Le Albere e il PRG di Trento
Facendo riferimento al "Documento di Indirizzo per la Revisione del Piano Regolatore Generale di Trento" redatto dall’assessore all’Urbanistica Alessandro Andreatta (…) vorrei mettere in in evidenza la centralità del complesso delle Albere dai seguenti punti di vista:
1. nella sua valenza storica come unico esempio di villa conciliare giunto fino a noi con caratteri sostanzialmente immutati e comunque tali da conservare una ben riconoscibile cifra stilistica;
- come testimonianza collegata al grande evento del Concilio, grande assise religiosa, di tale portata da determinare l’assetto istituzionale della Cristianità per quattro secoli;
- come impresa concepita e realizzata da uno dei più ragguardevoli principi-vescovi, il cardinale Cristoforo Madruzzo, impresa eccezionalmente significativa per la città e per le vicende del Principato, e per la memoria dei personaggi che vi soggiornarono;
- come luogo emblematico della città, avvertito come tale per tutta la seconda metà del ‘500, per tutto il ‘600 e il ‘700;
2. nella sua valenza culturale, in quanto introdusse nell’ambiente tridentino un episodio carico di impulsi innovativi quale il concetto della residenza nobile extraurbana, ispirato ai canoni della riscoperta umanistico-rinascimentale della villa di ascendenza classica, teorizzati dall’Alberti, da Antonio Sangallo il Giovane, dal Peruzzi, dal Serlio, dal Palladio, dal Vignola, in quanto espressione tangibile di un momento culturale permeato di quelle suggestioni tra il fantastico e l’esoterico che caratterizzarono il Rinascimento maturo o Manierismo;
3. nella sua valenza urbanistica e architettonica, come edificio e complesso architettonico progettati unitariamente e quasi completamente ex novo, senza condizionamenti precedenti (caso eccezionale per quel periodo);
- come notevolissima opera di ingegneria, data la situazione idrogeologica dell’area su cui fu elevata la complessa costruzione;
- come complesso architettonico che si ricollega ai precedenti illustri delle ville medicee, venete ed estensi; come punto focale di un sistema urbanistico di grande effetto scenografico, che, partendo dal primo ingresso ai Tre Portoni sulla via da Verona, attraverso il lungo viale giungeva al portale d’accesso del vasto prato del Palazzo delimitato in testa dai due edifici di servizio e ai lati dalla cinta merlata, da dove la veduta prospettica spaziava ampliandosi dall’edificio allora sopraelevato, in superba solitudine, fin verso le colline oltre il fiume, verso la parete rocciosa e la cascata;
- e ancor più quale parte integrante di un coerente disegno di riqualificazione urbanistica, che interessava il quadrante meridionale della città e il Borgo di Santa Croce, col riordino della via da Verona, la creazione della spianata di piazza della Fiera, e la deviazione del torrente Fersina come fulcro di una vasta distesa libera, fatta di giardini e campi ordinatamente coltivati, al centro di una collocazione paesaggistica indissolubile dal concetto stesso di villa, che era espressione di una nuova sensibilità basata sulla percezione di un rapporto armonico fra l’edificio e la sua cornice ambientale, fra cultura e natura, con effetti di reciproca valorizzazione e di necessario dialogo
Premesso ciò, osserviamo come il Palazzo delle Albere, questo gioiello cinquecentesco, e le sue dipendenze costituiscano una pagina a sé stante nell’evoluzione urbanistica della città, non integrabile in altri "sistemi" (e questo valga quale principio generale), contrariamente a quanto propone la Relazione allegata alla Variante 2001 al PRG del Comune di Trento, pena la loro perdita di significato, il loro declassamento a elemento decorativo e la loro banalizzazione, il che comporterebbe una irrimediabile caduta d’immagine di Trento.
Richiamiamo quindi l’attenzione sulla necessità di una tutela diretta, ma anche indiretta, mediante fasce di rispetto di adeguate proporzioni, mentre la fascia di rispetto contemplata dal PRG risulta insufficiente, anche in rapporto all’elevato indice di edificabilità previsto per l’area ex Michelin, che prevede la progettazione di edifici ben più imponenti del palazzo delle Albere, tali da risultare, nei confronti dello stesso, una presenza ingombrante e distruttiva dal punto di vista della percezione prospettica, essendo posti alcuni di essi a distanza troppo ravvicinata (plastico dello Studio Bocchi, esposto a Palazzo Geremia)
E’ necessario che tali fasce di rispetto si estendano sia a sud (area ex Michelin) che a nord (area stadio Briamasco) del complesso monumentale in maniera equilibrata, obbedendo a quel principio di simmetria che si impernia sull’asse principale del medesimo (con orientamento est-ovest) e che ha innervato la progettazione di tutto l’insieme.
E’ poi inopportuno prevedere strutture passanti in tutto o in parte sotto il prato del Palazzo e le fasce di rispetto, come propone la Relazione allegata alla Variante 2001 al PRG del Comune di Trento, strutture a tunnel che sarebbero causa di disturbo estetico ed acustico, dato il profondo scasso che si dovrebbe aprire nel terreno e che rischierebbe di sconvolgere gli strati di un sottosuolo ancora inesplorato che certamente nascondono le fondamenta dell’antica cinta muraria che delimitava il prato e del cui andamento non si è certi, nonché le tracce della roggia che alimentava la peschiera e le cisterne dell’edificio principale.
Qualunque spazio pubblico prospettato "nella sezione attigua al palazzo delle Albere" nella Relazione (e dal testo, per quanto poco chiaro, si desume che ciò comporterebbe strutture edilizie come il Science Center ad uso scolastico, su cui ci sarebbe molto da ridire) costituirebbe un accostamento indebito al complesso monumentale, di cui stravolgerebbe il messaggio storico-artistico, e semmai una porzione consistente del "vasto parco" previsto in sponda Adige, sempre intesa e come tale vincolata quale area di rispetto, va collocata con orientamento est-ovest lungo l’attuale muraglia di confine fra il prato del Palazzo e l’area ex Michelin, ovviamente in area ex Michelin.