Bolzano, le mani sulla città
Prima si distrugge quello che meriterebbe di restare, poi si costruisce, troppo e male.
Sull’ultimo numero della rivista il Mulino, il grande urbanista Pier Luigi Cervellati racconta come la città sia evoluta fino a diventare un luogo diviso fra centro e periferia. Per periferie si intendono quei luoghi, frutto di speculazione, di cui oggi c’è grande produzione, in cui confinare gli insediamenti rumorosi e maleodoranti e i poveri che è meglio tener lontani da quelli che vengono chiamati i centri e che una volta erano le città, dotate di centralità diffuse, laiche e religiose, piazze, palazzi del potere, il mercato, ecc.
A Bolzano si è deciso di sviluppare questo concetto, con l’aggiunta dell’estetica dei cubi, (giustamente) mal compresa dalla gente normale. Enormi cubi di cemento grezzo caratterizzano le nuove costruzioni pubbliche, e i numerosissimi architetti si affrettano a difendere questa nuova estetica bolzanina dalle manifestazioni di disgusto degli abitanti, che continuano a preferire – se possono - abitazioni tradizionali a quelle tanto esaltate della modernità cementizia di questa periferia culturale d’Europa.
Delle nuove zone in cui trionfa la speculazione, favorita dalla "distrazione" selettiva degli amministratori verso alcuni costruttori, abbiamo già più volte raccontato. E così della distruzione di edifici storici che caratterizzano un tessuto urbano considerato dagli amministratori solo come pura volumetria da incentivare in ogni caso.
L’ultimo episodio di vandalismo pubblico riguarda una scuola costruita nel 1938, nei paraggi dell’ex cinema Corso, anch’esso qualche anno fa vittima dell’avidità e dell’ignoranza. L’85 per cento dei bolzanini vorrebbe conservare questo edificio, avendo imparato nei viaggi all’estero e in altre città d’Italia e anche dalla vicenda locale dell’ex-Gil femminile, trasformata da un bravo architetto austriaco in un edificio sì nuovo, ma non immemore del proprio passato, a riprova che gli edifici vecchi possono essere recuperati se vi lavorano architetti capaci.
I cittadini e le cittadine di Bolzano hanno imparato, anche per aver pagato il prezzo della disattenzione, che salvaguardare i luoghi della memoria è indispensabile se si vogliono creare città dove cresca una società inclusiva, che sappia integrare le sua varie componenti. Dunque questa volta gli studenti hanno raccolto le firme, hanno manifestato in nome della conservazione di un punto di riferimento urbano, perché l’orientarsi non sia regolato solo dalle banche. E così gli amministratori, che avevano già sprezzantemente respinto le richieste di ripensamento, sono corsi ai ripari (mai e poi mai andare controcorrente!) dichiarando agli studenti di essere contrari a richiedere la distruzione del vecchio edificio, quindi il contrario di ciò che in realtà (non introducendo un qualsiasi vincolo nel bando di gara per il progetto della nuova costruzione) avevano fatto; insomma, un comportamento che si affida all’effetto-confusione alla Berlusconi: si smentisce, si riconferma, si rismentisce, la gente non capisce più niente, e tutto finisce con "siamo sempre d’accordo con voi e faremo tutto il possibile, e infine piangeremo con voi sulla distruzione di questo edificio". Distruzione in realtà voluta, perché hanno deciso che non ne valeva la pena, che la memoria in questo caso deve cedere al quattrino.
L’edificio verrà sostituito da una colata di cemento esagerata, che distruggerà la configurazione di un intero quartiere e creerà un polo bibliotecario, non una grande biblioteca, perché comunque le biblioteche saranno tre, ben divise.
Bolzano ne ha gran bisogno. Dopo aver aspettato cinquant’anni per ricostruire il teatro distrutto nel 1944 da un bombardamento, sono almeno vent’anni che si deve trovare una sede per la biblioteca civica, e anche la bella biblioteca Tessmann, costruita nel frattempo, è riuscita a diventare vecchia e bisognosa di interventi in attesa che si decidesse di investire una quota dell’immensa ricchezza in cultura invece che in nuovi arredamenti per gli alberghi e in nuovi inutili impianti di risalita (che pure di far soldi vengono costruiti anche sui monti di sabbia, con il parere favorevole dei geologi di famiglia e il denaro pubblico).
Però chi scrive ha avuto occasione di visitare nelle scorse settimane la biblioteca di Montebelluna, che serve oltre alla città anche il territorio circostante ed è rimasta colpita dalla sua bellezza e funzionalità.
E’ illuminata da ogni parte dalla luce naturale, con vetri che la circondano e la dominano, il prato fuori. I libri sono a vista, come nella meravigliosa biblioteca di New York (ad esempio). Biblioteche bellissime si trovano in molte città d’Europa e anche nelle valli sudtirolesi ci sono esempi notevoli. Silandro, per cominciare. Perché Bolzano è oggetto di tanta furia negatrice di bellezza?
E’ come se la crescita di attenzione verso la città da parte delle sue varie componenti, invece di accrescere la capacità di migliorare le politiche, le porti a confliggere fra loro. C’è un’incapacità di unirsi per fare il meglio, che appare una paralisi. E’ come se il rancore alimentato dalle continue campagne elettorali trovasse ora sfogo contro la città stessa, in una specie di vendetta per il disagio sofferto dalle varie fazioni, ritenuto impossibile da superare.
Normalmente, dopo un tempo in cui si arraffano quattrini a piene mani, qualsiasi borghesia comincia a pensare a lasciare dei segni positivi del proprio passaggio sulla (propria) terra. Qui tutti chiedono, e non si vedono mecenati. L’ente pubblico arriva a costruire il museo privato di arte contemporanea.
E’ vero, i turisti che visitano la città, la decantano: ad esempio le numerose visitatrici in occasione del concerto del 19 aprile di Claudio Abbado, che escono dalla stazione (ancora parte dell’area geografica del disagio) e dopo il viaggio nelle carrozze sporche, sovraffollate e in ritardo nei treni più disastrati d’Europa, apprezzano il lindore del centro storico. Bella cittadina. Strudel e Portici.
Ma in realtà questi sono ormai abitati solo da straccivendoli multinazionali, e sono spariti gli ultimi vecchi eleganti negozi della Bolzano mercantile. E i turisti non vedono la prima periferia, a ridosso del perimetro medievale e altmanniano: aggredita, sottoposta al bombardamento della densificazione e della liberalizzazione del traffico. Il verde abbondante a S. Osvaldo e (un po’ meno) a Gries sparisce per decreto urbanistico nel resto della città, dove trionfano dati di polveri sottili da far tremare e si aspetta solo l’inceneritore per completare il quadro di una città che per la gran maggioranza dei suoi abitanti (amministratori esclusi) è sempre più rumorosa e faticosa.