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QT n. 21, 11 dicembre 2004 Servizi

Trento si merita Renzo Piano?

Ex-Michelin: le ambiguità di fondo, le arretratezze culturali, le ottusità burocratiche che stanno facendo perdere a Trento una occasione storica.

Il quesito del titolo ce lo poniamo così, brutalmente. E anche un po’ provincialmente, ammettiamolo, con la soggezione della piccola città di fronte al grande nome. Ma l’evolversi del progetto sull’area ex-Michelin autorizza questi dubbi: non ci sembra che la città, l’amministrazione si stia rapportando positivamente con il noto architetto, e più in generale stia sciupando un’occasione storica: un’area molto vasta (ben undici ettari), a ridosso del centro, affacciata al fiume, resasi disponibile per la dismissione di un’industria, e progettata da quello che forse è il massimo architetto al mondo. E che rischia di risolversi in un’operazione banale, il bel quartierino su cui i proprietari (pool di banche, ecc.) fanno un po’ di guadagni.

Renzo Piano.

La questione è viziata, secondo noi, da un equivoco di fondo, che i nostri lettori ben conoscono. Il Comune aveva la disponibilità dell’area per una cifra ragionevole (49 miliardi), ma il sindaco Dellai, mentendo in Consiglio comunale (presentando la cifra di 100 miliardi), rifiutò l’acquisizione, girando l’affare ad una cordata rappresentativa dei poteri forti cittadini, che difatti ringraziò appoggiandolo nella successiva (due mesi dopo) campagna per le elezioni provinciali.

Ne sortì un’ambiguità che tuttora perdura: alla città la cosa fu presentata come la via migliore per una compiuta valorizzazione dell’area, in sintonia con conclamate aspettative (parco, università, cultura); in realtà i proprietari, consorziati nella società Iniziative Urbane, pensavano alla redditività.

Insistiamo su questo punto, perché i passaggi successivi sono stati tutti segnati dal tentativo di risolvere l’equivoco. E tra essi lo stesso incarico a Piano, che con la sua autorevolezza e la qualità della progettazione doveva convincere i dubbiosi. E l’equivoco influenzò pure l’architetto genovese, che si è prodotto nel lodevole tentativo di conciliare le aspettative della città con quelle dei proprietari, provocando forti malumori in questi ultimi. I quali hanno "rimediato" sostituendo alla presidenza di Iniziative Urbane Mario Fedrizzi, docente ad Economia, troppo sensibile alle istanze della città, con Lucio Chiricozzi, uomo dell’apparato Unicredit (Ma il Comune si dice soddisfatto...); e imponendo al Renzo Piano Building Workshop la sostituzione dell’architetto interfaccia della società con un professionista più malleabile.

A tutto questo si sono aggiunte incomprensioni in Consiglio comunale, arretratezze culturali e vischiosità burocratiche.

Veniamo agli attuali risultati. Nel progetto originario (vedi la cartina sottostante) il segno più forte era il Centro della Scienza: realizzato a ferro di cavallo attorno al Palazzo delle Albere, doveva realizzare, secondo Piano, una sottolineatura della villa rinascimentale attraverso la costruzione moderna, in esplicita analogia al rapporto Louvre-piramide di Pei.

Il connubio Centro della Scienza-Palazzo delle Albere come originariamente progettato da Renzo Piano.

L’intuizione, in cui Piano avrebbe potuto esprimere tutta la sua genialità, non è stata capita dai trentini (scommettiamo su quanti consiglieri comunali hanno mai visto il Louvre? Eppure si sentono in dovere di tranciare giudizi...). Di fatto in Trentino la cultura architettonica si riduce alla mera conservazione dell’antico, che certamente è un primo risultato; ma di saper valutare commistioni e relazioni tra antico e contemporaneo non se ne parla proprio.

Al progetto ha dato la mazzata finale l’Ufficio Beni Culturali, che lo ha cassato adducendo come motivazione la necessità di salvaguardare la prospettiva cinquecentesca che dalle Albere, attraverso via Madruzzo, porta ai Tre portoni. Motivazione semplicemente falsa: il progetto Piano, come si vede in cartina, avrebbe preservato la prospettiva, anzi, l’avrebbe accompagnata e sottolineata. Ma tant’è: il parere dei Beni Culturali, spesso trascurato, qui è stato preso come legge ferrea.

L’attuale progetto, con il Centro della Scienza spostato in alto e a destra delle Albere; e l’affaccio fasullo della nuova piazza e parco sull’Adige, interrotto dall'Adigetto.

Risultato: il Centro della Scienza si farà (vedi cartina) in una posizione anonima, a sud-est del palazzo, e non più su terreno pubblico ma - e qui sta il punto - solo sul terreno di Iniziative Urbane.

Ora, tra le tante ambiguità dell’operazione, c’erano le mezze parole sulla realizzazione del Centro, che sembrava fosse in qualche misura a carico di Iniziative Urbane, "soggetto non speculativo" che doveva risarcire in qualche maniera l’ente pubblico della cessione a prezzo di favore dell’appetitosa area. Bene, possiamo tranquillamente anticipare ai lettori: il Centro della Scienza sarà interamente pagato dalla Provincia ad Iniziative Urbane, che quindi si troverà con meno problemi nel piazzare le sue costruzioni. Rimane il fatto che l’ente pubblico avrebbe potuto avere tutta l’area, con tutti i suoi undici ettari, per 49 miliardi, e ora invece si troverà a pagare una cifra analoga per il solo Centro della Scienza. Qualcuno dovrebbe giustificare questo sperpero: in denari pubblici e in possibilità urbanistiche per la città.

Veniamo al secondo punto critico: il rapporto con il fiume. Il nuovo progetto presentato in questi giorni in commissione urbanistica è indubbiamente gradevole: un bel disegno, che - non abbiamo dubbi - i professionisti dello studio Piano sapranno tradurre in un quartiere gradevole.

Ma il disegno (cartina 2) non inganni. Il rapporto parco-fiume, l’architetto genovese lo aveva individuato, con accenti anche lirici, soprattutto nell’affaccio sul fiume dell’area centrale, con interramento di Adigetto e via Sanseverino.

Ora invece - checché riporti il disegno - dei due interramenti non c’è traccia. Anzi, al loro posto ci sarà un muretto, di altezza variabile dal metro e venti ai novanta centimetri, sulla riva sinistra dell’Adigetto, richiesto dal Servizio opere idrauliche della Provincia, cui il Comune ha già espresso parere positivo di conformità urbanistica, per preservare l’area da inondazioni da rigurgiti dell’Adigetto (il cui argine è più basso di quello dell’Adige: in caso di piena l’acqua dalla foce dell’Adigetto tornerebbe indietro, riversandosi nell’abitato).

In conclusione, il parco, che era l’unico vantaggio, pur striminzito, che dovrebbe ricavare la città dall’intera operazione, finirà non con l’affaccio sul fiume, bensì su un muro. Disastro totale.

La commissione urbanistica, venuta a conoscenza della cosa ha avuto una reazione veemente: "Il rapporto con il fiume è sparito", "Impegneremo la Provincia", ecc. Reazione sana, ma produttiva?

Al muretto si potrebbe ovviare con accorgimenti tecnici (rialzando il terreno, si spera non solo di fronte al quartiere di Iniziative Urbane, in maniera da farlo scomparire; oppure chiudendo, in caso di piena, lo sbocco dell’Adigetto con paratie, e travasandone il deflusso con idrovore). Ma la spesa non è indifferente.

E ancora: ci si è indignati per il non-interramento dell’Adigetto, inalberandosi per un no della Provincia. Ma al Servizio opere idrauliche ci dicono di non avere niente contro un limitato interramento del corso d’acqua; di non aver espresso alcuna opinione per il semplice fatto che nessun progetto è stato presentato.

E qui siamo alla solita ambiguità, che sembra aver contagiato le istituzioni. Si dice e si pensa che Iniziative Urbane lavori per la città; ma lavora per sé. Gli interramenti Renzo Piano li ha previsti, ma se li si vorrà vedere in opera li dovrà realizzare, e pagare, il Comune.

Da tutta questa partita cosa darà Iniziative alla città? Il parco, inteso come erba e qualche albero; il resto dovrà realizzarlo l’Ente pubblico. Che però sembra non rendersene conto.

"Su queste grandi partite urbanistiche aperte in città, ci sono grandi aspettative e grandi sogni. Non tutti potranno essere realizzati - ci dice il presidente della Commissione urbanistica Agostino Bitteleri, dei Ds - Alla Michelin non disprezzerei il risultato che stiamo ottenendo: un quartiere equilibrato, con la presenza di ampi spazi pubblici, progettato da un grande architetto. Poi, se realizziamo anche l’affaccio sul fiume, meglio. E su questo concordo: l’ente pubblico finora è rimasto troppo alla finestra. Dovremo attivarci".

Vedremo. Per intanto registriamo come Renzo Piano, che prima era venuto più volte a Trento, e aveva stupito per la vivacità dell’interesse che dimostrava verso il progetto, ora sembra seguirlo molto meno di persona. Non sappiamo dargli torto.