Ultime dalla pace
Che fine hanno fatto le bandiere arcobaleno di 5 anni fa?
Nell’estate del 2002 la potenza di fuoco della macchina mediatica, messa in piedi dal Pentagono per far accettare la guerra all’opinione pubblica mondiale, gira al massimo. In Italia, la poca informazione "contro" è per lo più di nicchia, pacifisti, comunisti, no global e senza armi efficaci, Tg3, qualche opinion maker, un paio di giornali, Internet. Ci pensa Alex Zanotelli, il 15 settembre 2002, in conclusione del Giubileo degli oppressi, a suggerire una superarma, in grado di contrastare quelle americane: la bandiera arcobaleno da esporre ad ogni balcone fin quando non fosse scongiurato l’attacco all’Iraq e l’intervento in guerra dell’Italia.
Da sola, la bandiera fa più informazione di tanti media reticenti e dà consapevolezza di sé a tanta gente di tutto il pianeta, riluttante all’uso delle armi: in Giappone il top, con l’80% di contrari. In Italia il 69% e ben tre milioni le bandiere esposte. A Trento, il solo Mandacarù vende 13.000 pezzi e la città, con un 10% di balconi imbandierati, pare essere la più colorata d’Italia. Un’adesione entusiastica, consapevole, in tanti casi emotiva, in altri quasi per moda, tramite cui cittadini comuni gridano dal balcone il proprio rifiuto alla violenza delle armi. C’è anche chi tenta di screditare la bandiera definendola un residuo velenoso della guerra fredda e lo snobistico contrassegno di una presunta e indimostrata superiorità dell’intellighentija sinistroide europea, ma senza trovare ascolto.
La campagna "Pace da tutti i balconi" divampa come un incendio indomabile arruolando in brevissimo tempo milioni di cittadini. Fa danni anche negli Stati Uniti, dove non mancano perplessità perfino tra i parenti delle vittime dell’11 settembre.
In maggio le armi tacciono ed un improvvido Bush dichiara su una portaerei la fine della guerra, ma in realtà è solo l’inizio della sua sventura.
Le bandiere, pur sconfitte, continuano la loro sfida da balconi, finestre, campanili, pennoni di municipi e dalle aste di chi le sventola alle marce e nei sit-in. Le motivazioni dei "titolari" sono le più svariate: c’è chi vuol far sapere agli americani che in ogni caso sono in torto e chi, come certi infervoratissimi under 18, ha colto l’opportunità di smarcarsi dai genitori; c’è chi è contrario per principio all’arroganza della forza e chi reclama il rispetto di principi universali umanistici e democratici.
A fine 2003, l’assenza di qualsiasi arma proibita sbugiarda l’intervento "Freedom for Iraqi" per quel che è: un’aggressione di colonialisti ingordi ed arroganti. Metà degli espositori considera raggiunto l’obiettivo e ripiega la bandiera. Negli anni successivi, il numero dei vessilli scende a picco, ritirati per scarsa convinzione, per senso di inutilità, per aver ormai comunicato il proprio messaggio e, non poche, per logoramento da esposizione.
Oggi, a quasi 5 anni dall’attacco, con 3.880 morti americani ed un milione di irakeni, una nazione sovrana disintegrata, una guerriglia sanguinaria, nessuna possibilità di vittoria per gli americani, Bush e Rice parlano di exit strategy e buttano lì anche una data: primavera 2008.
Sarà il giorno della vittoria delle bandiere?
In verità, quelle rimaste al vento coi colori ormai sbiaditi e la tela sfilacciata, non sono più di una su cento, come dire che, delle 20.000 esposte nella nostra provincia, soltanto 200 sventolano ancora. Chi sono i loro caparbi espositori, perché hanno tenuto duro così a lungo, quale pensano sia stato il loro contribuito, si considerano unici vincitori oppure grilli parlanti? Qui una serie di opinioni raccolte, in parte, tra quanti erano già stati interpellati per precedenti articoli in tema di bandiere.
Laura, 21 anni, lingua fin troppo sciolta, mi manda per e-mail la sua opinione.
La tua bandiera?
La mia bandiera è sbiadita ma non l’ideale, non la motivazione: è il triste specchio di una realtà che può non piacerci ma è fatta così…
Dov’ è adesso?
Ai piedi del letto, perché ho cambiato casa due settimane fa e non ho il balcone per attaccarla. Prima sventolava dalla finestra di camera mia. L’ho portata a spasso come sciarpa e ha visto diverse manifestazioni, compresa Vicenza.
Tieni duro?
Su di lei mio padre ha detto di tutto e i vicini hanno riso, i passanti hanno sghignazzato e mio fratello si è vergognato… Eppure esiste, r-esiste. Ma, di questi tempi più che mai, la sua presenza è puramente rappresentativa di un dissenso: non gliene è fregato niente ai signori della guerra dell’arcobaleno al balcone, non l’hanno visto perché non c’è cieco più cieco di chi non vuol vedere!
Cosa ti ha insegnato?
Che la democrazia non esiste: abbiamo manifestato il nostro dissenso contro la guerra ma ci hanno ascoltati? Hanno ascoltato il parere del popolo? Dài, né qui né lì.
E’ una cosa tristissima essere così rassegnati a vent’anni…
Non credo più che votare serva a qualcosa, mi sento in uno stato di libertà vigilata, nel quale chi ha la poltrona comoda decide per me. Chiacchiere da bar? Forse, sappiate però che queste chiacchiere da bar, da ignorantoni, sono ormai la convinzione di molte persone.
Ci sono stati anche caduti italiani...
Sì, sta storia di intitolare vie e monumenti ai caduti di Nassirya… Bene, sono morti - secondo alcuni - per difendere la pace… La pace di chi? Non ho mai visto nessuno fare la pace con il fucile. Allora io voglio intitolare una piazza ai caduti civilidi Baghdad… Ah, ma i militari di Nassirya erano italiani… Ah, e i bambini di Baghdad erano bambini, esattamente come i nostri.
Al cellulare, Enzo, paleocomunista nell’organigramma di una multinazionale Usa e già interpellato altre volte sulle bandiere. Non ricorda dove sia finita la sua perché, vivendo in tre case, quella della madre, quella della morosa e la sua, ha un po’ di casino.
E’ stata una buona idea esporla?
Sì, ha dato un bel colpo al tentativo di americanizzare il mondo con carota e bastone. La banda Bush voleva il controllo delle risorse energetiche del Medioriente fregandosene dei patti internazionali non coincidenti con i suoi interessi ma non ha fatto i conti giusti.
Come finirà in Iraq?
Male per tutti gli occidentali. Oggi, però, non credo più che gli americani attaccheranno l’Iran.
Le bandiere hanno costretto gli americani alla cautela?
Neanche un po’, anzi sono più arroganti di prima perché si vedono abbandonati e criticati dai loro alleati più sicuri.
La rimetteresti?
Sì, magari anche due!
Carlo, informatico di Povo, l’aveva tolta già da due anni, ormai sbiadita e mangiata dal tempo.
Hai vinto?
Ho vinto sì! Ha perso Bush, ha fatto una figuraccia e l’ha fatta fare all’America! La potenza americana è K.O., rintronata, ha seminato disordine in tutto il mondo, ha vinto il tempo, ho vinto io, perché ha perso Bush, ma non ha vinto la pace e questa è l’unica verità della vicenda.
Ci sono altre bandiere in giro per Povo?
Il tempo ne ha rovinate tantissime, oggi sono una rarità. Sventolano quelle esposte in posizioni riparate e all’ombra, come quella del mio vicino.
Sono servite?
No, non sono riuscite a fermare la guerra, ma si sapeva già dall’inizio che non sarebbero servite a niente!
Perché?
Le decisioni erano già state prese e neanche le dimostrazioni più plateali avrebbero potuto cambiarle!
Sono state importanti?
Sì: hanno permesso a tanta gente di manifestare 24 ore su 24 i propri sentimenti nei confronti delle guerra.
Diamo ora la parola a Roberto, operaio dell’Atesina, che la bandiera ce l’ha ancora, ma non in vista.
L’ho tolta dalla finestra perché secondo me da un po’ non diceva più niente a chi passava.
A suo tempo è stata una buona idea esporla?
Sì perché ha dato fiato alla gente, altro che popolo bue, contraria alla guerra e a chi l’aveva voluta!
La guerra c’è ancora!
Sì anche se gli americani ormai hanno perso, pur comportandosi come nazisti!
Dove è adesso?
In cantina o in garage.
La tirerai fuori se attaccheranno l’Iran?
Non credo che lo faranno, perché la gente in America è frastornata da una guerra che è come quella del Vietnam. E poi hanno l’Afghanistan…
Letizia, studentessa diciannovenne, nel febbraio del 2003 aveva vinto imponendo alla famiglia l’esposizione della bandiera. Per lei era stata l’occasione per la prima vera contrapposizione al padre e, "per la pace" andava e veniva di casa senza bisogno di altre spiegazioni. A scuola organizzava assemblee autogestite, scioperi, marce, ma poi si era lasciata prendere da tentazioni "borghesi", come farsi regalare la macchina dal papà e partecipare alle finali di Trento di Miss Italia. Al momento frequenta l’università a Verona, per cui approfitto di un incontro casuale con la madre per sapere come stiano ora le cose.
Sventola ancora la bandiera?
Macché! Da quando ha il moroso non ne parla neanche più, non so neanche dove l‘abbia messa! Si limita a parolacce quando vede Bush!
Tu eri dalla sua parte!
Solo per fare due contro due, ma non mi interessava più di tanto.
E’ stato uno sfogo di gioventù?
Sì, per il 50 per cento suo, il resto ce l’hanno messo il parroco e la professoressa di italiano.
A Valentina, operatrice sociale, basta un accenno alla bandiera per farle comparire una smorfia in viso. E’ delusissima prima dal sostanziale insuccesso di quella che chiama "democrazia delle bandiere" e poi dall’indifferenza dei figli per il suo significato simbolico: la usavano come porta da calcio.
E sul lavoro?
Nessuno parla più di Irak da anni, adesso si discute di paga e ferie sotto Natale!
E’ servita a qualcosa?
Per niente agli irakeni, ma abbastanza agli americani, tanto da obbligarli a pensarci di più prima di ammazzare anche un po’ di iraniani. Mi viene da ridere quando sento dire che qualcuno doveva pure intervenire… Non mi risulta assolutamente che mister Bush avesse a cuore la sorte dei civili iracheni o la loro condizione di popolo tiranneggiato.
E la sinistra italiana?
C’era chi diceva che sarebbe stato cinico augurarsi una veloce conclusione della guerra… Ma io dico: abbiamo esposto la bandiera della pace per manifestare il nostro dissenso nei confronti della guerra, volevamo che durasse di più? E quanti altri civili dovranno crepare per un cazzo di considerazione politica?
Pareri variegati emergono dunque da queste chiacchierate, anche se in quasi tutte si fa largo un certo disappunto per la resa che ha fatto ripiegare a tanti le bandiere.
Un’annotazione: nel 2003 era stato molto facile raccogliere opinioni perché, pro o contro, tutti ne esprimevano apertamente una. Oggi buona parte degli stessi interpellati di allora si è dimenticata delle bandiere o le liquida come non servite a niente, tempo perso.
Rimangono soltanto i duri, i ben argomentati, gli attivisti e quanti sono animati dalla convinzione di aver testimoniato contro le brutalità e le falsità della guerra americana.