L’attesa... sfibrante
La Giunta di Ugo Rossi riprende in mano il piano per la rete di nuova generazione, ma c’è chi getta l’ombra di un trattamento di favore alla Telecom.
Dopo il nostro articolo di maggio, che ha ricostruito la storia dei tentativi compiuti di dotare il Trentino di una Next Generation Network (NGN, o rete di nuova generazione), ci siamo dedicati ad un approfondimento tecnico sulle varie possibilità prese in considerazione per realizzare questa rete e i ruoli riservati ad operatori privati ed ente pubblico
Fibra o rame? Fibra ottica senz’altro. È l’imperativo dei sistemi di telecomunicazioni attuali: serve più banda, più capacità di trasmettere dati, così che gli utenti possano accedere a servizi avanzati, cloud per le aziende, video streaming per i privati e vari sistemi interattivi. La rete con cavi di rame di derivazione telefonica ha fatto il suo tempo, e anche se non fosse in cattivo stato di manutenzione (per le difficoltà di Telecom Italia negli ultimi anni), i sistemi di trasmissione basati sul cosiddetto doppino sono arrivati al limite delle loro possibilità tecniche. Ecco perché l’utilizzo di cavi in fibra ottica è indispensabile per aumentare la capacità di trasmissione della rete di comunicazione.
Si tratta probabilmente della più grande sostituzione di infrastruttura strategica che l’Europa affronta dai tempi del dopoguerra: non cambiano solo i cavi, ma anche gli apparati e in certi casi anche la posizione degli stessi. È un lavoro complesso e costoso, dovendo posare cavi in ogni territorio abitato: comprensibile che le decisioni su come realizzarlo abbiano valenza politica e siano oggetto di controversie.
Poteva il mondo politico ed economico trentino perdere l’occasione per una litigata? Figuriamoci. Pochi giorni fa il Consiglio provinciale è stato sede di un acceso dibattito, che ha visto protagonisti Luca Zeni del PD e Filippo Degasperi del M5S, entrambi critici verso il nuovo piano presentato dalla Giunta Rossi, destinato a concludere la posa dell’infrastruttura in fibra ottica iniziata nel 2005 e potenziare le utenze di tutto il Trentino. Il piano, che doveva partire in questi giorni, sarà quindi oggetto di un ulteriore confronto. Non si sta più litigando sulla decisione se fare o no la rete di nuova generazione: la rete verrà completata entro il 2019. La discussione riguarda il come: quale architettura utilizzare per la rete, chi farà il lavoro e chi ne sarà proprietario.
Questioni da poco? Non proprio. Pensiamo alla situazione attuale: la rete è di proprietà di Telecom, che però è obbligata a dare accesso agli altri operatori (i concorrenti Fastweb, Vodafone ecc). Come proprietaria della rete, però, Telecom regola alcuni aspetti non secondari: la gestione delle attivazioni, la responsabilità dei guasti, la banda disponibile.
Per questo Telecom inevitabilmente influenza notevolmente la qualità del servizio dei provider concorrenti, tanto che alcuni operatori preferiscono connettere i cavi di Telecom sui propri macchinari e gestirli autonomamente. Allo stesso modo la proprietà della rete e la possibilità di accesso in regime di concorrenza sono fattori da valutare per la rete di futura costruzione.
La base della rete di nuova generazione esiste già: Trentino Network ha lavorato tra il 2005 e il 2013 per stendere 1100 km di fibra ottica in tutto il Trentino, collegando 92 nodi (le centrali) con quella che tecnicamente viene chiamata la dorsale. Per capirci, una rete di telecomunicazioni funziona come una rete stradale: un’autostrada che porta il grosso del traffico (la dorsale), arriva ai caselli (le centrali o nodi), da lì diventa una statale (rete di accesso), la statale attraverso varie uscite (gli armadi) e scarica il traffico su strade locali (ultimo miglio), che arrivano alle case delle persone (sulle cosiddette borchie).
Riassumendo, la dorsale della nuova rete è pronta; chi farà la rete di accesso, e con quali tecnologie? Le opzioni sul tavolo sono due:
1. Sostituire il cavo di rame con fibra tra la centrale e l’armadio, lasciando il rame nel tratto dall’armadio all’utenza; si arriva al massimo a 30MBit/s nominali, da suddividere tra le utenze. Questa soluzione si chiama “FTTC” o “FTTCab”, che sta per “Fiber to the Cabinet”. È l’opzione che Telecom sta adottando nel resto d’Italia, sotto il nome commerciale di TuttoFibra: impropriamente secondo alcuni, visto che c’è un tratto di rame che può anche limitare molto le prestazioni se è deteriorato.
2. Sostituire ogni tratto fino al muro di casa con fibra ottica, raggiungendo una velocità teorica di 100MBit/s. La soluzione è chiamata “FTTH”, “Fiber to the home”
Il vecchio piano stilato nel 2010 dalla Giunta Dellai, arenatosi sul ricorso degli operatori alla UE, prevedeva FTTH per tutti entro il 2018; il costo previsto era di 400 milioni di euro per cablare tutte le 210 mila utenze presenti in Trentino.
Si prevedeva che Trentino Network fosse proprietaria della dorsale, e che la società Trentino NGN, capitanata da Telecom e a partecipazione provinciale, gestisse l’ultimo miglio, con costi sostenuti in gran parte dalla PAT e senza obbligo di concedere l’accesso agli altri operatori.
Non serve ricordare il rapporto di collaborazione di lunga durata esistente fra Telecom Italia e la PAT, che ha portato alla creazione di realtà come Sodalia (poi TI Lab) e del centro Telecom in collina a Povo, strategico anche per l’assegnazione del nodo EIT a Trento; ma l’UE non permette certi favori e questo azzardo è costato anni di incertezza e ritardi che ora il progetto sconta.
Ad ogni modo, il risultato di questa prima fase di progetto è stata appunto la realizzazione di una dorsale in fibra ottica, che finora è costata 130 milioni dei 400 previsti, oltre al cablaggio in FTTH di 2000 imprese nelle zone industriali e del quartiere delle Albere a Trento.
Nell’ambito della manovra di assestamento, la Giunta Rossi ha recuperato 67 milioni per completare l’operazione: una manovra lodevole, considerati i tagli che la stessa Giunta sta applicando in vari settori e le pressioni contrarie ricevute da alcuni settori politici ed economici (Lega e Associazione Artigiani). La spesa si dividerebbe più o meno equamente tra investimenti in scavi e incentivi.
Il taglio ai costi rispetto al piano originale è significativo e naturalmente ha un prezzo: una maggiore delega agli operatori e agli utenti, gli uni chiamati a realizzare la rete di accesso, gli altri a realizzare a spese proprie gli allacci proprio sulla base delle politiche di incentivo. A prima vista parrebbe una sorprendente concessione della PAT all’economia di mercato, fino a quando non si leggono i dettagli del piano, che suddivide il territorio in aree: quelle a medio-basso profitto (Trento, Rovereto, Riva, Arco, Pergine) vengono lasciate agli operatori in regime di concorrenza, con alcuni incentivi fiscali, mentre le altre, “a fallimento di mercato”, sono date in appalto (con incentivi fino al 70%!) all’operatore che si aggiudica il bando
Quest’ultimo punto è molto delicato: si parla di finanziare generosamente la realizzazione di una rete di accesso da parte di un operatore privato che ne mantiene integralmente la proprietà. Su questo punto vengono sollevate obiezioni di aiuto di Stato, con la preoccupazione che l’UE possa venire nuovamente chiamata in causa. Per di più, tanti indicano Telecom come il naturale vincitore del futuro bando, in considerazione delle infrastrutture di cui già dispone. Uscita dalla porta, una certa logica potrebbe rientrare dalla finestra...
Oltre a ciò, si rinuncia all’idea di portare la tecnologia FTTH nelle case dei privati: anche nei centri principali la tecnologia individuata per le utenze private è quella a 30MBit/s. Un deciso smacco per quell’idea di “Trentino del futuro” che era stato uno dei capisaldi della propaganda dellaiana.
Molte voci critiche si sollevano rispetto a questi due punti, tra cui - come detto - quella dei consiglieri provinciali Zeni (che abbiamo intervistato sull’argomento) e Degasperi.
Noi siamo perplessi per quanto riguarda le valutazioni finanziarie, e siamo alla ricerca di fonti dalle quali avere riscontro. Ciò che ci sembra chiaro è che l’ente pubblico non deve ricreare una situazione di monopolio, lasciando a un solo operatore privato la proprietà e il controllo della rete di accesso; addirittura gliene regalerebbe una parte, quando con quei soldi potrebbe farla propria, avendo le condizioni, i fondi e una società adatta a gestirla. A prescindere da chi possa essere il vincitore del bando, la storia recente di Telecom Italia insegna che un operatore che gestisce la rete in condizioni di monopolio è poco motivato a investire sull’infrastruttura.
Anche sul piano dell’opportunità politica, vuole davvero Rossi permettere che nei territori di valle, dove si concentrano i suoi sforzi e si trova buona parte del suo elettorato, i servizi di telecomunicazioni finiscano per essere inferiori e insufficienti?
Ci uniamo dunque a quanti raccomandano alla Giunta di riconsiderare la struttura del piano di investimento, e soprattutto di non permettere che la rete di accesso venga gestita in condizioni di monopolio da un operatore privato a spese dei cittadini.
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Ringraziamo i numerosi professionisti del settore che ci hanno aiutato a far luce sulle complessità di questa tematica.
“Puntiamo su Trentino Network”
Intervista a Luca Zeni (PD)
Quali sono le sue perplessità rispetto al nuovo piano di completamento dell’infrastruttura a banda ultralarga?
Sono due: la cessione della rete di accesso agli operatori privati e la rinuncia al modello di accesso FTTH, che garantisce la connettività a 100MBit/s per tutti.
Lei preferiva il famoso “modello Svezia”, vero?
Certo: avere una rete di accesso pubblica, gestita da Trentino Network, e garantire agli operatori privati un accesso equo in regime di concorrenza è un classico concetto di economia di mercato che si studia anche a scuola.
Davvero servono 100MBit/s su tutto il territorio? 30MBit/s non sono già molti?
Bisogna ragionare sul lungo periodo: servizi come la teleassistenza agli anziani richiedono moltissima banda. Pensiamo agli obiettivi dell’Agenda Digitale UE: 50% degli abitanti a 100MBit/s, e tutti gli altri devono raggiungere come minimo i 30MBit/s. Vogliamo essere europei di serie B?
Pare che i costi per essere di serie A siano molto elevati, e siamo in tempo di tagli.
In Prima Commissione abbiamo avuto un’audizione con Bonannini, AD di una società internazionale che si occupa di reti in fibra; diceva che i costi per cablare un edificio vanno dai 300 ai 600€, al massimo a 1200 nei territori periferici del Trentino. Non capisco come Trentino Network possa parlare di 4000€, non vorrei fosse un segno di inefficienza da parte loro. Il mio calcolo è questo: con la cifra stanziata dalla Giunta, calcolando una media di 600€/utenza si possono connettere 100 mila utenze, metà del totale; col ricavato dalle concessioni degli operatori si può lavorare sulle restanti. Se questo non fosse sostenibile, lo stesso Bonannini sottolineava come queste operazioni siano facilmente finanziabili da parte delle banche.
Intende affrontare questi punti in Consiglio?
Stiamo lavorando a un ordine del giorno dove chiederemo alla Giunta di riconsiderare il piano.
P. S. L’ordine del giorno è stato presentato il 22 maggio e ritirato a seguito di un acceso dibattito, dopo che Rossi ha promesso una nuova discussione prima delle delibere.
L'articolo continua con l'intervista ad Alessandro Zorer, AD di Trentino Network.