Sviluppo o ambiente: la falsa alternativa
L’arretratezza del dilemma “o sviluppo o ambiente”. Un esempio concreto: l’opzione dell’eco-turismo
Sviluppo o ambiente? Questo il dilemma che viene costantemente riproposto. "D’accordo, l’ambiente va salvaguardato, ci teniamo tutti. Però c’è anche l’economia che deve girare…" questo il refrain che sentiamo in continuazione. Cui si contrappone (anche sulle pagine di QT!) quello, simmetrico e perdente, di tanta parte del mondo ambientalista "per salvare l’ambiente bisogna limitare lo sviluppo" magari condito da una qualche retorica pauperista "dobbiamo abbandonare il nostro stile di vita…"
A nostro avviso è un’ottica completamente sbagliata. E pericolosamente arretrata: rischia di posizionare il Trentino all’indietro, di tenerlo fuori dai grandi cambiamenti in corso.
Come abbiamo già scritto, è all’orizzonte, e in parte già in corso, un profondo rivolgimento dei metodi produttivi ed organizzativi. Per ovviare alla carenza di beni assolutamente primari (aria, acqua, energia, materie prime), carenza che diverrà drammatica con l’imminente esplosione delle economie dei nuovi popolosissimi paesi, di cui la Cina è capofila.
Per cui produrre in termini ecologici diventerà un vincolo, in definitiva stimolante per la tecnologia e l’industria, analogamente a come lo è stato il rispetto dei diritti dei lavoratori nell’Europa del ‘900.
Di questo processo già si vedono i primi significativi passi: le normative Ue, a iniziare da quelle sull’inquinamento atmosferico (chi oggi può pensare di produrre un veicolo non in regola con l’Euro 4?); e il protocollo di Kyoto, delle cui conseguenze economiche ancora non ci si è resi ben conto.
Ora, di fronte a tutto questo, l’Italia e il Trentino, come intendono posizionarsi? Essere all’avanguardia o a rimorchio? Per fare un esempio concreto ed attuale: sui rifiuti, ci si vuole indirizzare verso la tecnologia sprecona ed obsoleta dell’incenerimento o verso l’organizzazione sociale della raccolta differenziata e la tecnologia avanzata del riciclo?
A questa tematica abbiamo intenzione di dedicare una serie di servizi. Qui vediamo come il dilemma sviluppo\ambiente, nel comparto del turismo, per quanto continuamente evocato sia in realtà fasullo.
La professoressa Mariangela Franch, ordinario di marketing presso la Facoltà di Economia a Trento, ha coordinato un gruppo di ricerca sull’ "E-turism", ossia sui nuovi rapporti tra turismo e tecnologie informatiche.
"Scopo della ricerca era vedere se Internet stesse cambiando i modelli di business degli operatori come l’approccio dei turisti – ci dice – Abbiamo ricavato dei dati consistenti, sia sulla soddisfazione della vacanza da parte dei turisti, sia sulle propensioni degli operatori, all’uso delle tecnologie e alla sostenibilità ambientale".
Insomma, avete monitorato i comportamenti sia di chi fruisce, come di chi offre la vacanza. Cosa è emerso?
"Una richiesta consistente di chi chiede una vacanza eco-compatibile: nel verde, nelle caratteristiche rurali, nel territorio non compromesso. Questo segmenteo di domanda è disposto anche a pagare di più: fino al 40% per prodotti alimentari legati al territorio; non solo, sono disposti a pagare un contributo per il mantenimento del territorio."
Sembra una favola. Sostituire gli impianti con le malghe?
"No. Nessuno pensa a smantellamenti di strutture nelle aree dell’attuale turismo di massa. Ma d’altra parte non ha senso l’espansione di tale modello. Perché è un modello datato, oggi del tutto inattuale per le valli più piccole, semplicemente non si sosterrebbe; invece in queste aree alpine mai raggiunte dal turismo di massa, è l’eco-turismo la strada da seguire."
Sta di fatto che dell’eco-turismo si parla tanto, ma si vede poco…
"Non è vero: in Alto Adige ci sono varie valli dove è una realtà. Poi è vero, il turismo soft comporta più problemi di coordinamento, ci sono delle complessità organizzative. Perché gli operatori non sono la grande società impiantistica, sono più piccoli; e la vacanza è fatta di tante cose, occorre creare un’offerta di più elementi: visite culturali, passeggiate naturalistiche, eno-gastronomiche, escursioni con le ciaspole, con i cavalli…"
Negli operatori non c’è un gap culturale? Non è che si pensa che quello che fa la differenza non è la qualità dell’ambiente, ma la qualità delle infrastrutture, a iniziare da impianti e strade?
"E’ un problema di visione di lungo periodo: se il Trentino vuole mantenere i punti di forza riconosciuti deve fare scelte conseguenti, non deve compromettere il fattore ambientale. Tipo il problema delle code sulle strade: la tecnologia può aiutare con le prenotazioni e le partenze scaglionate. Però a un certo punto si deve decidere: il carico antropico delle valli è quello che è possibile. Non di più."
A Innsbruck ci hanno detto: "Il turismo? E’ un’opzione economica atipica. Raggiunto un tetto non può più espandersi, pena segare il ramo su cui si è seduti. E allora, il fatto che c’è gente che ha soldi da reinvestire, diventa un problema". Non è il problema degli operatori del Trentino?
"I territori devono avere la maturità per decidere cosa vogliono fare del loro futuro. Il turismo, come ho detto, può espandersi, ma in nuove aree; e sotto forma di eco-turismo, che presuppone l’attività di operatori locali."