A scuola col pc in tasca
Il libro di testo affiancato dalla chiavetta Usb: dall’Istituto Comprensivo di Arco una bella novità didattica.
Cosa succede quando la tecnologia entra a scuola? Ci sono già le lavagne luminose e quelle interattive, supporti audiovisivi, e stanno prendendo piede anche corsi di video-montaggio: insomma ogni sorta di diavolerie e nuovi linguaggi per inseguire i ritmi e le limitate soglie di attenzione a cui i nostri ragazzi sono abituati, rendendo così la didattica più agevole ed accattivante. Qualcosa di diverso è però successo lo scorso anno scolastico nell’Istituto Comprensivo di Arco e di recente si sono accesi i riflettori sulla 4a A della scuola primaria di Romarzollo per la felice intuizione di Maurizio Zambarda, che, coadiuvato dalla collega Luigina Pigarella, ha proposto l’adozione delle penne usb quale nuovo strumento didattico. Sì, proprio quei piccoli aggeggi lunghi 4-5 centimetri, così minuscoli che spesso ce li perdiamo in qualche tasca, e che oggi hanno preso il posto dei più ingombranti e delicati CD nel trasportare dati da un computer all’altro.
L’idea dell’applicazione scolastica era nata dalla scoperta, durante una ordinaria navigazione su Internet, dell’esistenza di programmi portatili per pennette, sfruttando il programma didattico Win Pen Pack: di qui prima la sperimentazione personale e poi la proposta a scuola.
Pronta e piena l’adesione del dirigente dell’Istituto arcense, Giorgio Cominelli, che ha visto nella sperimentazione "Il pc in tasca" l’utilizzo delle tecnologie "per fare in maniera più veloce e semplice quello che facciamo nei compiti, nello studio e nella ricerca e così via", memore delle raccomandazioni del divulgatore scientifico Piero Angela, il cui slogan era "dematerializzare ed interconnettere".
Da notare che una sperimentazione analoga si è attivata quest’anno scolastico (2007/2008) anche in Francia, nella regione dell’Île de France, rivolta però al ciclo superiore (medie e superiori). Qui sono state distribuite ben 175.000 chiavette da 1 Gb, caricate con software open source, che consentono di navigare, leggere e scaricare la casella di posta elettronica, scrivere documenti, accedere a un programma di messaggeria istantanea e utilizzare un lettore multimediale per riprodurre audio e video. Una iniziativa volta a ridurre la forbice esistente nell’accesso alle nuove tecnologie.
Una innovazione didattica apprezzabile, questa delle pen drive, anche per le utili implicazioni medico-sanitarie, vista la diminuzione complessiva del peso della cartella-zainetto-trolley, con buona pace di pediatri, genitori e felicità dei piccoli alunni.
Il risvolto della riduzione del peso è stato subito colto dal dirigente che ricorda, senza nostalgia, che "vent’anni fa, in prima elementare, c’era il libro di lettura che poteva pesare poco più di un etto". Complice la sempre più ampia settorializzazione e specializzazione del sapere, sono spuntati nuovi manuali di ogni cosa, testi, album, allegati, fascicoli, accanto alle fotocopie fatte a scuola, per un totale di 8-10 kg, al posto dell’agevole e maneggevole sussidiario: un tomo in cui era contenuto tutto o quasi il necessario per la formazione primaria. La pen drive potrebbe costituire la svolta anche da questo punto di vista, poiché "è uno strumento sul quale ci possono stare anche 3 libri e pesa pochi grammi".
Siccome però i bei tempi dell’unico libro sono passati e gli e-book ancora tardano ad affermarsi, torniamo al presente, alla pen drive e al suo utilizzo. E’ necessario innanzitutto un computer, sia a scuola – garantito dalle aule informatiche – che a casa. Il Pc è un accessorio ormai diffuso nella gran parte delle famiglie, ma la sua presenza presso l’abitazione di ogni alunno non è stata data per scontata: "Prima di procedere alla sperimentazione abbiamo fatto un sondaggio - ci spiega Zambarda - ora esteso ad altri classi, e un censimento delle macchine dell’Istituto dismesse, funzionanti ma obsolete per operare in rete, al fine di metterle a disposizione in comodato d’uso gratuito agli studenti sprovvisti". Per questa nuova didattica non è infatti necessario avere a disposizione un computer potente, è sufficiente la presenza della fessura ad hoc per l’inserimento della pen drive.
Dopo la verifica della fattibilità del percorso nella classe, ecco acquistata una pennetta per ogni alunno (circa10 euro cadauna), un oggetto colorato in gomma dalla capacità variabile e il cui taglio ottimale è quello di 1 Gb – una cifra così esigua, come ci spiega il dirigente, che non necessita di alcun finanziamento provinciale, peraltro non richiesto. Un finanziamento però c’è stato: "Abbiamo ottenuto dei finanziamenti triennali (2006, 2007, 2008) da un consorzio di comuni che ci hanno permesso di rinnovare sostanzialmente sei aule di informatica".
E la lezione può già cominciare: sulla pen drive infatti si caricano tutti i programmi open source, riduzioni degli originali, legali e gratuiti, senza bisogno di installarli direttamente sul computer – nemmeno quello di casa, per la gioia dei genitori. Una scelta importante, che cerca di educare alla consapevolezza, non sposando né le piattaforme commerciali né quelle open source: per questo sulla penna usb vengono proposti diversi esempi di software. Attenzione, però: "Il 99% delle cose viene affrontato con la didattica tradizionale. Nella mia classe si usa ancora il tangram, si ritagliano le figure e si costruiscono i solidi con carta e colla. D’altra parte alcune cose possiamo farle su questa penna che poi mettiamo in tasca, portiamo a casa e riportiamo" - continua a spiegarci Zambarda, che crede che il progetto si possa rivelare utile anche in classi con studenti stranieri, visti i buoni risultati già ottenuti con una sperimentazione informatica. Insomma, i libri non sono stati sostituiti, sono ancora vivi, attivi e fondamentali: "Abbiamo visto le pen drive come uno strumento, come la carta e la penna, la televisione, la bicicletta. L’informatica, il computer non vanno esaltati né demonizzati".
Ma cosa si può fare praticamente con una pen drive? L’informatica viene utilizzata trasversalmente e interdisciplinarmente – e qui sta la vera rivoluzione - sia nelle materie scientifiche che in quelle umanistiche: "Non abbiamo un’ora di informatica, ma un’ora in cui utilizziamo dei nuovi strumenti per realizzare quello che si è sempre fatto con altre modalità": cioè scrivere, fare disegni, imparare la musica, giocare con le tabelline, giocare con la grafica, e in più navigare in Internet, e avventurarsi in viaggi spaziali.
Il foglio di calcolo (Excel) non viene utilizzato per fare i calcoli, ma per costruire più agevolmente delle tabelle; invece al risultato di somme e divisioni (scritte sul foglio di testo in formato Word), ci si deve arrivare da soli, senza aiuti, pur essendo davanti al computer. Gli alunni possono giocare con l’italiano attraverso i più classici cruciverba, oppure con giochi in cui si devono aiutare i simpatici protagonisti nello svolgimento delle loro attività, e finanche con test, magari a risposta multipla, già predisposti o creati dagli stessi alunni; ma anche cimentandosi in un meno divertente riassunto.
Il correttore automatico è stato però disabilitato per scelta degli stessi alunni, perché "sciocco", in quanto segnala come errori parole ormai divenute di uso comune: scelta che può dimostrare un positivo distacco e criticità nei confronti dello strumento.
Di nuove tecnologie e didattica attraverso giochi e simulazioni al computer di matematica, italiano, geografia, scienze e musica per bambini della scuola dell’obbligo si era già occupato nel 2004 l’IPRASE (Istituto provinciale per la ricerca, l’aggiornamento e la sperimentazione educativi), nell’ambito del progetto sulla Didattica assistita dalle nuove tecnologie. I percorsi didattici multimediali consentono un apprendimento di tipo senso-motorio mediato dal fare, attraverso il gioco e la simulazione.
Il progetto attivato di Zambarda, adottato dall’Istituto comprensivo di Arco, si insinua in un vuoto di informatica nella scuola italiana: presente alle elementari come materia, compito di non si sa bene chi alle medie e alle superiori, spesso un po’ Cenerentola tra le materie: "Oggi i miei alunni sono in quarta elementare e sanno fare le cose basilari con il computer. La chiavetta comporta anche delle piccole procedure che vanno rispettate e sanno che quando modificano un documento lo devono salvare subito, perché ‘se va via la luce, perdiamo il nostro documento’".
Gli alunni sono contenti, anzi entusiasti, complice il fascino dell’informatica. Questi alcuni loro giudizi: "E’ più tecnologico e più divertente. I libri invece sono noiosi, lunghi e a volte difficili".
"Il computer lo sapevo giù usare abbastanza bene, anche per fare dei giochi, andare su Internet".
"La materia che preferisco è informatica perché possiamo giocare con il computer".
E contenti sono pure i genitori, che magari affetti da analfabetismo informatico si beano delle competenze dei figli.
Grazie al successo, anche mediatico, della sperimentazione, si sta cercando di estendere il progetto in almeno una classe per plesso, come ci spiega il dirigente: "Non posso coinvolgere subito i 150 insegnanti (54 classi). Ci vogliono competenze tecniche che solo alcuni hanno. Sette docenti porteranno avanti questo lavoro nelle proprie classi: stanno lavorando sulle aree disciplinari sulle quali operare con la chiavetta, mentre otto parteciperanno a livello conoscitivo. Ogni docente spiegherà e chiarirà ad un altro aspetti di carattere tecnico per poter, magari già nella seconda parte dell’anno scolastico e sicuramente l’anno prossimo, raddoppiare le classi che fanno questa sperimentazione".