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Preti o senatori?

La strana egemonia culturale di una Chiesa in crisi.

"Fra 5 anni – leggiamo sull’Adige di domenica 18 settembre - le chiese trentine potrebbero trovarsi senza parroco"; i preti in servizio hanno infatti un’età media di 68 anni, in seminario si contano appena 12 studenti, solo 3 sono gli iscritti a Teologia e l’anno prossimo non ci sarà nessuna ordinazione sacerdotale. Sempre più spesso, quindi, ci si dovrà servire di "laici sull’altare per la liturgia della parola e per la comunione". E il problema, notoriamente, non consiste solo nella rarefazione delle vocazioni, ma anche nella scarsa frequentazione delle chiese e nel pochissimo seguito che gli stessi fedeli dimostrano rispetto ai dettami morali delle gerarchie ecclesiastiche.

Benedetto XVI e il cardinale Camillo Ruini.

Eppure, proprio in questa situazione di crisi (che peraltro dura da tempo e non riguarda certo solo il Trentino), pare che la Chiesa abbia ritrovato una egemonia culturale che pareva dimenticata e che la induce ad intervenire pesantemente non solo per riaffermare legittimamente i propri valori, ma per contestare con un linguaggio tipicamente politico singole proposte legislative. Senza peraltro voler accettare il rischio del dissenso: vedi i fischi al cardinal Ruini e relative, orripilate, reazioni.

Al carro curiale si sono poi aggregati i cosiddetti atei credenti (i Pera, i Ferrara…), per non parlare di certi accaniti difensori della famiglia tradizionale, come il divorziato e risposato Berlusconi e il separato e convivente Casini; inseguiti, a poca distanza, da Francesco Rutelli, mentre Piero Fassino sceglie chissà perché proprio questo momento per manifestarsi credente. Fino alla minuscola cronaca locale di questi giorni: "Radames Lattari (allenatore dell’Itas, squadra di pallavolo trentina, n.d.r.) – leggiamo sull’Adige del 25 settembre - ha voluto che i suoi ragazzi avessero un approccio sacro al debutto in campionato: ieri sera giocatori e tecnici si sono ritrovati alla santa messa nella chiesa di S. Pietro". Una mossa, peraltro, efficace: la squadra, infatti, ha poi vinto 3 a zero.

A proposito della recente polemica sui diritti da riconoscere alle coppie di fatto, dopo il senatore Ruini, anche l’onorevole Bressan (già arcivescovo di Trento) ha voluto dire la sua.

Convivenza? "Con questo termine si possono indicare tantissime tipologie diverse. Basta vivere nello stesso appartamento? Ci dev’essere una relazione affettiva fra i due? E chi dev’essere ad accertare se davvero c’è questa relazione affettiva?" Come primo criterio – chiediamo – potrebbe bastare la presenza di qualche figlio?

Altro argomento per negare i Pacs: "Nella città dove ci sono i registri per le unioni di fatto, sono pochi che si sono fatti registrare".

Beh, un sacerdote che voglia fare politica dovrebbe avere più rispetto per la democrazia e per i diritti delle minoranze: altrimenti perché stracciarsi le vesti se in certi Paesi islamici si nega a sparute minoranze cattoliche di praticare la propria religione?

Il dibattito sui Pacs si è aperto anche in sede locale, col consigliere Morandini che ha molto apprezzato l’intervento di Ruini, il quale "non si è limitato a richiamare i documenti dell’episcopato, ma ha citato anche articoli della Costituzione e sentenze". Un discorso, dunque, pregevole "per la sua laicità" (cioè per il suo carattere prettamente politico).

Più diretto, magari un po’ brutale, l’on. Gubert: "Se le persone vogliono essere tutelate, basta che si sposino".

Le repliche, raccolte dal cronista del Trentino durante le celebrazioni per i 60 anni delle Acli, provengono dal sindaco Pacher, dall’on. Kessler, dal presidente delle Acli Fabio Casagrande ("Il problema c’è e va affrontato: esistono molte coppie anche di credenti, che vivono unioni di fatto, e non possiamo ignorarle"), e soprattutto da padre Giorgio Butterini: "Chi non crede, non può essere gestito da una legge impostata su un problema religioso. Il rispetto delle persone è essenziale. La religione non usi la legge civile per imporre le proprie idee… Mi dà fastidio che si portino motivazioni giuridiche per fatti di fede".

E Dellai come la pensa? Non si sa: "Svicola di fronte alla domanda il presidente della Provincia: ‘Naturalmente ho una mia opinione, ma non è oggi il momento di esprimerla, visto che sono qui in veste istituzionale’".