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Giustizia italiana

Dopo lo sfascio prodotto dall’era Castelli, che sta facendo il centrosinistra?

Il 7 maggio 1999 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha istituito la carica del Commissario addetto ai “diritti dell’uomo”. Fu nominato Alvaro Gil-Robles, cui succedette lo svedese Thomas Hammarberg. Su invito dell’Italia lo spagnolo Gil-Robles fece una visita ufficiale nel nostro Paese nel 2005, contattando le principali sedi giudiziarie e i principali uomini politici, potè visitare alcune carceri e assumere informazioni da documenti e colloqui con i giudici. Al suo ritorno scrisse un rapporto sul funzionamento della giustizia italiana, che è stato pubblicato qualche tempo fa e può essere letto sulla rivista “Processo penale e processo” n° 5 del 2006.

Tale lettura è molto interessante. Gil-Robles non entra nel merito delle leggi vergognose volute da Berlusconi, se non marginalmente, ma si occupa del funzionamento complessivo del sistema. Comincia con l’osservare che l’Italia è il 5° Stato per numero di ricorsi (da parte di cittadini o enti) ed è il 1° in ordine alle condanne inflitte all’Italia dalla Corte europea. Rileva che il problema principale è l’eccessiva durata dei processi. Nel 2004 la durata media di un processo civile era di 8 anni, di un processo penale di 5. Ma al 30 giugno 2004 gli arretrati erano saliti complessivamente a 8 milioni e 100.000, producendo un allungamento dei tempi. Per i Fallimenti le parti dovevano aspettare 10 anni per una decisione di prima istanza, durante i quali sono sospesi i diritti del fallito (economici, politici e civili), e non risarciti i danni delle vittime. Gil-Robles definisce la situazione intollerabile.

Quali le cause? Il commissario spagnolo le individua nella mancanza di uomini e di mezzi. I giudici sono pochi, manca l’assistente giuridico del giudice, l’informatizzazione è insufficiente, non ci sono soldi per le fotocopiatrici e per la carta stampante. La seconda causa sta nelle procedure troppo formalistiche, che comportano un’infinità di notifiche e di comunicazioni che tolgono tempo al lavoro. La terza causa sta nella recente legge che ha modificato i termini della prescrizione. Secondo uno studio della Corte di Appello di Bologna i reati caduti in prescrizione sono passati dal 9,6% al 47%, con una grave perdita di credibilità e un danno incalcolabile alle vittime dei reati. Ciò potrebbe sembrare utile alla diminuzione della lunghezza dei processi, ma invece il ricorso indiscriminato a manovre dilatorie (da parte di imputati ricchi) obbliga i magistrati a compiere atti inutili con notevole perdita di tempo efficace per la prescrizione.

Per quanto riguarda il sistema penitenziario, la constatazione di Gil-Robles è quella ben nota: le carceri sono sovraffollate; al 31 dicembre 2004 la popolazione detenuta comprendeva 56.000 persone, a fronte di una capacità massima di 42.000 posti.

Possiamo fermarci qui, anche se le osservazioni e i consigli di Gil-Robles sono assai più numerosi. I lettori di questa rubrica diranno che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. E’ vero. Conosciamo e sentiamo ripetere questa situazione da decenni e niente è stato fatto per modificarla (per peggiorarla, sì). Ma ora c’è un nuovo Governo...

L’opinione pubblica progressista sperava che nei primi sei mesi di Governo di centro-sinistra qualcosa sarebbe stato fatto per porre mano ai problemi della giustizia. E invece ancora nulla, salvo lo sciagurato provvedimento di indulto, approvato per ragioni demagogiche e di apparente necessità. Non si poteva pensare a qualche misura alternativa che cancellasse anche il reato? Oggi infatti si parla di una possibile amnistia, che liberebbe i giudici da decine di migliaia di processi che invece dovranno essere fatti, ma a causa dell’indulto risulteranno inutili. Con l’indulto avrebbero dovuto essere scarcerati 13.000 detenuti, ma poi si è scoperto che sono stati liberati in 24.500 (di cui 1570 tornati già in carcere). Come è potuto accadere un errore così macroscopico ? L’avventata decisione parlamentare crea ora perplessità, anzi stupore per le sue conseguenze, e alimenta uno spirito forcaiolo che impedisce decisioni assennate. Comunque dove sono le riforme annunciate durante la campagna elettorale ? Sei mesi di governo sono pochi per affrontare la questione giustizia, ma non si vede neppure alcun segnale. La macchina giudiziaria gira così a vuoto, fino a che sarà fermata del tutto con la prescrizione dimezzata della berlusconiana legge ex Cirielli.

Il Governo deve capire che è assolutamente necessario in tempi brevi, pena il collasso, abolire o profondamente riformare l’ordinamento giudiziario voluto da Castelli, ridistribuire le risorse umane e materiali, stabilire criteri di priorità del loro impiego, favorire una maggiore professionalità dei magistrati, e infine por mano alla rivisitazione della procedura penale che è diventata un boomerang.

Certo, anche la Magistratura deve darsi una regolata.

Mi ha molto colpito una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha convalidato (giustamente) un provvedimento di ammonizione nei confronti di un PM, che in un’istruttoria riguardante gravi abusi sessuali in danno di minori, aveva tralasciato di compiere qualsiasi attività di indagine per 8 mesi dall’assegnazione del fascicolo. Capisco la demoralizzazione dei giudici, ma non si può giustificare una simile inerzia.