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Riflessioni di fine gita

Val Duron: un insensato ciclopico lavoro per allargare una stradina interdetta al traffico. Perchè mai? Il Trentino d’oggi sa dove sta andando?

La Val Duron, con i Denti di Terra Rossa.
La stradina che scende dal Rifugio Micheluzzi.

Tornavo da una splendida gita sul Sasso Piatto. Giù per la Val Duron, che si apre ampia e verde, il Catinaccio a sinistra, i Denti di Terra rossa in fondo, il Sasso Piatto a destra. Non è una valle vergine, non vi si potrebbero girare film sulla preistoria: è punteggiata di baite, segnata da steccati di legno, le testimonianze di un recente passato forse arcadico, sicuramente duro. Ma sono segni della storia che danno tranquillità, come serena è tutta la valle, non a caso sito di interesse comunitario.

Poi, dopo il Rifugio Micheluzzi, la stradina scende verso il paese, Campitello. Stradina sterrata, ripida, percorribile – per i pochi che ne hanno il permesso – in macchina. Ma automobili non ne incontriamo, ed è ancora piacevole la discesa tra gli alberi.

Poi si vedono i tetti delle prime case di Campitello. E qui all’improvviso la stradina ha una mutazione: è stata allargata a monte, con conseguente scavo e muro di sostegno, fatto (o forse rivestito) con massi di pietra, che stonano meno del cemento, ma comunque ti chiedi che bisogno ce n’era. E poi vedi l’incredibile allargamento a valle, con pali di cemento alti e lunghi, che salgono dal rio Duron che scorre sotto, in una forra. Un’opera ciclopica. Per una stradina su cui passeranno poche auto al giorno.

Ti chiedi: perché? Perché devastare un pezzo di bosco? Perché buttare via soldi in questa maniera?

Arriviamo a Campitello. E’ anni che non ci torno, e vi avevo passato tante belle giornate, anche fuori stagione, trenta e più anni fa. Dire che il paese è cambiato è poco: si è sviluppato a sud della strada, ora occupa tutto il fondo valle, in un continuum con le frazioni un tempo isolate. Un’espansione tutto sommato ordinata, il nuovo paese è compatto eppur non soffocante, la qualità dell’edilizia e degli alberghi indica benessere, un turismo ricco anche se non opulento. Dobbiamo aspettare le macchine degli amici, ci fermiamo prima in un bar, poi in un altro. In entrambi ci servono delle ragazze dell’Est, "Non ci credo che sei fassana". "Eh no, vengo dalla Romania... dalla Bulgaria".

Il muro di sostegno per raddoppiare la strada.

Ripenso alla strada nella forra. Il paese è cresciuto bene, ha capitalizzato la sua posizione: la funivia che dall’abitato porta direttamente al Col Rodella e al Sella Ronda; la statale delle Dolomiti che collega con Canazei, il Sella, il Pordoi; e d’estate l’incanto della Val Duron a due passi. E ora, cosa si vuole di più? Si hanno soldi che non si sa più dove investire?

E allora si vuole magari colonizzare quell’oasi di tranquillità? Segare il ramo su cui si è seduti?

O forse, si è voluto solo spendere un po’ di soldi, per fare un piacere a qualche amico degli amici.

La stradina raddoppiata, la forra sbregata sembrano il simbolo di un Trentino che non sa più dove andare.