabilità risulta incomprensibile, ingiustamente penalizzante per i volontari coinvolti da anni, sicuramente senza vantaggi economici per l’ente pubblico (anzi, semmai il contrario) ed infine con molte incertezze sul livello di qualità del servizio offerto.
Al termine di questa disanima sulle possibili motivazioni, non resta che concludere che si è arrivati a questo perché qualcuno lo ha voluto fortemente. La referente politica dei Servizi Foreste e Fauna (a cui per competenza fa riferimento il CRAS) è l’assessora Giulia Zanotelli, la cui totale insofferenza nei confronti delle associazioni ambientaliste è ben nota. Ricordiamo infatti come, freschissima di nomina, aveva cancellato il Comitato Faunistico provinciale, un organismo previsto da apposita legge provinciale 24/1991 per la tutela della fauna e che, seppur da tempo più terreno di scontro che di confronto tra cacciatori ed ambientalisti, serviva almeno a fornire informazioni sulle modalità di gestione della fauna trentina in generale e dell’attività venatoria in particolare. A seguire, Zanotelli interrompeva le convocazioni del tavolo di confronto sui grandi carnivori, volto ad individuare le migliori soluzioni per la convivenza con orsi e lupi: anche qui una scelta ingiustificata. Nell’ultimo incontro del tavolo si era discusso dell’adesione ad un progetto - finanziato dalla Comunità Europea - finalizzato all’applicazione di buone pratiche per favorire la coesistenza tra popolazione e grandi carnivori. Naturalmente tutto finiva nel nulla.
A fine maggio 2022 le associazioni ambientaliste aderenti al Gruppo di coordinamento, preoccupate per la preannunciata sospensione del rapporto con LIPU per la gestione del CRAS, avevano richiesto un incontro con Zanotelli per avere chiarimenti. Richiesta ignorata, come pure quella ripetuta il mese successivo.
Difficile non pensare all’assessora quando ci si domanda il perché di questa estromissione; più difficile comprendere le ragioni di tanta pervicace ostinazione nel perseguire un obiettivo da cui tutti usciranno perdenti, ossia sbagliato..