Pacs: dopo Bolzano è la volta di Trento?
Una mozione di Margherita Cogo e altri punta a introdurre anche da noi questo strumento che regola le convivenze.
Venerdì 14 ottobre è stato presentato all’attenzione della cittadinanza da parte di Arcigay e Arcilesbica del Trentino-Alto Adige la mozione proposta dalla Sinistra Democratica e Riformista del Trentino, prima firmataria Margherita Cogo, vice presidente della Provincia, sulla ricezione dei patti civili di solidarietà (più conosciuti come Pacs) e su una legislazione antidiscriminatoria sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Il testo all’ordine del giorno in Consiglio comunale martedì 18 ottobre, la proposta di mozione n. 170 ("Per l’effettiva uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge"), è stato approvato dalla Commissione provinciale Pari opportunità tra uomo e donna, sollecitando così il Parlamento italiano all’approvazione di un testo normativo per la tutela di unioni affettive e di convivenza diverse dal matrimonio, mettendo in evidenza la struttura giuridica dei Pacs, senza comunque limitare i diritti già riconosciuti alle famiglie tradizionali.
"La legge è uguale per tutti", questo è il principio sancito in molti documenti ufficiali, in primo piano dalla Costituzione Italiana, dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, eppure nell’ambito giuridico non esiste una disciplina che riconosce forme di convivenza diverse da quella basata sul matrimonio.
Cos’è allora un Pacs?: è una forma giuridica, uno strumento, già diffuso in molti paesi dell’Unione Europea e dell’Europa in generale, rivolto a un gran numero di conviventi: per esempio dagli studenti che condividono un appartamento, alla convivenza tra persone di qualsiasi età legate da un’amicizia, ad una coppia che preferisce un modello di vita più "leggero" del matrimonio, alle coppie omosessuali che per ora, in Italia, non sono regolamentate e non hanno diritti. Il Pacs, perciò, è un’opportunità utile a tutti e non implica nessun obbligo, dando alle coppie di fatto il riconoscimento pubblico di alcuni diritti e doveri, nel rispetto della loro volontà di non vincolarsi a livello normativo.
La presentazione pubblica del testo è così divenuta una denuncia della mancata estensione dei diritti civili in Italia e in Trentino rispetto all’Europa.
Come ha ampiamente e sinteticamente dimostrato nel suo intervento Giovanna Camertoni, della segreteria nazionale di Arcilesbica, a differenza dell’Italia, nella stragrande maggioranza dei paesi europei, dal Portogallo alla Germania, dalla Francia all’Islanda, dal Regno Unito alla Svizzera, dai paesi scandinavi all’Ungheria (e senza dimenticare la Spagna di Zapatero), esistono forme giuridiche per il riconoscimento delle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali.
La stessa vicepresidente Margherita Cogo ha ammesso il ritardo del Trentino, dicendo che (come ha sintetizzato egregiamente Andrea Grosselli su L’Adige del 18 ottobre) "ci sono forti resistenze anche da noi, e lo testimonia il dibattito in Consiglio provinciale nel 2003, quando una maggioranza trasversale voleva restringere il diritto di dirsi famiglia solo alle coppie sposate".
Ha inoltre affermato che il testo della mozione vuole garantire diritti oggi imprescindibili alle molte coppie di fatto ormai esistenti anche in Trentino, allo stesso tempo comunque imponendo ai membri di queste l’assunzione di reciproci doveri; concludendo con un’interessante apertura sociologico-economica (basata sui lavori di uno studioso come Richard Florida): "Non dimentichiamoci che le comunità più tolleranti sono anche quelle che godono di uno sviluppo più florido. Dove c’è un diffuso riconoscimento delle differenze – lo dicono gli economisti – si diffonde la creatività e cresce l’economia".
Nel presentare la sua proposta di legge - appunto quella sui Pacs, firmata da oltre 160 deputati (la maggior parte del centro-sinistra, con alcuni deputati anche del fronte del centro-destra), Franco Grillini, storico leader del movimento gay in Italia e oggi parlamentare nelle fila dei Ds, si è detto sconcertato e irritato dal polverone politico suscitato da tale proposta, soprattutto dagli interventi "politici" dei vescovi della CEI: "I vescovi sostengono che con i Pacs è in pericolo la sussistenza stessa della società. Ma noi vogliamo solo garantire a tutte le coppie di fatto il diritto fondamentale a veder riconosciuta la propria convivenza". Rimarcando così il fatto che un tale clima di "rigurgito gerarchico religioso-politico" in Italia può testimoniare una riduzione della stessa laicità dello Stato come non si vedeva da molti anni.
Su un punto comunque si è voluto insistere, da parte di tutti i relatori della presentazione della mozione, e cioè il fatto che le convivenze, le coppie di fatto e quelle forme di convivenza non legalmente riconosciute ormai sono una realtà di massa anche in Italia, non solo quindi una forza minoritaria, quando si pensa che la stessa Istat ne ha riconosciuto l’esistenza durante il suo ultimo censimento, contandone in una prima statistica un numero di mezzo milione, senza per altro specificare se siano o no dello stesso sesso, prima di interromperne l’analisi su tali basi (ricevendone pertanto giustificate critiche di metodo e di interesse).
Sono quelle persone che si ritrovano nella società reale a far parte delle multiformi situazioni di fatto che lo stesso regolamento anagrafico della popolazione residente definisce come "un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abitale nello stesso comune"; e che ormai molte leggi regionali definiscono come "persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza istituita e dichiarata nelle forme della legge, abbia carattere di stabilità e sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale" (ad esempio, la legge della Regione Lombardia).
Anche nel piano sociale della Provincia di Trento 2002-2003 si può trovare e riconoscere legittimamente una rilevanza alle nuove forme di famiglia al fine della fruizione delle prestazioni assistenziali: "E’ cruciale inoltre fornire risposte ai problemi non solo della famiglia tradizionale, ma anche a quelli delle nuove forme di famiglia: donne sole con figli, famiglie di fatto, famiglie ricostruite, coppie separate. Sono queste tutte forme di famiglia che esprimono, talvolta, problemi nuovi rispetto alle difficoltà che toccano le famiglie tradizionali e che, proprio per le caratteristiche più articolate e complesse delle relazioni e dei bisogni espressi, richiedono l’elaborazione continua di strategie e forme di intervento idonee e appropriate" (introduzione alla parte III).
La mancanza di norme statali che prendano atto della pluralità delle relazioni familiari che esistono nella società anche se non fondate sul matrimonio, e anche se non solo eterosessuali, ha spinto molte comunità locali ad attribuire un riconoscimento con l’istituzione di registri comunali di tali unioni; anche se in tutte le materie che non sono di competenza del Comune tale registrazione non ha rilevanza giuridica, essa ne assume una fortissima a livello simbolico e di riconoscibilità pubblica e collettiva. Esempio, il più vicino a noi, il Comune di Bolzano, in data 3 aprile 2003, ha adottato una delibera in tal senso.
Come chiede anche la seconda parte della mozione di Cogo e altri consiglieri, dove impegna la giunta a predisporre proposte legislative e ad adottare atti amministrativi per "incentivare i comuni a riconoscere e regolamentare le unioni di fatto, anche tra individui dello stesso sesso".
E’ in questa seconda parte che l’importanza della proposta e il coraggio finalmente manifestato riguarda più da vicino la collettività in generale e la comunità gay, lesbica, trans trentina, laddove si accettano le richieste fatte a suo tempo, alle elezioni provinciali del 2003, da Arcigay e Arcilesbica del Trentino alle forze politiche, laddove si richiedeva di rendere il diritto di cittadinanza effettivo e sostanziale per "consentire ad ogni persona la libera manifestazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, promuovendo il superamento delle situazioni di discriminazione..., garantire l’accesso a parità di condizioni ad ogni tipologia di servizio pubblico e di sostegno pubblico, senza alcuna discriminazione determinata dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere... e realizzare sul territorio della provincia un’approfondita indagine conoscitiva sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere", istituendo un Osservatorio sulle differenze "finalizzato a monitorare le forme di discriminazione in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere, a fungere da punto informativo per i cittadini in merito alle tematiche connesse ed a formulare annualmente alla Giunta ed al Consiglio provinciale proposte tese a favorire il rispetto delle differenze"; e infine a "sostenere concretamente l’attività delle associazioni che hanno come principale finalità quella di promuovere una cultura del rispetto delle differenze in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere".