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I Pacs, strumento di civiltà

Micaela Bertoldi

Il dibattito sui PACS ha portato in primo piano il tema della trasformazione della struttura familiare, del mutamento della società e dei modelli.

L’argomento è tale da richiedere uno sforzo di osservare ciò che accade nel reale, senza procedere per proclami o per anatemi. Può essere di aiuto la riflessione che il filosofo Jaques Derrida svolge a proposito delle famiglie "disordinate", cioè delle tante realtà "difformi" dalla norma codificatasi nel tempo e pervenuta fino al recente passato. Lo sguardo del filosofo spesso sa guardare oltre, sfidando le consuetudini assestate pur di portare un contributo alla ricerca di senso dell’esistenza umana.

E’ in corso il processo di adattamento a nuove strutture familiari; si pensi all’incremento delle famiglie monogenitoriali, non tanto per vedovanze, quanto a seguito di crisi dei rapporti o di dinamiche violente nelle pareti domestiche. Oppure alle situazioni pluriparentali, con nuclei ricomposti a seguito di separazioni plurime, la cogenitorialità a ciò conseguente con il coinvolgimento dei nonni in funzione tampone dei vuoti di assistenza ai figli, le problematiche legate alla procreazione assistita, la generosa genitorialità delle famiglie adottive e di quelle affidatarie, l’esigenza di riconoscimento di forme di relazioni essenziali per la vita affettiva in ambito omosessuale, ma non solo: si pensi per esempio a coppie di anziani che vivono insieme per darsi una mano.

In primo luogo, per calare il ragionamento nella situazione trentina, è necessaria una premessa forte di condanna di quanti si avvalgono di un filtro di lettura sessuofobica e, anziché assumere la complessità dell’evoluzione della struttura familiare, interrogandosi sulle problematicità esistenti, indirizzano attacchi furibondi contro gli omosessuali e contro gli anelli deboli nel rapporto di coppia, sempre rappresentati dalle donne. Sono loro che sono fatte oggetto di violenze, spesso vittime di aggressioni ed uccisioni. Le donne pagano in questo modo, e duramente, le crisi esistenziali e di ruolo del maschio.

Altrettanto forte condanna va espressa verso chi coglie ogni occasione per riproporre la messa in discussione delle libere decisioni delle donne relativamente alla maternità, verso chi tenta di scatenare nuovamente un attacco al ruolo dei consultori, proponendo commissioni di indagine e volontari-controllori che vadano ad ingerirsi nel vissuto e nelle scelte riguardanti la sfera del privato. E inoltre non è superfluo rivolgere a tutti noi un invito a rinunciare ad approcci dogmatici ed esclusivi, per cercare di cogliere i veri problemi, pur nelle svariate configurazioni dei nuclei familiari.

Ritengo che si debba mettere al centro della attenzione l’importanza basilare della relazione affettiva, dell’amore fra due persone, in quanto è questo amore il bisogno profondo su cui si fonda un nucleo familiare. In ogni caso.

Di questo legame affettivo sottolineo come necessaria la caratteristica di reciprocità, di riconoscimento dell’alterità della persona nel rispetto che ognuno deve all’altro. Ne rilevo il valore in termini di accudimento, di cura, di promozione della personalità, partendo dal sentirsi responsabili di un progetto di vita, del singolo e della coppia stessa.

Credo che si debba valorizzare la potenzialità sociale di tutti i nuclei familiari (pur diversi per forma giuridica e tipologia) di presa in carico con abnegazione ed impegno dei bambini in funzione della loro educazione, ma anche di parenti malati od anziani in funzione della qualità e della sostenibilità di vita.

Jacques Derrida ci ricorda nel suo ultimo libro "Quale domani?", nel quale apre un dialogo con Elisabeth Roudinesco, che possiamo contare con fiducia sul fatto che "attorno ad una nascita si stringerà sempre un vincolo familiare", e che "una madre non è soltanto la genitrice, poiché un’altra persona può diventare od essere stata la madre, o, meglio, una delle madri. La cosa più difficile da accettare è che ci sia più di una madre. Dei supplementi di madre, in un’irriducibile pluralità. (...) La madre (quella fisica) è sempre stata anch’essa una madre ‘simbolica’, ‘sostituibile’, esattamente come il padre (si pensi ad esempio alle balie)".

Non basta il puro fatto biologico, quindi: nel definire le figure familiari di padre e madre; interviene sempre una disposizione culturale reale, una volontà esplicita, un’assunzione di responsabilità genitoriale.

E ciò non deriva dal puro fatto dell’adesione all’Unico modello di famiglia. E’ qualcosa che si manifesta quando in modo maturo le coppie, gli adulti assumono la genitorialità o comunque quando scelgono un patto di condivisione della vita e di aiuto reciproco. E’ questa cultura della responsabilità verso l’altro che va sostenuta e promossa se si vuole davvero essere dalla parte delle famiglie e non solo parlare di famiglia.

E’ questa la sostanza che va tutelata e protetta, al di là della forma del nucleo familiare. Non si può fare della forma giuridica il terreno dello scontro ideologico, della disputa politica o peggio ancora della denigrazione.

Serve un grande sforzo di comprensione delle esigenze, delle necessità di risposte concrete ai problemi, ma soprattutto essendo aperti all’ assunzione del dato reale come termine del confronto.

L’Istituzione, le Amministrazioni sono in grado di cogliere la sfida di queste trasformazioni, hanno il compito di assicurare la attuazione dei valori della carta Costituzionale che assegna all’uguaglianza fra i cittadini un’importanza essenziale.

E’ per questo che vanno riconosciuti i diritti di accesso ai servizi, le facilitazioni che i Regolamenti comunali possono mettere in campo nella fruizione dei servizi e nelle modalità dell’abitare a tutti i nuclei familiari là dove si dichiarino tali, sulla base della scelta di una precisa relazione, liberamente definita e concretamente attivata nella vita quotidiana.

E ciò anche spendendo un di più di determinazione specialmente per quelle coppie più fragili, e per quelle cosiddette irregolari e omosessuali che l’oscurantismo di chi pretende di omologare tutto e tutti, vorrebbe misconoscere. Ecco perché i PACS sono uno strumento di civiltà.