LaVis, da cooperativa a signoria
Brandendo l’appoggio di Dellai il Commissario Zanoni si trasforma in Amministratore Delegato dagli amplissimi poteri tra cui quello di non ammettere critiche. I contadini, disillusi e intimiditi, disertano o approvano. cooperazione sempre più in bassocooperazione sempre più in basso...
E così Marco Zanoni, da Commissario della Cantina LaVis è ora amministratore delegato, con poteri molto ampi in teoria, e ancora di più nei fatti. “I contadini credono in Zanoni” ha prontamente titolato una stampa subalterna in termini preoccupanti (vedi scheda in calce). Come stanno le cose? Come mai il brusco, autoritario Zanoni, antitesi vivente dei rapporti sociali che deve saper tessere un cooperatore, pur facendo la tara alle cronache adulatorie, ha comunque ottenuto questo incarico con questi poteri?
All’assemblea del 31 agosto si era giunti attraverso una serie di riunioni di zona. In esse erano emerse due posizioni. Sarebbe meglio dire tre, in quanto la larga maggioranza ha espresso una disillusione totale, disertando le assemblee: per esempio, all’assemblea di Cembra, a fronte di 280 soci, in passato presenti in circa 200, questa volta erano in 60 (65 contando le deleghe); all’assemblea generale, quella che ha eletto il cda, erano presenti in 373, contro una normale affluenza di circa il doppio.
Torniamo alle due posizioni espresse. La prima si può così sintetizzare (è riscontrabile anche su www.questotrentino.ittra le centinaia di interventi a commento dei nostri articoli): Zanoni non ci piace ma pazienza, è la nostra unica speranza, l’unico che ci può portare i soldi di Dellai. La seconda posizione: proprio perché Zanoni non ci piace, è meglio se lo controlliamo, si è visto cosa hanno combinato, a lasciargli carta bianca, i precedenti amministratori. E qui va fatta una prima considerazione, che non riguarda Zanoni, ma Dellai. Il fatto che i soci di una cooperativa pensino che la loro salvezza dipenda dall’accettazione dell’inviso uomo del governatore, indica il degrado avviato nelle istituzioni e nella società dal debordare del potere dellaiano. Questa non è cooperazione, è una sorta di nuovo feudalesimo: il principe nomina il suo rappresentante, e i contadini è meglio che accettino.
Torniamo alle due posizioni. La seconda, quella del “controlliamo Zanoni”, aveva individuato due possibili candidati presidenti: Daniele Weber, giovane delegato di Giovo, e Vittorio Brugnara, già direttore della Cassa Rurale di Giovo e presidente prima del commissariamento. A questo punto nelle assemblee preparatorie entra a piedi giunti il Commissario: “O viene eletto un presidente sulla mia linea, oppure io me ne vado”. I due si ritirano, Brugnara non si candida neanche per il Cda: “Quando venni a sapere che il mio nome era sgradito a Zanoni - ci dice - ritirai la candidatura: non volevo venire additato come quello che rema contro, e magari, se le cose finivano male,venir incolpato di non aver lasciato lavorare l’amministratore delegato”.
Difatti l’insofferenza di Zanoni verso chiunque non fosse rigidamente a lui allineato si era già esplicitata, fino a giungere sulla stampa compiacente (vedi sempre la scheda relativa) con accuse di “personalismi” difficilmente comprensibili a chi non seguisse da vicino le vicende della Cantina, e minacce di prendere e andarsene. Così il commissario ha individuato come presidente Matteo Paolazzi, giovane dipendente della LaVis e sindaco di Faver, bravo ragazzo, dellaiano Doc, manovrabile; lo fa licenziare come dipendente, lo fa votare, e lo fa rientrare come presidente.
Il potere di Zanoni (ricordiamo che il precedente uomo forte della LaVis, il funesto Fausto Peratoner, era direttore, non amministratore delegato, e formalmente aveva molti meno poteri, non faceva neanche parte del Cda) è così blindato. Perché le cose siano chiare a tutti, così commenta: “È evidente che il Cda non deve controllare, deve gestire”. Cioè: che nessuno si sogni di chiedermi spiegazioni, io faccio quello che mi pare.
I risultati del commissario
Tutto ciò accade mentre, dopo due anni di Commissariamento, al di là delle veline propalate alla stampa, i problemi sono tutti ancora lì. I debiti non si sono ridotti, di tutto il programma di dismissioni l’unica andata in porto è stato, grazie alla magnanimità della Pat, Maso Franch, le altre sono sempre annunciate ma stentano a concretizzarsi; la nuova costosa squadra di consulenti da tutta Italia, ingaggiata da Zanoni, ha per ora prodotto solo il risultato di offuscare il legame con il territorio che era la caratteristica più preziosa della LaVis; l’inserimento dei 40 milioni di bottiglie a basso costo di Casa Girelli dentro la più ridotta (6 milioni) e pregiata produzione della LaVis, ha ottenuto come risultato quello di ulteriormente appannare l’immagine della Cantina; tutto questo si è tradotto in giudizi sferzanti nei blog nazionali di recensioni enologiche (vedi seconda scheda), che non si lascano abbagliare dalle presentazioni a effetti speciali del nuovo consulente Vincenzo Ercolino; la magistratura ha aperto un’inchiesta sulle disinvolture, da noi ampiamente denunciate, della precedente amministrazione, e non è detto che responsabilità non si ripercuotano anche sul commissario, che con i predecessori si è posto in posizione di perfetta continuità.
Zanoni ad ogni assemblea continua a presentare millanta slides per spiegare che tutto va bene. Ma la Vigilanza cooperativa, ad ogni bilancio, dice il contrario. Anzi, sembra che in una preoccupata lettera di questa primavera abbia rilevato come la situazione non stia migliorando, anzi.
Vedremo il prossimo bilancio. Per noi è già gravemente in perdita il bilancio sociale della LaVis, trasformata da cooperativa in cui i soci si fidavano troppo, a una signoria in cui un arrogante plenipotenziario spadroneggia. E l’equazione meno democrazia uguale più efficienza economica, non ci convince proprio.
La stampa e il commissario: dalla adulazione alla sottomissione
Non apprezziamo, i nostri lettori lo sanno, le pagine economiche dei quotidiani, sempre prone ai poteri economici locali. E il caso LaVis ne è un esempio di scuola: servizi come i nostri, documentati, su sospetti travasi di soldi e conti che non tornano, non vengono mai ripresi, mentre invece le veline del commissario Zanoni sono considerate oro colato anche quando si contraddicono, anzi vengono infiorettate con elogi sperticati. Eppure in questi giorni sulla LaVis si è visto un ulteriore processo di degrado dell’informazione economica. Vediamo infatti come il Trentino del 21 luglio (per la penna di Ubaldo Cordellini) dà la notizia dell’inchiesta giudiziaria sulla Cantina: “Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi che se ne parlava...”. Ma chi “ne parlava”? Non certo il Trentino, per cui tutto invece andava benissimo, salvo poi scoprire, a inchiesta avviata, il rimbombo di tuoni minacciosi che non potevano non portare al Tribunale, ma che erano stati tenuti, da cronisti forse sordi, nascosti ai propri lettori.
Passiamo all’Adige, dove il 20 luglio Lucia Facchinelli si esibisce in uno dei tanti panegirici del commissario Zanoni, il cui lavoro “continua a ritmo serrato”, improntato a “sensibilità verso la base sociale”. Ma il punto vero è il giudizio tecnico su Zanoni, che come si sa tenta di vendere proprietà della LaVis per far fronte ai debiti, e in particolare cercava di vendere all’Itea un’area a Lavis occupata da capannoni (e non certo vocata a residenza). La cosa non è andata (giustamente) in porto, ma Facchinelli la trasforma in sonante vittoria del commissario: non si riesce a vendere l’area? Meglio! Invece di dover costruire nuovi magazzini si ristrutturano quelli esistenti, con “vantaggi sia economici (8 milioni di euro di ristrutturazione del vecchio invece dei 12,5 di costruzione del nuovo) che patrimoniali (si mantengono immobili che verranno dotati di impianti nuovi e moderni)”. Cioè il commissario ha sempre successo, sia quando vende che quando non ci riesce. In questi mesi Zanoni cerca di sbolognare anche l’area di Casa Girelli, anzi il relativo ricavo l’ha già iscritto a bilancio, tra il plauso della stampa, Facchinelli compresa, che plaude registrando la conseguente diminuzione del debito; scommettiamo che se Zanoni non riuscisse poi (cosa tutt’altro che improbabile) a completare l’operazione, Facchinelli ne sarebbe comunque entusiasta, riscontrando nella mancata vendita “vantaggi sia economici” (non si dovrebbe spendere per trasferire Casa Girelli) “che patrimoniali” (il valore dell’area rimarrebbe a bilancio)? Della serie: il lettore, te lo intorto comunque.
L’entusiasmo de L’Adige per il commissario raggiunge l’apice il 26 luglio. L’articolo, ancora a firma Lucia Facchinelli, è un florilegio di elogi. Eppure, a indurre la giornalista a un po’ più di prudenza (se non di misura) dovrebbe bastare la lettura, nella stessa pagina, del pezzo immediatamente soprastante, che annuncia come l’ex presidente della LaVis, Roberto Giacomoni, sia ufficialmente indagato dalla Procura della Repubblica; e si sa che con la precedente gestione Zanoni si è sempre posto in perfetta continuità, al punto dal mantenerne al vertice i manager. Ma Facchinelli non viene sfiorata dal dubbio: “I soci credono nel nuovo corso imposto da Zanoni e dal suo staff, credono nel suo modo di lavorare e di tenerli aggiornati (??, ndr). Ma soprattutto (e qui l’adulazione si amplia) credono nel ruolo fondamentale giocato dalla Provincia, dal presidente Dellai in primis, dagli assessori Mellarini e Panizza”. A questo punto anche Facchinelli, in un attimo di lucidità, teme forse di esagerare, e delimita questo supposto entusiasmo dei contadini plaudenti, che invece “dimostrano un certo scetticismo circa il ruolo della Federazione delle Cooperative di via Segantini, chiamata ancora una volta a vigilare e controllare”. I soci, dice la giornalista, considerano proprio la Federazione (causa la sua vigilanza ritenuta insufficiente) “responsabile del dissesto economico e finanziario avvenuto durante le passate gestioni”.
Ma allora i conti non tornano: come si fa ad essere inviperiti con i precedenti amministratori, con chi non li ha controllati a sufficienza (e qui allora bisognerebbe metterci anche l’Ufficio controlli provinciale, di Dellai e Panizza) e plaudire Zanoni, che con questi amministratori segna una pervicace continuità, li mantiene nelle posizioni chiave, addirittura persevera nei loro sedicenti rapporti commerciali con società (americane) che hanno già sottratto alla LaVis fior di milioni?
Forse anche Facchinelli ha dei dubbi, che magari potrebbero contagiare qualche lettore. Per scongiurare la cosa, la nostra si esibisce in un’altra, ancor più insistita serie di elogi a Zanoni, che “in questi due anni ha lavorato senza sosta, creando ex novo una squadra di giovani collaboratori, una vision condivisa da tutta la base sociale, un piano di sviluppo industriale e di marketing degno del miglior stratega...” e via sbrodolando. Dove il giornalismo tocca il fondo.
Ma il fondo, lo si è proprio toccato? Sembra di no. Nella nobile gara a chi più adula il Commissario, il concorrente Trentino (il Corriere non partecipa alla tenzone, pubblica anche lui le veline di Zanoni, ma con professionale sobrietà, e talora anche approfondisce) il 31 agosto, con un articolo a firma Carlo Bridi, segna un ulteriore balzo verso il basso. Dopo i soliti, stucchevoli elogi (“Il commissario Marco Zanoni si prepara all’assemblea dei soci di oggi con molta meticolosità e con la solita riservatezza che ha contraddistinto il suo lavoro”. “Dalle riunioni di zona è arrivato un unanime accorato appello, perché il lavoro di Zanoni all’interno della cantina prosegua seppur con un altro ruolo. Certo, Zanoni in questi due anni si è affezionato alla Cantina e ai suoi soci”), Bridi si mette ad agitare, per conto di Zanoni, il manganello, minacciando preventivamente alcuni degli “aspiranti del Cda che intendono muoversi privilegiando il protagonismo personale rispetto alla soluzione dei molti problemi che la cantina deve ancora affrontare”.
Insomma, nel nuovo Cda sembra possano esserci dei consiglieri disposti addirittura a rivolgere critiche al commissario, e questo non è ammesso, sono biechi “personalismi”. Così ha deciso il commissario, e il giornalista se ne fa solerte portavoce. Prosegue infatti Bridi: “Per andare a fare l’amministratore delegato della Lavis Zanoni dovrebbe lasciare il posto di segretario generale di un ente prestigioso come la Camera di Commercio dove ha ben operato negli scorsi sei anni (a noi invece risulta che alla Camera non lo possano più vedere, e che la LaVis sia la sua uscita di sicurezza, ma questa è un’altra storia, ndr). Per fare questa scelta ci devono essere le condizioni: le notizie trapelate sulla stampa e soprattutto il protagonismo personale di alcuni tra quelli che sono chiamati a far parte della squadra di governo lo hanno molto amareggiato (poverino! ndr) e non l’ha nascosto, affermando che ‘per proseguire ci vuole un’etica comportamentale molto precisa da parte di tutti’”.
Insomma Zanoni, che già avevamo visto comportarsi con i soci come un signorotto (parla alle assemblee da un palco, al quale inibisce l’accesso ai soci, i villici devono restare giù, sottomessi) dà un giro di vite alla possibilità di esprimersi agli stessi amministratori.
È un concetto eversivo per il diritto societario in genere, e per quello cooperativo in particolare. Ma il Trentino non solo plaude, se ne fa interprete. Più in basso di così, come riusciranno ad andare?
C’est la vie, c’è LaVis!
Tra scandali e conti che non tornano, non c’è da biasimare il lettore che si sia dimenticato che la Cantina LaVis si occupa, principalmente, di fare vino. Chi però, da fuori il Trentino, ha avuto notizie vaghe sulle vicissitudini finanziarie e amministrative della cooperativa, e quando legge il nome, pensa al sapore dei suoi vini. Ed ecco cosa pensano alcuni popolari wine blog, sui prodotti e le strategie della cooperativa commissariata.
Le Mille Bolle Blog, di Franco Ziliani, dedicato esclusivamente al mondo del vino frizzante ha recensito il 21 agosto il lancio di due nuovi vini. Ziliani non manca di fare una ironica introduzione sulla gestione Zanoni (rimandando anche ad un nostro articolo sul numero di giugno), ma anche quando entra nel merito della qualità del prodotto, le critiche non cessano: i due Charmat sono definiti banali e senza identità, in una confusa e quasi ridicola strategia di marketing sospesa tra la valorizzazione - a parole - del territorio e una serie di azioni che vanno nella direzione opposte (non volendo annoiarvii, citiamo solo lo slogan: “C’est la vie. C’est LaVis”)
Del medesimo vino Ziliani aveva parlato anche qualche mese prima, nel noto blog Vino Al Vino, concentrandosi sugli strampalati obiettivi della LaVis: a suo dire la cantina non risolleverà l’identità vitivinicola trentina proponendo progetti quali l’anti-prosecco, o spumante “veloce”, quando dovrebbe invece credere nel Trento DOC.
Interessante anche il lungo commento di Enopress del primo luglio, che offre uno spaccato efficace della decadenza in cui ritiene versi l’azienda. L’articolo è un viaggio dentro l’esperienza di una degustazione di vini LaVis a Roma: “Conoscevamo i vini della LaVis come campioni di tipicità e territorio... siamo rimasti sconcertati; nulla o quasi abbiamo ritrovato della qualità del passato.” Su 24 vini degustati, solo due si salvano e uno convince, gli altri “sono vini senza nerbo, senza personalità, senza i caratteristici e tipici sentori aromatici e avvolgenti dei bianchi trentini”.
Alberto Gianera