Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 15, 15 settembre 2007 Servizi

Dolomiti patrimonio Unesco? Sì, no, forse…

Le ragioni di chi sostiene la candidatura e di chi la ostacola.

Su iniziativa del Ministero dei Beni Culturali, nel 2004 le Dolomiti vengono candidate per l’iscrizione nell’Elenco dei patrimoni naturali Unesco (e non anche a quello dei patrimoni culturali, come pure più di qualcuno chiedeva).

Al progetto di candidatura aderiscono, nel marzo 2005, le Province di Belluno (capofila), Pordenone, Udine, e quelle autonome di Trento e Bolzano.

La Provincia di Trento seleziona per la candidatura sette siti: Catinaccio – Val Duron e Latemar (in connessione con Bolzano), Marmolada, Pale di San Martino e Vette Feltrine (in connessione con Belluno), Dolomiti di Brenta e Piccole Dolomiti. Interessati in tutto 29 Comuni trentini.

Nel settembre 2005 viene inoltrato alla Rappresentanza d’Italia presso l’Unesco il dossier di candidatura e da questa a Parigi, dove viene passata ai valutatori scientifici dell’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali), organizzazione del cui lavoro l’Unesco si avvale per la valutazione delle candidature.

Dopo un anno, nel settembre 2006, l’IUCN fa sapere che, nella candidatura "Dolomiti", ci sono troppi siti scollegati fra loro. I siti vengono quindi ridotti di numero (da 22 a 14), e in Trentino escono dal progetto le Piccole Dolomiti. E’ la prima avvisaglia che la strada della candidatura non è in discesa.

Dopo la riduzione del numero dei siti, la palla torna all’IUCN. La nuova doccia fredda per le aspirazioni dei candidati arriva nel maggio 2007. I rilievi critici dei valutatori sono numerosi. Vengono sì lodati i meriti geomorfologici e paesaggistici dei Monti Pallidi, ma nel contempo vengono ritenuti di non eccezionalità gli aspetti della biodiversità e dell’ecologia, che erano le altre due motivazioni sulle quali i candidati avevano puntato. Inoltre, a pesare negativamente rimane ancora l’eccessivo numero di siti indicati, nonostante la riduzione già praticata, e una situazione troppo confusa sul piano gestionale.

Si arriva così all’agosto 2007, quando, per evitare una possibile bocciatura di fronte all’ultimo esame dell’Unesco, il Ministero dell’Ambiente, d’intesa con la capofila Provincia di Belluno, sceglie di differire la candidatura al 2008 e di prendersi il tempo necessario per semplificarla e riordinarla, riadattandola alle richieste dell’IUCN. Basterà?

Dolomiti patrimonio dell’umanità. Come dirsi contrari? E infatti, al momento di avanzare la candidatura, erano (quasi) tutti d’accordo. E’ un po’ come condannare il terrorismo, o la fame nel mondo. Si sfonda una porta aperta: tutti sono d’accordo. Le Dolomiti, guardatele, sono eccezionali! Torri, guglie, creste e pinnacoli, che meraviglia! Come si fa a dirsi contrari al loro inserimento nella lista dell’Unesco? Da Udine a Trento, passando per Pordenone, Belluno e Bolzano, sono (quasi) tutti d’accordo: le Dolomiti devono diventare patrimonio dell’umanità.

Al momento di dettagliare l’accordo sulla candidatura, però, le cose sono cambiate, e sono emerse precoci le differenze, proprio come emergono quando si tratta di decidere in che modo combattere il terrorismo e la fame nel mondo.

Il primo oggetto di discussione è stato l’elenco. A quale dei due elenchi dell’Unesco candidare le Dolomiti? Solo a quello dei patrimoni naturali, o anche a quello dei patrimoni culturali?

La differenza non è da poco. "Il guaio in cui ci si è cacciati è iniziato proprio da questa decisione", riflette Gigi Casanova di Mountain Wilderness, l’associazione che fin dal 1992 ha proposto di candidare le Dolomiti a patrimonio dell’umanità.

"La tutela di un patrimonio culturale – spiega Casanova – implica la conservazione della lingua, la cura dei boschi ed il mantenimento degli stili architettonici. Implica cioè di considerare le Dolomiti in tutta la loro complessità". Ambiente e cultura come binomio inscindibile, dunque. Ma per i soggetti istituzionali promotori della candidatura la scissione è invece considerata possibile, e nel 2004 si decideva quindi di limitare la candidatura all’elenco dei patrimoni naturali, lasciando perdere quello dei patrimoni culturali. "Visto questo passo falso iniziale – prosegue Casanova – mi sento di dare ragione ai valutatori scientifici dell’Unesco, che hanno avanzato perplessità sulla candidatura così come è stata presentata".

In ogni caso, diventare anche "solo" patrimonio naturale si è rivelato tutt’altro che facile, per i Monti Pallidi. non solo per la severità dei valutatori dell’Unesco, ma anche a causa delle latenti divisioni tra chi ha promosso la candidatura. Sì, perché le differenze e i distinguo tra i promotori non si sono limitati all’elenco Unesco da scegliere. Dopo l’avanzamento della candidatura, si sono formati, per così dire, due partiti.

Da una parte, si sono attestati quelli che ritenevano sensato circoscrivere la candidatura solo alle cime, alle rocce, alla dolomia e alla sua assoluta specificità geologica, e a nulla più. Le Province di Trento e Bolzano hanno assunto questa posizione, da molti ritenuta rinunciataria, anche alla luce di alcune prese di posizione assunte ancor prima che la candidatura delle Dolomiti venisse avanzata (su tutte, basti ricordare quella del Governatore altoatesino Durnwalder: "La provincia di Bolzano non ha bisogno di tutele suppletive, nelle Dolomiti abbiamo già istituito i nostri parchi").

Dall’altra, si sono schierati quelli che, più incisivamente, proponevano di valorizzare anche i territori circostanti alle montagne, composti da diverse tipologie ambientali, puntando quindi non solo sulla geologia e sul paesaggio, ma anche sull’ecologia nel suo complesso. Questa posizione è stata presa con decisione da Belluno, che, con oltre il 70% delle Dolomiti sul suo territorio, punta molto più delle vicine Trento e Bolzano sul riconoscimento dell’Unesco per accrescere la propria visibilità.

Così, quando sono arrivati i rilievi critici dell’Unesco nel maggio 2007, chi avrebbe voluto una candidatura di "basso profilo" ha potuto fare la voce grossa. Soprattutto in Veneto, dove la Provincia di Belluno – amministrazione di centrosinistra – si trova accerchiata da una Giunta regionale di centrodestra e da un mondo imprenditoriale ostile. "Fin dagli inizi il sottoscritto ed anche la Regione Veneto avevano espresso una serie di perplessità sui criteri adottati dall’amministrazione provinciale di Belluno nel perimetrare il territorio da proporre per essere riconosciuto dall’Unesco", ha dichiarato, dopo il differimento della candidatura, l’assessore della Regione Veneto Oscar De Bona.

A rincarare la dose ha pensato poi Giovanni Valle, presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari, ancora più esplicito: "Questa bocciatura, perché di bocciatura si tratta, è un colpo a una candidatura che è stata portata avanti in maniera completamente sbagliata dalla Provincia di Belluno. Il riconoscimento dell’Unesco sarà a tutela del bene, ma non trascurerà l’indicazione sullo sviluppo a cui hanno diritto le popolazioni che gravitano nell’area delle Dolomiti". Tradotto: patrimonio dell’umanità va bene, anzi benissimo, a patto che non ostacoli gli impiantisti.

De Bona e Valle sembrano quindi temere che il riconoscimento dell’Unesco possa significare vincoli eccessivi allo sviluppo fondato sul turismo di quantità. Molti come loro, tra politici e imprenditori, vedono forse nel riconoscimento Unesco un riflettore in più puntato sulle Dolomiti, e una possibilità in meno di piegarle ulteriormente alle esigenze cementifere del turismo di massa, che già oggi le affligge gravemente.

Contro questa interpretazione, qualcuno potrebbe far notare che uno dei requisiti per ottenere il riconoscimento Unesco è che i siti candidati siano già protetti, ad esempio che siano parchi naturali o Siti di interesse comunitario (Sic). Ma come dimenticare che in passato c’è stata più di una denuncia europea di gravi violazioni alla normativa comunitaria proprio nei parchi altoatesini tanto vantati da Durnwalder? Oppure lo "spostamento" cui la Giunta Dellai, per fare posto al collegamento Pinzolo-Campiglio, voleva destinare i due Sic che si frapponevano al progetto (vedi QT n°15 del 2006)? Il riconoscimento dell’Unesco renderebbe molto più difficili violazioni o tentate violazioni di questo genere: di qui il timore che riesce a suscitare negli affaristi del turismo di massa.

Ma le Dolomiti patrimonio dell’umanità non fanno paura solo agli impiantisti. Paradossalmente molti ambientalisti, per ragioni opposte, vedono nel possibile riconoscimento Unesco una potenziale minaccia. "Il marchio dell’Unesco potrebbe essere utilizzato a scopi pubblicitari dalle lobby del turismo di massa, ed avere un effetto boomerang sui territori e sull’ambiente delle Dolomiti", ci fa notare Markus Breitenberger del Reparto Cultura e Natura del CAI Sudtirolo. In effetti, se la direzione verso la quale andrà in futuro la candidatura dopo il suo differimento sarà quella auspicata dai vari De Bona e dai vari Valle, e forse dagli stessi governanti del Trentino-Alto Adige, il timore appare più che fondato.

"Non capisco perché il riconoscimento dell’Unesco debba essere strumentalizzato da impiantisti per un verso e ambientalisti per l’altro. Le Dolomiti patrimonio dell’umanità andrebbero considerate un’opportunità per tutti", si oppone a queste diatribe l’assessore della Provincia di Belluno Irma Visalli, che si è occupata di tutto l’iter della candidatura ed ora prova a gettare acqua sul fuoco. "Le paure, di genere opposto, manifestate da impiantisti e ambientalisti sono dovute alla cattiva interpretazione di quello che significa, per un bene come le Dolomiti, diventare patrimonio dell’umanità. Non significa vincoli in più, ma certo una responsabilità maggiore nei confronti della gestione sostenibile del bene. Non può esserci tutela ambientale senza sviluppo, né sviluppo senza tutela. In ogni caso, credo che l’equilibrio tra sviluppo e tutela ambientale sia una questione con la quale il riconoscimento dell’Unesco ha poco a che fare".

L’Unesco e la lista dei patrimoni dell’umanità

L ’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco, dall’acronimo inglese United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è stata fondata dalle Nazioni Unite nel 1946 per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree di educazione, scienza, cultura e comunicazione. Ha sede a Parigi.

Si definiscono patrimoni dell’umanità i luoghi inseriti nel programma internazionale dei patrimoni dell’umanità (World Heritage Fund) amministrato dall’Unesco. Il programma fu fondato con la Convenzione riguardante la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, che venne adottata dalla Conferenza generale dell’Unesco nel 1972. Attualmente l’Italia è, con 41 luoghi, la nazione col maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità. La Convenzione ha istituito un "patrimonio culturale" e un "patrimonio naturale". L’iscrizione di un luogo negli elenchi dell’Unesco rappresenta da un lato il riconoscimento del suo valore universale e impone dall’altro la responsabilità della sua conservazione.