Ma il Comune si dice soddisfatto…
Ex-Michelin: cambio al vertice di Iniziative Urbane, il manager al posto del professore. Si vuole più grinta nei rapporti con l’ente pubblico. Che invece ficca la testa sotto la sabbia.
Diciamolo sinceramente: non ci è piaciuto il coro compiaciuto con cui stampa e Comune di Trento hanno accolto il cambiamento al vertice di Iniziative Urbane, la società proprietaria dell’area ex-Michelin. Con una decisione un po’ brusca, Iniziative Urbane ha rimosso il presidente Mario Fedrizzi, ordinario alla facoltà di Economia di Trento, per sostituirlo con Lucio Chiricozzi, già direttore generale della Caritro e ora uomo di Unicredit.
"Si deve passare da una fase progettuale ad una più operativa" - è stata la motivazione, accolta con i giulivi gridolini di cui sopra. In poche parole sta succedendo che a Iniziative Urbane i conti iniziano a non tornare, e si intende stringere i tempi, arrivare rapidamente ai soldi.
Ed ecco quindi che al professore si sostituisce il manager "operativo": Chiricozzi appunto, persona peraltro degnissima, che con l’incorporazione di Caritro in Unicredit aveva iniziato la scalata all’interno del colosso bancario; impresa non riuscita, da cui era uscito parcheggiato in un ruolo-limbo di "responsabile dei contatti con la realtà trentina", una sorta di cimitero degli elefanti. Ora gli si dà un’ulteriore chance: quella di far fruttare in fretta i capitali investiti in quell’area.
Tutto questo viene giustificato attraverso il seguente assunto: la parte urbanistica, progettuale, è definita, si passa ad una fase più manageriale. Quindi via il professore, e via dal consiglio di amministrazione anche il rappresentante del Comune; che incassa il colpo facendo finta di niente: "E’ vero, è tutto già sistemato, la nostra presenza non è più necessaria".
Il tutto ci sembra francamente ipocrita (pazienza) e mistificatorio (ed è più grave). I problemi ci sono, servirebbe discuterne con chiarezza, soprattutto da parte dell’ente pubblico.
Cominciamo dalla presidenza Fedrizzi. Questi aveva trovato una situazione molto ambigua, figlia dell’equivoco iniziale: il Comune aveva ceduto a Iniziative Urbane la sua prelazione (e il prezzo stracciato che le era collegato) sul terreno, riservandosi un ruolo di "cabina di regia" secondo un confuso mix di pubblico-privato. In pratica la città si aspettava sull’area un grande parco e delle funzioni pubbliche legate alla cultura; Iniziative Urbane, invece, intendeva fare il business, realizzando appartamenti e negozi. Per cui ogni proposta incontrava la delusione, quando non la riprovazione, della cittadinanza.
Invece, prima attraverso gli stimoli venuti da un apposito concorso d’idee (Area Michelin: la grande occasione, i grandi affari), poi attraverso l’incarico al massimo architetto italiano, Renzo Piano, se ne è usciti bene (La Trento di Renzo Piano). Piano ha progettato un quartiere che dovrebbe dare a Iniziative Urbane la sospirata redditività, più un ampio parco (maggiore di quello richiesto dallo stesso Comune), più uno stimolantissimo collegamento con il Palazzo delle Albere e la città storica/culturale attraverso la realizzazione del Centro della Scienza. Una soluzione che sembrerebbe la quadratura del cerchio e che fa dare una valutazione positiva della presidenza Fedrizzi (anche se poi l’ex-presidente ha commentato la sua rimozione sbattendo i tacchi: "Io rimango un uomo Unicredit"; noi invece pensavamo che fosse un professore universitario).
Il fatto è che ci sono ancora grossi problemi aperti (Il pasticcio dell’area Michelin). Innanzitutto proprio sul Centro della Scienza: chi lo realizzerà? A quali prezzi? Come potrà la Provincia aggirare le norme europee sugli appalti per affidarne la costruzione a Iniziative Urbane? Perché mai l’ente pubblico, che ha ceduto l’intero comparto ai privati a un prezzo stracciato (dovuto al fatto che alla Michelin la Provincia aveva procurato il nuovo capannone dove trasferire l’attività) dovrebbe ora ricomprarne una porzione a prezzo di mercato? Anzi, ad un prezzo lievitato proprio perché si sono concessi cambi di destinazione e aumenti di volumetria?
Insomma, la partita attorno al Centro della Scienza non è per niente definita. E Iniziative Urbane scalpita: perché, per sciogliere le ambiguità iniziali ed arrivare all’attuale situazione, si è dovuto lasciare il capitale immobilizzato per anni (sei finora); e poi si è incaricato Renzo Piano, che dà lustro, ma costa; e ancor più costeranno gli immobili finiti, che saranno di pregio e quindi non facilmente collocabili.
Da qui la decisione: basta con Fedrizzi, passiamo la mano a Chiricozzi, che sia più duro nei prossimi passaggi.
Bene, è logico che Iniziative Urbane cerchi di tutelarsi nella maniera che ritiene più opportuna. Meno logico è che l’ente pubblico giuri che non ci sono problemi, che è tutto risolto, che ormai Iniziative Urbane deve solo aprire i cantieri.
Anche perché, in questa fase di ristrettezze, sul Centro della Scienza il costo non è un dato secondario. E se non si realizzasse, magari perché troppo costoso, a rimetterci sarebbe la città; e ci rimetterebbe due volte: avrebbe un polo d’attrazione in meno; e vedrebbe ridotto il nuovo quartiere a ben poca cosa, senza funzioni culturali e senza il collegamento con le Albere e la città universitaria, che proprio lo Science Center (per di più progettato da Piano) doveva assicurare.
Anzi, su questo punto il Comune ha già fatto dei passi falsi. Fra le righe delle ultime confuse deliberazioni, ha già dato a Iniziative Urbane la possibilità di dedicare i nuovi volumi al "terziario avanzato", cioè quasi tutto. Insomma, se non si farà il Centro della Scienza, a lato delle Albere avremo negozi di computer, sportelli di banche, botteghe artigiane: con il che tutte le aspettative della città andranno a quel paese.
Insomma, ritorniamo sempre a questo: le aspettative, le promesse, erano altre. Un riaffacciarsi della città sul fiume, facendo convivere natura e cultura. Ne è un esempio il progetto che, a guisa di provocazione, ha presentato in questi giorni Gianleo Salvotti, il decano - e forse il più famoso - degli architetti trentini. Ne parliamo, anche criticamente in La provocatoria utopia dell’architetto Salvotti.
Il punto è che Salvotti lavora nella direzione delle attese della città. Il Comune, con tutte le sue riverenze verso il potere bancario, sta facendo altrettanto?