Dal ghiacciaio al deserto
Al ritmo attuale di scioglimento, fra 50 anni non resterà nelle Alpi un solo ghiacciaio.
Un nuovo studio dell’Istituto di geografia dell’Università di Zurigo sui ghiacciai alpini ha dato risultati che ne confermano il trend negativo. Nuove tecnologie, legate all’uso del satellite Landsat, hanno permesso di precisare un fenomeno su cui da tempo si concentravano gli studi.
Secondo gli esperti svizzeri lo scioglimento dei ghiacciai e la loro sparizione procede ad un ritmo molto maggiore di quanto previsto in passato. Nel corso di un secolo, dal 1870 al 1975, i ghiacciai della Svizzera hanno perso circa la metà del loro volume, e da allora ad oggi, quindi in circa trent’anni, si sono ridotti di un ulteriore 25 per cento. Nel 2003, un anno particolarmente caldo, il calo è stato in media di tre metri per ogni ghiacciaio, o del cinque-dieci per cento. Una progressione paurosa che fa situare a fra meno di cinquant’anni la definitiva scomparsa di tutti i ghiacciai alpini, ma in vent’anni la scomparsa della stragrande maggioranza.
I glaciologhi attribuiscono la causa di questo impennarsi del fenomeno di ritrazione dei ghiacciai all’effetto serra. Nel ventesimo secolo la temperatura è salita in genere di un grado e nelle Alpi di due gradi e in mancanza di un cambiamento radicale ci si aspetta che entro un secolo l’aumento della temperatura vada dai tre ai cinque gradi. In Sudtirolo non si fanno studi così sofisticati, ma ci si limita a osservare alcuni ghiacciai, e gli addetti confermano che in media essi si ritraggono di un metro all’anno.
L’Università di Zurigo aveva organizzato nel novembre scorso una mostra fotografica per illustrare il fenomeno, attraverso una comparazione dei ghiacciai nella loro evoluzione recente e per spiegarne le cause, allo scopo di attirare l’attenzione della politica.
Alla base della mostra il lavoro del Gletscherarchiv (l’archivio dei ghiacciai) della Società per la ricerca ecologica di Monaco di Baviera, che dal 1999 raccoglie una documentazione in tutto l’arco alpino sulle modifiche intercorse negli ultimi secoli. Fra il resto, vengono utilizzate fotografie storiche, cui vengono contrapposte foto recenti scattate possibilmente dallo stesso punto di vista. "Una ulteriore scomparsa dei ghiacciai alpini sarebbe espressione di un cambiamento eccezionale del clima e di conseguenza anche delle nostre condizioni di vita. Soprattutto l’accelerazione di questo cambiamento potrebbe essere causa di grandi problemi già per la prossima generazione" - ha dichiarato il prof. Wilfried Haeberli.
Oltre agli aspetti climatici, ai pericoli per gli insediamenti di montagna dovuti agli smottamenti, alle frane, a fenomeni erosivi e all’aumento dei livelli dei laghi alpini, gli esperti svizzeri mettono l’accento anche sulla dimensione estetica: rischiano di andare definitivamente persi paesaggi unici che costituiscono nell’immaginario profondo delle popolazioni di montagna il concetto della natura intatta e indomabile, contrappeso dei paesaggi antropizzati. Percorsi che da 150 anni appartengono al repertorio classico degli alpinisti diventerebbero impraticabili. Alexander Hauri, di Greenpeace dice: "Solo una decisa politica a salvaguardia del clima può fare qualcosa per impedire questa deriva. Si deve ridurre urgentemente e in modo massiccio l’impatto dell’anidride carbonica". La conclusione degli studiosi svizzeri è che si deve immediatamente sospendere lo spreco di energia fossile, da sostituirsi con energie rigenerabili.
L’allarme accorato di chi studia questi fenomeni globali non trova tuttavia una risposta adeguata né sollecita da parte dei responsabili della politica e dell’economia.
Basti pensare alla nostra regione alpina, fortemente interessata alle conseguenze di questo fenomeno. L’allarme degli studiosi del clima non provoca ripensamenti nelle politiche di costruzione di nuovi impianti di incenerimento, di megatunnel, di strade sempre più larghe, di spreco energetico, né tanto meno nella redditizia (per alcuni e a breve termine) devastazione del territorio ad opera dei cementificatori favoriti in tutto e per tutto da una classe politica ormai del tutto ignara del bene pubblico.