Trenitalia, mon amour
Parto fiducioso di non avere ritardi questa volta. E’ il 30 dicembre ed il giorno prima dopo un viaggio tremendo per il ponte dell’Immacolata dico alla mia ragazza francese: "Non dovrebbero esserci problemi, in val di Susa non ci sono problemi, arriverò con la solita mezz’ora di ritardo che ha il TGV che parte da Milano alle 16 e 13 alla volta di Parigi". Che ingenuo che sono, non avevo fatto i conti con Trenitalia.
Arrivo alla stazione di Trento, oblitero tutti i miei biglietti (Trento-Verona, Verona-Milano e Milano-Lione), alzo gli occhi e vedo che il treno Intercity proveniente da Monaco su cui dovevo salire porta 55 minuti di ritardo. Pazienza, mi dico, c’è sempre il regionale che parte alle 12 e 24, ma anche lui è in ritardo. Dopo aver atteso un buon quarto d’ora sulla banchina, mi precipito all’ufficio informazioni per sapere quale dei due treni arriverà prima a Verona. Il signore e la signora delle informazioni, visibilmente in difficoltà presi come sono d’assalto dai viaggiatori già abbastanza arrabbiati, sentenziano: prendete l’Intercity che recupererà, e poi faranno fermare il regionale ad Ala per farlo passare. Faccio due conti con chilometri e velocità e non mi sembra che sia la scelta giusta. Difatti, quando salgo sul regionale che intanto aveva accumulato altri 5 minuti di ritardo, per un totale di 20, mi accorgo di avere scelto bene: l’intercity viene infatti annunciato con 70 minuti di ritardo. Le ultime parole famose: recupererà…
Arrivo a Verona, dove mi accorgo che la situazione non è migliore: su 12 binari, all’ora di punta, solo due hanno un treno sopra. La gente corre a scrutare i monitor e a prendere informazioni. Trovo un altro treno regionale, dopo aver perso la coincidenza col Cisalpino (pagato a caro prezzo), che mi potrebbe portare a Milano e che "teoricamente", come dice il controllore, dovrebbe arrivare giusto un quarto d’ora prima della partenza del TGV per Lione e Parigi.
Bene, mi dico; ma lo stesso controllore del treno, interrogato dai viaggiatori, consiglia a tutti di salire sull’intercity delle 14,19, pochi minuti dopo, che non porta ancora alcun ritardo: "Salite sull’intercity, vi conviene: noi facciamo più fermate e sicuramente ci dovremo fermare per lasciarlo passare ad un certo punto". Bene: riprendo il mio pesante bagaglio e vado fiducioso due binari più in là per prendere il fatidico intercity. Vedo partire il treno regionale e mi si stringe il cuore, perché capisco che forse avrei fatto meglio a non prendere in considerazione, per la seconda volta in una giornata, ciò che mi aveva detto il personale di Trentitalia. Le ultime parole famose: prendete l’intercity, lo faremo passare…
Un minuto prima del normale arrivo in stazione dell’intercity, una gentile voce di donna avverte i clienti che l’intercity proveniente da Venezia, 150 chilometri più a est, porta 80 minuti di ritardo. Quasi sull’orlo della disperazione, mi rendo conto di aver perso l’ultimo treno possibile per raggiungere il TGV e così la mia ragazza in Francia.
Vado all’ufficio informazioni di Verona dove due signori con il viso grande come uno schermo televisivo non fanno altro che ripetere ai "gentili clienti" ciò che sta scritto sui monitor. Chiedo ad uno dei due se, vista la giornata campale, il TGV aspetterà un po’ a partire o se partirà in orario. "Ma no, chiaramente lei ormai lo ha perso, perché sicuramente non aspetterà sino alle 17". Venti minuti dopo un sms della mia ragazza mi dice che sul sito delle ferrovie francesi il TGV è annunciato con un’ora e mezza di ritardo. Da dove l’hanno presa i francesi un’informazione che il personale di Trenitalia a Verona non aveva?
Mi metto in coda alla biglietteria per avere indietro i soldi dei biglietti del TGV e del Verona-Milano. Quest’ultimo mi viene rimborsato all’istante ed in contanti, senza fare una piega (la gente iniziava già ad alzare la voce e battere i pugni…). Per il TGV, invece, la cosa è più complicata: compilo un modulo e restituisco i biglietti, che andranno a Firenze. "Se le va bene, avrà qualcosa fra due mesi", mi dice il personale dietro al vetro cui mi rivolgo.
Pago dunque un biglietto per tornare a casa, un VeronaTrento. Salgo fiducioso di potermi sedere nello scompartimento e non sulla piattaforma come all’andata. Ed invece, anche stavolta, rimango sulla piattaforma in piedi, tutti schiacciati come le sardine. La porte non si aprono dall’interno: ad ogni fermata deve essere il controllore a sbloccarle da fuori: e se facciamo un incidente che succede? Sulla parete della carrozza campeggia comunque (uomo avvisato mezzo salvato) un foglio bianco con la scritta a computer: "Carrozza fuori servizio". Adesso sì che mi sento meglio!
Ascoltando i discorsi dei miei compagni di viaggio scopro di essere stato l’unico a pagare il biglietto: "Io non li pago più, non è la prima volta che mi succede su questa linea in particolare. Il biglietto lo pagherò quando mi garantiranno un posto a sedere: così siamo come su un carro merci".
In effetti in giornate del genere di controllori non se ne vedono, ci tengono anche loro alla salute fisica, e così mi rendo conto di essere il più stupido della compagnia. Rientro a casa giustoper sentire le lamentele e la delusione della mia ragazza, che ha fatto un viaggio di 1600 chilometri fra andata e ritorno solo per venirmi a prendere a Lione: e quei biglietti chi me li rimborsa?
L’indomani, mattina del 31 dicembre, torno alla stazione di Trento per farmi rimborsare i due viaggi fra Trento e Verona: "Scusi vorrei il rimborso".
"Ma lei potrebbe averli usati questi, sono obliterati!"
"Certo che li ho usati: non vivo nelle stazioni ferroviarie: in genere quando faccio un viaggio torno anche a casa".
"Non posso rimborsarglieli: deve compilare un modulo per chiedere l’eventuale rimborso".
"Allora non ci siamo capiti: ieri a Verona i suoi colleghi rimborsavano seduta stante ed in contanti, oggi c’è il modulo da compilare: sarà mica che si rimborsa solo quando si ha paura della gente arrabbiata! Io ieri ho pagato un viaggio di intercity su un treno che non ho potuto utilizzare perché portava 70 minuti di ritardo".
"Ah io non so niente".
"Beh, allora la prossima volta non pagherò il biglietto come i miei compagni di viaggio"
"Allora pagherà la multa...".
"Quale multa, che i controllori non sono nemmeno passati...".
Io ho perso un treno per la Francia e mi è venuta una gastrite, e chissà quanta altra gente ha subito come me lo stesso sopruso.