Quale turismo senza la neve?
Mutamenti climatici: i ritardi del Trentino nell’offrire risposte adeguate alle nuove domande del turismo del futuro. Il caso della Valle di Fiemme nelle parole degli addetti ai lavori.
Stiamo vivendo la stagione invernale più anomala che si ricordi; non tanto perché finora le precipitazioni sono state minime, ma per le alte temperature riscontrate, fino alle alte quote, tanto da impedire per settimane l’innevamento artificiale delle piste. Quasi nessuno, anche nel mondo politico, oggi nega che ci troviamo travolti dal più veloce cambiamento climatico che il pianeta abbia subito. Le denunce partirono in tempi lontani, dal Club di Roma nel 1963, dalle associazioni ambientaliste, dal mondo scientifico più attento e libero, ma la disinformazione, la pigrizia del mondo politico, la demonizzazione delle sensibilità ambientalistiche hanno impedito alla popolazione di accogliere le denunce, per quanto circostanziate e sempre dimostrate. Gli accademici delle università di Vienna e Berna, nella scorsa primavera, erano stati accolti con imbarazzo, quasi con incredulità mentre denunciavano, sulla base di studi decennali e delle relative proiezioni, che nel volgere di 30 anni la temperatura media dell’Europa sarebbe salita di almeno 2° C e che nelle Alpi l’aumento sarebbe stato traumatico, superiore ai 4°C.
Solo pochi mesi dopo, nella piena evidenza di questo caldo inverno, l’ONU conferma quelle proiezioni e a Davos gli economisti ed imprenditori che solo tre anni fa avevano applaudito il pesante intervento della polizia contro i dimostranti no-global ed ambientalisti, hanno proposto nuovi orizzonti per l’economia, inventando il capitalismo ecologista come è stato frettolosamente definito.
I vip dell’economia mondiale hanno così confermato che la priorità dell’immediato futuro è la difesa dell’ambiente e che sul tema la politica, anche quella che fa riferimento alla sinistra, è in preoccupante ritardo. Stanno così nascendo alleanze fra colossi capitalistici e associazioni ambientalistiche (la U.S. Climate Action Partnership), si sta chiedendo il rispetto del protocollo di Kyoto accentuandone le aspettative di riduzione di produzione di CO2, l’industria sarà basata sul riciclo e le tecnologie verdi saranno il reale business del futuro.
Nell’arco alpino, specialmente nelle vallate austriache, bavaresi ed ora anche in Svizzera, l’offerta turistica invernale viene diversificata. L’ospite ormai da tempo non trova solo il prodotto neve, anzi, questo sta divenendo secondario, troppo costoso ed incerto, e le amministrazioni pubbliche e gli operatori turistici hanno avviato collaborazioni e progettazioni con l’associazionismo ambientaIista.
In Italia siamo all’anno zero. In Trentino non se ne parla. Nella proposta di nuovo Piano urbanistico provinciale nemmeno si accenna al cambiamento climatico, anzi, si offre la possibilità ai singoli Comuni di modificare e potenziare le aree sciabili, si ripropongono i devastanti caroselli sciistici di Pinzolo - Campiglio, di S. Martino di Castrozza e Passo Rolle, si indica la necessità di sviluppare la viabilità incentivando così ancor più il traffico privato.
La stessa associazione degli albergatori ha avuto uscite a dir poco infelici: il presidente Natale Rigotti, ancora fermo agli anni ’80, ha saputo avanzare un solo suggerimento: contributi causa la calamità naturale.
Siamo andati a sentire i protagonisti del lavoro turistico per capire cosa pensano della situazione, come si stanno muovendo, se nel settore c’è la percezione della gravità della situazione
All’interno dell’associazione albergatori si ha coscienza dei mutamenti climatici in atto, e se si, se ne discute?
M. Ruffinella (Moena, hotel Centrale): In questi ultimi anni si sta vivendo sempre più la percezione dei mutamenti climatici, un tema che ormai tocca da vicino la nostra categoria per le possibili ripercussioni sul turismo e sull’ambiente.
Francesco Cocciardi, Moena, hotel Dolomiti): Il mutamento delle condizioni climatiche è un argomento affrontato ancora con poca chiarezza di idee, poca convinzione e consapevolezza e non solo tra gli albergatori. Molte sono le analisi che ci vengono proposte dagli esperti. Ancora si fatica a capire fin dove il fenomeno sia legato ad una ciclicità naturale e dove inizi l’influenza negativa legata all’azione dell’uomo. Ad esempio, la riduzione dell’estensione dei ghiacciai è un processo che, a detta degli esperti, continua in modo costante fin dalla metà dell’800. Quanto l’effetto serra influisca nell’accelerazione di questo processo non sono in grado di dirlo; e mi sembra che le considerazioni in materia degli stessi esperti non vadano nella stessa direzione. Quanto al cosiddetto buco nell’ozono, si espande e si riduce da un decennio come fosse chewing-gum. I mass media, infine, tendono ad amplificare o sminuire il tema prendendo in considerazione brevi periodi di tempo e facendo leva sull’effetto emozionale delle notizie. Così, quest’inverno caldo ha scatenato giudizi che vanno nel senso del surriscaldamento del pianeta, mentre nell’inverno e nell’estate scorsi, stagioni record per le rigide temperature, le considerazioni erano di segno opposto. Fino a quando non ci sarà una comunicazione equilibrata che eviti gli eccessi, non ci potrà essere una percezione reale del fenomeno, premessa di ogni valutazione condivisa che porti ad interventi a salvaguardia dell’equilibrio naturale. La cosa evidente a noi profani, in queste ultime stagioni, è stato lo sbalzo repentino di temperature con passaggio, senza gradualità, da condizioni di gran caldo a condizioni di gran freddo. Come dice un detto popolare, ”non esistono più le mezze stagioni…” . Se ciò sia dovuto all’azione dell’uomo non lo so. Fatalmente la discussione tra colleghi è ancora debole e prevale il pensiero che, tutto sommato, per quanto le condizioni possano essere sfavorevoli come quest’anno, si riesca a far sciare comunque bene gli ospiti. Il prossimo anno, poi, si vedrà…
Dalle dichiarazioni dei dirigenti dell’Associazione albergatori emerge una continua conflittualità rivendicativa verso il mondo politico, conservatrice, corporativa. Si pretende l’estensione delle aree sciabili, si pretende il potenziamento della viabilità su gomma, si vogliono contributi a pioggia e si è arrivati ad invocare lo stato di calamità naturale per l’assenza di neve. Non si notano proposte di riconversione , di ricerca e innovazione del turismo. Come mai tanta debolezza in uno dei settori strategici dell’economia trentina?
Ruffinella: Sono iniziati i primi tavoli di confronto, alla prossima Expo di Riva si affronterà il tema dell’efficacia ecologica e del risparmio energetico nella struttura alberghiera. Il nostro obiettivo dev’essere orientato verso un turismo che tuteli l’ambiente e che tenga conto degli interessi della popolazione locale unitamente alle nostre esigenze imprenditoriali. Per questo chiediamo ai rappresentanti delle nostre associazioni di portare avanti progetti di ricerca e di innovazione, di avere un confronto serio pretendendo impegni precisi da quella classe politica che molte volte in passato ha privilegiato gli interessi di pochi rispetto al bene collettivo.
Cocciardi: La domanda, piuttosto provocatoria, richiede una risposta articolata, perché tocca molti argomenti. Vediamo per punti.
1. La conflittualità tra imprenditori e politica non è una novità e soprattutto non caratterizza in particolare il rapporto tra albergatori e Provincia. L’associazione ha sempre stimolato il dialogo costruttivo per condividere le decisioni strategiche. A volte i risultati sono stati positivi, altre volte no. D’altronde, da sempre imprenditoria e politica sono in contrasto. L’imprenditore rivendica libertà di azione, la politica pone regole che spesso diventano vincoli, veri muri di gomma. Chi impegna la propria vita in un’attività imprenditoriale non ha il tempo di fare politica, chi fa il politico raramente ha una cultura imprenditoriale. Da qui il contrasto. L’iniziativa privata è il motore dell’economia, di tutte le economie. Le regole sono necessarie perché l’imprenditore non si comporti in modo indiscriminato nei confronti dei lavoratori, del territorio, dei propri concorrenti e affinché partecipi al sostegno dello Stato. Ma queste troppo spesso raggiungono livelli esasperanti.
2. Se esiste una categoria economica che non sa proprio fare corporazione, è quella degli albergatori, almeno in Trentino.
3. Per quanto concerne la viabilità, il mio pensiero è molto critico nei confronti di chi considera aprioristicamente nuove strade a scorrimento veloce o le nuove linee ferroviarie come tumori, mali da contrastare con ogni mezzo (si veda cosa sta accadendo per la TAV). Faccio un solo esempio locale che dovrebbe far riflettere: la realizzazione della strada di fondovalle di Fiemme. Una nuova strada a lungo osteggiata ma che oggi, a distanza di anni, è ritenuta dalla stragrande maggioranza delle persone opera che ha portato benefici e ha consentito la creazione di zone artigianali e commerciali fuori dai centri abitati; il traffico è molto più scorrevole a vantaggio delle popolazione locali e degli ospiti; è stato realizzato un importante centro del fondo. La strada di fondovalle ha fatto scoprire una meravigliosa valle fino ad allora svalutata perché non realmente conosciuta. I costi ambientali sono stati limitati con la costruzione della galleria che ha evitato di intaccare la piana tra Predazzo e Ziano. Perciò bisognerebbe sempre saper guardare un po’ oltre, intuendo che ciò che oggi appare dannoso perché invadente, domani potrebbe ragionevolmente essere considerato opera di grande utilità. Perseverare nella difesa dello status quo può determinare costi maggiori in termini di disagi, caos, traffico, rispetto alla realizzazione di nuove strade o linee ferroviarie.
4. Ci sono situazioni in cui la realizzazione di nuovi impianti di risalita è auspicabile, altre in cui è oinutile. Ma non è corretto partire dall’idea, che traspare dalla domanda, secondo cui si debba contrastare a priori la realizzazione di nuovi impianti di risalita. Tra l’altro, prendendo in considerazione la nostra valle, mi sembra che gli impianti siano stati sviluppati guardando al miglioramento tecnologico e l’aumento delle portate orarie, piuttosto che cercando l’estensione dei comprensori, fatta salva la realizzazione di impianti di collegamento tra comprensori esistenti. Mi farebbe piacere saper con precisione quanti nuovi impianti di risalita sono stati realizzati, negli ultimi vent’anni, per estendere aree sciistiche già esistenti. Credo pochi. Io ho 37 anni e l’unico impianto che ricordo realizzato ex novo, non in sostituzione di impianti in attività, è la funivia del Col Margherita al Passo S. Pellegrino. E, recentemente, le seggiovie in Val Giumela
Quali possono essere le linee di indirizzo di un turismo invernale innovativo?
Ruffinella: Nella nostra Valle di Fassa, ormai irrimediabilmente deturpata da cementificazioni di speculatori immobiliari, per limitare i danni, i nostri amministratori devono fare delle scelte coraggiose, dedicandosi alla rsoluzione del problema traffico e favorendo le aree pedonali per una maggiore tutela del paesaggio. Tutto ciò per andare incontro alla crescente domanda turistica che cerca la natura e soprattutto per lasciare alle future generazioni quella qualità di vita e benessere che hanno contraddistinto le valli dell’arco alpino.
La natura, il paesaggio rappresentano il capitale sul quale si è costruita l’offerta turistica nelle Alpi. Quali azioni potrebbe avviare l’albergatore per difendere la qualità di questo capitale? Quale dialogo coi rappresentanti del mondo politico?
Cocciardi: Dobbiamo trovare il modo di metterci in discussione, anche su come, finora, abbiamo fatto turismo. Dobbiamo considerare il nostro punto di partenza, oggi compromesso non tanto dagli alberghi o dagli impianti di risalita, quanto dall’abnorme sviluppo di seconde case e di tutto il settore ricettivo extralberghiero. Anzitutto riconosciamo l’errore politico degli anni ‘70 e ‘80 compiuto da nostri politici nel consentire lo sviluppo di questa edilizia. Errore che è stato accompagnato da una mancanza di cultura delle nostre genti, sempre pronte quando è stato il momento di vendere terreni a imprenditori senza scrupoli (spesso provenienti da fuori valle) che hanno realizzato complessi residenziali mossi da mire speculative. Risultato: in Trentino abbiamo 95.546 posti letto in albergo a fronte di 25.4244 posti letto in strutture complementari e seconde case. Questo rapporto, di 1 a 3 in Trentino, diventa 1 a 4 per la Valle di Fassa e di 1 a 5 per la Valle di Fiemme.
La crescita storpia delle nostre valli ha determinato problemi cronici di viabilità impazzita, congestione delle nostre piazze, inquinamento acustico e ambientale. Tutto ciò ha trasformato la Val di Fassa in meta destinata al turismo di massa ed ha annichilito la proposta di un turismo di qualità. La necessità di “fare numeri” ha declassato la valle. Questo è lo squilibrio che dovremo gestire. Ciò che naturalmente ci salva sono le meravigliose Dolomiti. Più che una riconversione, quindi, che appare improponibile, parlerei di un riequilibrio che passa attraverso il riordino del nostro territorio, una ri-definizione della nostra offerta turistica e del nostro modo di proporci. Io proporrei tre linee di intervento: azione strutturale, promozionale, culturale. La prima è indispensabile per offrire la necessaria comodità e qualità di vita ai residenti e agli ospiti. Può apparire un ulteriore aggravio per il fondovalle, ma è indispensabile; quindi blocco dell’edilizia extralberghiera e incentivi per la conversione di alloggi turistici in abitazioni per residenti, realizzazione delle strutture per il miglioramento della viabilità, quindi varianti per togliere il traffico di transito nei paesi e parcheggi e realizzazione di servizi che qualifichino la località e che permettano stagioni lavorative più lunghe come i centri sportivi (campo da golf, terme, centri congressi, culturali - Navalge), realizzazione di impianti di risalita lì dove siano utili per raggiungere gli impianti in quota senza utilizzare l’auto o, nei comprensori con necessità di sviluppo, senza tabù ma anche senza eccessi. Certo, invocare le condizioni di calamità naturale è stato eccessivo.
L’azione promozionale è indispensabile per far conoscere il nostro territorio. Noi ci illudiamo che tutto il mondo conosca le Dolomiti. Non è così, e nella stessa Italia tanti nemmeno sanno dove si trovino. Sarebbe fondamentale un forte investimento per diffondere il nome “Dolomiti” in Italia, in Europa, nel mondo, non come prodotto turistico fine a se stesso, ma come ineguagliabile spettacolo della natura. Oggi chi viene da noi lo fa principalmente perché è un bel posto con un buon rapporto qualità-prezzo, senza avere la consapevolezza dell’unicità delle nostre montagne. E torna a casa senza aver davvero vissuto l’emozione del contatto con la natura dolomitica.
L’azione culturale ci permette di comprendere territorio e tradizioni. L’attuale politica turistica “dei numeri” sta assuefacendo al lavoro: si arriva da noi per sfruttare il territorio spendendo meno possibile, piuttosto che per viverlo spendendo il giusto. Fatalmente perdiamo il piacere del rapporto umano con i nostri ospiti e lo spirito di accoglienza viene annacquato da un senso di fastidio per un lavoro che non ci gratifica. Ma se sapremo creare un nuovo sistema fatto di natura, cultura, divertimento, sport, comodità, qualità dei servizi, offerte di benessere, ospitalità sincera, riusciremo a limitare al minino la necessità di rivolgerci ad agenzie e tour operator.
Il direttore della Azienda di Promozione turistica di Fiemme, Bruno Felicetti, è il nostro terzo interlocutore.
Il mondo scientifico ci conferma che la tendenza va verso una accentuazione dei mutamenti climatici e si potrebbe arrivare a situazioni di emergenza. L’imprenditoria legata al settore turistico sta reagendo?
I fenomeni meteorologici delle ultime stagioni, - ci risponde Felicetti - in particolare quando si esprimono in maniera così marcata come all’inizio di quest’inverno, ci hanno portato a riflettere sul modo di proporre la montagna e di organizzare un’offerta il più possibile indipendente dalle bizzarrie del tempo. Abbiamo quindi riflettuto sulla possibile vocazione della nostra destinazione, giungendo all’idea di un circolo virtuoso fra natura, attività sportive soft e benessere. In una parola sola, il relax attivo nella natura. Ovviamente siamo all’inizio di un impegnativo percorso di medio-lungo termine, che ci vedrà sempre più impegnati nella selezione prioritaria di quelle azioni ed iniziative coerenti con tale vocazione.
L’imprenditoria turistica è maggiormente consapevole rispetto al passato della necessità di fare sistema e di partecipare ad una strategia condivisa; gli effetti tuttavia si potranno vedere solo nel medio termine.
Fermo restando che la stagione invernale rimane una risorsa, una opportunità irrinunciabile per il turismo alpino, quali strategie sta mettendo in atto l’Azienda di Soggiorno della valle per rispondere alle esigenze del futuro, alla concretezza dei mutamenti climatici in atto?
L’APT ha promosso la nascita di un progetto di sviluppo triennale che mette al centro un’offerta che può essere integrata allo sci o addirittura alternativa. Il progetto, denominato Fitness in Nature, prevede la selezione di alcuni alberghi che si danno delle regole per orientare i propri servizi a questo particolare tipo di clientela, la creazione di un programma settimanale di attività nella natura con Nordic Walking (si può praticare anche senza la neve), passeggiate con ciaspole (in quota siamo sempre riusciti a proporle), sci di fondo e sci touring o alpinismo nella versione soft e in estrema sicurezza (per esempio, a Passo Rolle, Laghi di Colbricon oppure Malga Juribello, ecc.). A questo progetto hanno aderito una ventina di hotel che per tre anni sono disposti ad investire in compartecipazione con l’APT, alcuni rifugi, le guide alpine, i maestri di sci di fondo, gli istruttori di Nordic Walking e i noleggi attrezzature. Tale progetto è condiviso con altre quattro località trentine e può, attraverso degli investimenti collettivi, attuare iniziative di promozione e commercializzazione significative e che hanno saputo dare subito interessanti risultati, pur rivolgendosi ad una nicchia di mercato. Secondo me il problema non è capire perché siamo partiti in ritardo, ma insistere compatti affinché questi progetti possano affermarsi anche nel medio termine (2-3 anni).
Fra gli operatori del turismo c’è confronto, ricerca di nuovi sbocchi dell’offerta invernale, o la pigrizia, l’assenza di idee e proposte che si percepisce all’esterno è reale?
Nel primo anno di attività della nuova APT siamo riusciti a coinvolgere su progetti concreti di sviluppo prodotto e di azioni promo-commerciali sui mercati circa il 50% degli operatori. Ma nei progetti in via di definizione per la prossima estate registriamo un incremento del 30%. Ovviamente non riusciremo mai a coinvolgere tutti, ma il traguardo dell’80% in tre anni è raggiungibile.
Il metodo che ci siamo dati è la creazione di gruppi di lavoro tematici all’interno dei quali confrontarci ed elaborare assieme dei progetti ai quali tutti possono aderire; così evitiamo di calare dei progetti dall’alto. Abbiamo registrato una buon partecipazione da parte di alcuni operatori, le idee non mancano e talvolta facciamo fatica a concentrarci su pochi progetti per poterli consolidare nel medio termine. D’estate, per esempio stiamo mettendo in rete una serie di attività sportive, culturali, enogastronomiche che si possono svolgere anche in caso di cattivo tempo (palestra di roccia indoor, corsi per bambini e ragazzi, laboratori con il Parco Naturale, il Museo d’Arte Contemporanea, il Museo Geologico di Predazzo, visite ai caseifici, alle malghe ai laboratori artigianali …).
Stiamo partendo con alcuni progetti con le amministrazioni comunali per riflettere sul tema della vivibilità, con l’ambizione di creare in ogni paese un’isola pedonabile e risolvere alcuni problemi legati di traffico e viabilità.
Infine tre nuovi progetti. Uno con gli artigiani per favorire una sinergia fra turismo e artigianato; uno mirato al settore extra-alberghiero con una certificazone di qualità degli appartamenti privati; ed infine un progetto con il settore del commercio per una più attenta integrazione nel sistema d’offerta complessivo. Se dunque all’esterno si percepisce una certa pigrizia o assenza di idee, probabilmente non siamo ancora riusciti a comunicare bene all’esterno le novità che abbiamo elaborato in quest’ultimo anno. In ogni caso la porta per gli entusiasti e per i creativi è sempre aperta.